Capitolo 42

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Ho corso tutto il giorno. È stata una liberazione. Avevo un bisogno fisico e mentale di entrare nel Labirinto.
Si, mi sono stancata tanto.
Ma tutto è meglio che rimanere fermi. Mentre correvo, ho cercato di non pensare a Newt. Cosa assai difficile, data la sua visita mattutina.
Non abbiamo esattamente "chiarito". Diciamo che ci siamo rivolti la parola.
È già qualcosa.
Sbuffo, mentre svolto a destra, sperando di ricordare bene il percorso per tornare a casa. Corro ancora per parecchi minuti, finché, dopo l'ennesima svolta, vedo in fondo la Radura.
Con un'ultimo sprint, corro più veloce e oltrepasso la Porta. Mi piego come sempre sulle ginocchia, e prendo qualche profondo respiro. 
- Tutto bene? - chiede una voce alla mia destra.
Non ho bisogno di alzare la testa per sapere che appartiene a Newt.
Mi stupisco di sentire il suo tono tanto preoccupato.
- Sì. - rispondo secca - Devo andare. -
Mi rialzo, e riprendo a correre, diretta verso la Stanza delle Mappe.
Perché sono stata così fredda nel rispondergli?
Non lo so. Davvero non lo so. Cerco di non pensarci, dato che ho decisamente altro da fare.
Entro nell'edificio, e apro lo zaino.
Adesso inizia la parte più importante: mappare. Tiro fuori i miei appunti e comincio a lavorare.

Quando finalmente ho finito, saluto Minho, Carl ed Andrew, gli altri Velocisti di turno in questo momento, ed esco dalla Stanza delle Mappe. Come al solito, nessun passo avanti veramente visibile.
Guardo l'orologio: ormai è ora di cena, non avrò tempo per farmi una doccia. E poi, caspio, c'ho fame.
Arrivo alle Cucine.
Prendo uno degli ultimi piatti rimasti, dato che sono tutti già a mangiare, e mi guardo intorno.
Tutti i tavoli sono pieni, tranne uno.
Lì c'è solamente Newt, seduto in solitario, appoggiato sui gomiti, che sposta con disinteresse il cibo nel suo piatto. 
Rimango qualche secondo a guardarlo, col piatto a mezz'aria. 
Non posso lasciarlo solo. Sbuffo facendo roteare gli occhi. 
'Fancaspio a me.
Raggiungo il ragazzo, e mi siedo accanto a lui. Newt mi lancia un'occhiata con la coda dell'occhio.
Non dice nulla per un po', nonostante sembri voler dire chissà cosa, solamente mi guarda.
Poi torna a concentrarsi su altro. Prendo una cucchiaiata della brodaglia che ho nel piatto.
- Non mangiarla - dice Newt senza voltarsi neppure. 
Riabbasso il cucchiaio, lasciandolo cadere nel piatto.
- È velenosa? - chiedo, spostando di lato quella specie di cibo.
- Probabile - replica, guardando altrove. - Anche se quando schiattiamo generalmente non è per la sbobba di quella testapuzzona di Frypan. - 
Non avendo stranamente nulla da dire, non dico nulla. Lui sospira, abboggiandosi sugli avambracci, poi volta la testa verso di me.
- Penso che dovremmo parlare. - dice serio. 
- È una frase che non porta a nulla di buono, nella norma. - replico.
Lui sbuffa.
- Sì, perché ora ti definisci nella norma - ribatte a mezzavoce.
Faccio roteare gli occhi. 
- Non ho voglia di mangiare - mento spudoratamente. So che dovrei mangiare qualcosa per ricaricarmi dopo la corsa, ma ci sono cose più importanti - Andiamo a "parlare" - dico alzandomi. 
Anche lui si alza.
- Bene così. - dice.
Usciamo dalle Cucine in un insolito silenzio. Ogni tanto lancio un'occhiata a Newt, mi accorgo che spesso anche lui fa lo stesso. Torno a guardare davanti a me. Stiamo decisamente dirigendoci verso le Faccemorte.
Che allegria.
Entriamo nel bosco, e camminiamo per un po'.
Noto che mentre ci addentriamo nella foresta, Newt deve alzare anche i rami più alti degli alberi, per riuscire a passare. Una cosa che, probabilmente, mi farebbe ridere, se non fossi così tesa.
Finalmente ci fermiamo.
Siamo in una sorta di piccola "radura nella Radura", che ha solo pochi arbusti sparsi su uno spazio illuminato dal sole calante. In ogni caso, questo posto è particolarmente tetro, ora che è quasi notte.
Io e Newt ci appoggiamo a due alberi, uno di fronte all'altro, entrambi con le braccia incrociate. Nessuno dei due spiccica parola, entrambi guardiamo altrove.
E pensare che era lui quello che voleva parlare.
Sospiro.
- Chi inizia? - chiedo.
Lui posa gli occhi su di me.
- A fare cosa? - replica, inarcando un sopracciglio.
Faccio roteare gli occhi.
- A chiedere scusa all'altro. - rispondo.
Lui sbuffa.
- Mi pare che qui quella in torto sia tu. - mugugna, tornando a guardare altrove. 
Prendo un bel respiro, trattenendomi con difficoltà dal saltargli addosso e strozzarlo a mani nude.
- No, Newt, a quanto mi risulta qui entrambi siamo in torto. - ribatto - Entrambi ci stiamo comportando da deficienti. Entrambi dobbiamo smetterla di fare i bimbetti permalosi.- 
Lui sbuffa di nuovo.
- Da quando in qua sei tu quella che cerca di calmare le acque? - sbotta. 
- Non lo so, e sinceramente non mi interessa. - liquido l'argomento, cercando di mantenere la calma - Invece, mi interessa cercare di chiarire con te. - ribatto.
Fa scivolare lo sguardo su di me.
- Quindi, voglio dirti che mi dispiace, per quello che ho detto. Non avrei dovuto utilizzare... - mi interrompo, incerta se parlarne o meno - ... utilizzarlo contro di te. - concludo, decidendo di lasciare l'oggetto sottinteso. - E si, mi dispiace di non essere stata attenta. -
Lui non dice nulla.
Mi guarda per qualche secondo, squadrandomi da capo a piedi.
Il suo silenzio è assordante.
- Tu non sei la vera Giulia, dove l'hai nascosta? - dice solamente. 
Sbuffo, spostando lo sguardo altrove.
Se continuiamo così, non andremo avanti.
C'è un altro, lungo, periodo di silenzio. Inizio quasi a pensare che sia inutile cercare di ragionare con lui.
- Ma hai ragione. Devo scusarmi anch'io. Mi pare giusto. - dice a un tratto, poi prende un profondo respiro - Non avrei dovuto urlarti contro così. Scusa. - dice - Ma voglio che tu capisca una cosa. - 
Gli lancio un'occhiata. 
Lui alza gli occhi al cielo, scuotendo leggermente la testa.
- Voglio che tu capisca che se mi incazzo, è solo perché mi preoccupo. - dice sospirando - Forse mi preoccupo troppo, anzi si, è altamente probabile, ma che caspio vuoi farci, sono fatto così. - dice allargando le braccia.
Io non dico nulla, sul momento.
Forse è lui che interpreta male il mio silenzio, fatto sta che va avanti.
- E se proprio non puoi sopportarlo, beh... - inizia.
Sbuffo rumorosamente.
- Ma sta' zitto. Vai bene così. - lo interrompo, staccandomi dal tronco dell'albero a cui sono appoggiata.
Sembra rimanere piuttosto stupito da questa mia affermazione. 
Gli arrivo di fronte, e gli punto un dito contro il petto, quindi più o meno alla mia altezza. Perciò mi alzo in punta di piedi, per raggiungere più o meno l'altezza del suo viso.
Lui mi guarda confuso, ma non apre bocca.
- Ma vediamo di evitare altri litigi del genere, perché non mi sono piaciuti per niente questi ultimi. Fottutissimi. Quattro. Giorni. - dico.
Lui sorride lievemente, tra il sollevato e il divertito.
- Sissignore - replica.
Ricado all'indietro sui talloni, e mi volto. 
Incomincio a dirigermi verso l'esterno, senza curarmi di avere o meno Newt al seguito.
- E sono una femmina, tanto per la cronaca! - gli urlo dietro.
Lo sento emettere una via di mezzo tra uno sbuffo e una risata, cosa che conferma la mia ipotesi che effettivamente mi stesse seguendo.
Alzo gli occhi al cielo, e continuo a camminare, ma con le labbra leggermente increspate in un sorriso.

Quando arriviamo al Casolare, ci accorgiamo che tutti sono già andati a dormire. Perciò, l'ipotesi di trovare un letto libero è completamente scartata.
Quindi, all fine, decidiamo di dormire fuori, come tutti gli altri.
E poi, è davvero una bella serata.
Sarebbe un peccato sprecarla all'interno. 
Prendiamo due sacchi a pelo e torniamo all'esterno. Li posizioniamo vicini uno all'altro, ma non troppo, ed il più lontano possibile dagli altri.
Ci distendiamo ognuno sul proprio, e non diciamo nulla per un po', guardando in alto, verso quei puntini luminosi chiamati stelle.
So parecchie cose sulle stelle. Conosco le galassie, come nascono, so che anche il Sole è soltanto una delle tante stelle del cosmo... ma ovviamente mi sfugge come io le possa sapere, tutte queste cose. Dove le abbia imparate. 
- Buonanotte - mi dice Newt, interrompendo il filo dei miei pensieri.
- Buonanotte - rispondo.
Lui si volta a darmi la schiena, io faccio lo stesso.
Sospiro. Nonostante la stanchezza, sono contenta. Sono riuscita a far pace con Newt, o almeno credo, ed è questo l'importante.
Chiudo gli occhi, scivolando presto nel mondo dei sogni.

Quando mi sveglio, mi accorgo subito che dev'essere piuttosto presto.  Però, se voglio continuare a essere una Velocista, devo adattarmi a questi ritmi.
Mi alzo in piedi lentamente, senza fare alcun rumore, per paura di svegliare Newt, che dorme come un sasso a mezzo metro da me. Ripiego il mio sacco a pelo, mi alzo, e lancio un'ultima occhiata al ragazzo.
Sembra così calmo e tranquillo, mentre dorme, con un ciuffo di capelli biondi che gli ricade sugli occhi. Il suo solito cipiglio cupo e teso è sparito dal suo viso, ora sembra solamente rilassato.
Sento un lieve sorriso spuntarmi sulle labbra.
- A stasera - sussurro.
Prima che rimanga imbambolata a fissarlo, mi volto, dirigendomi verso la Stanza delle Mappe.
Oggi dovrei mappare la Sezione 12. Vorrei che qualcosa cambiasse.
Mi sa che tutti lo vorremmo. Tutti vorremmo anche il minimo segno di un cambiamento in arrivo. Ma niente, il Labirinto rimane sempre lo stesso, da due fottutissimi anni.
E non esiste un'uscita. Ci risulta ormai chiaro. Naturalmente, questo lo sappiamo solo noi Velocisti e gli Intendenti. Non possiamo permettere che l'informazione giunga agli altri ragazzi della Radura.
Tutto quello che otterremmo sarebbe il caos più totale: nessuno avrebbe più voglia di fare nulla, tutti si darebbero allo sconforto.
Quindi noi che sappiamo, possiamo solo sperare. Sperare in... cosa? Un miracolo forse? Non penso di crederci veramente.
Sospiro, spingendo la porta della Stanza delle Mappe.
- Buongiorno - mi salutano Carl ed Andrew, due degli altri Velocisti.
- Ehi - si aggiunge Minho, intento a riordinare una pila di fogli sul tavolo.
- 'Giorno - rispondo con, nonostante tutto, una strana allegria nella voce.
Minho aggrotta le sopracciglia, io lo ignoro.
In effetti, non so nemmeno io da dove venga tutta questa mia strana felicità.
- Oggi ho la 12, giusto? - chiedo conferma a Minho.
Lui annuisce, continuando a fissarmi sospettoso.
Dopo aver preparato gli zaini, passiamo dalle Cucine a prendere il cibo per la giornata.
Poi ci dividiamo, entrando ognuno nella propria sezione.

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