Capitolo 33

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Cerco di non farmi prendere dal panico.
In fondo, ne ho già ammazzato uno, no?
Si, ma era più piccolo.
Si, ma non ero sola.
Prendo dei profondi respiri, e aspetto con ansia il prossimo grido.
Eccolo.
Ascolto attentamente, cercando di stabilire da dove provenga.
Inizio a correre nella direzione opposta, sperando vivamente che quella sia effettivamente la direzione opposta.
Sento il Dolente farsi più vicino, deve avermi rintracciato, e mi sta seguendo.
È veramente veloce.
Svolto a destra, cercando di ricordare almeno in parte come è fatta la sezione 12.
Se mi muovo tutto a destra, dovrei arrivare a una delle Porte.
Ma non posso rischiare di portare un Dolente alla Radura.
Sarebbe un fottuto casino.
E allora svolto a sinistra.
Sinistra... sinistra... dove caspio porta la sinistra?
Alla Sezione 7?
Alla 8?
Caspio caspio caspio.
Non riesco più a pensare lucidamente, e inizio a correre alla cieca.
Gli inquetanti rumori prodotti dal mostro si stanno avvicinando.
Corro più forte, i miei muscoli bruciano.
Incontro dei fasci d'edera a terra sul mio cammino, ma sono quasi certa di non averli tagliati io.
Ora non ce ne sono più.
Mi sto allontanando dalla Radura.
Perfetto.
Continuo a correre, svoltando a caso nei vari corridoi.
Poi, mi accorgo di una cosa strana: non sento più alcun suono, solamente quello prodotto dai miei passi sulla pietra.
Dove diavolo è finito il Dolente?
Rallento il ritmo.
Forse ora posso semplicemente tornare alla Radura, il problema è trovare la strada.
Sto per svoltare, ma qualcosa mi dice di stare attenta: perciò, prima mi sporgo.
Ed eccolo lì, il mostro.
Trattengo il fiato.
È enorme, almeno il triplo, se non il quadruplo, di quello che ho ucciso.
È invece identico al Dolente che ho visto dalla finestra, tanto tempo prima, con tanto di bracci meccanici giganteschi, seghe circolari che spuntano dal corpo viscido, molle, e verdognolo, pus dello stesso colore che fuoriesce da delle punte aguzze che sporgono dalle fauci a mo' di denti.
Però sembra quasi... addormentato.
Non so per quale motivo faccia così, ma è fermo immobile, non emette alcun rumore.
Ma l'effetto che fa non è molto differente: mi terrorizza la sola vista di quell'essere.
Faccio per indietreggiare, quando sbatto contro qualcosa.
Sgrano gli occhi e mi preparo ad urlare, ma una mano mi tappa prontamente la bocca.
- Shhh - bisbiglia Minho dietro di me.
Mi volto a guardare il ragazzo con un'espressione interrogativa, il quale leva subito la mano dalle mie labbra.
- Ora io e te corriamo, hai capito? - sussurra.
Annuisco.
- Bene. - dice.
E inizia a correre.
Io lo seguo, riuscendo in qualche modo a tenere il suo passo.
Dietro di noi, sento il Dolente riattivarsi, iniziando l'inseguimento.
Seguo Minho, confidando nelle sue abilità di Velocista per riuscire a ritrovare la strada.
Sembra sicuro di dove sta andando, ma completamente terrorizzato dal mostro che ci sta seguendo.
Il mostro è più vicino, ora.
Sento i suoi arti metallici stridere contro la pietra su cui poggiano, mentre si muove sempre più velocemente.
Quando svoltiamo di nuovo, mi volto per qualche secondo.
È proprio dietro di noi.
- Ci sta raggiungendo! - urlo a Minho, col fiatone.
- E tu corri più veloce, cazzo! - ribatte lui in piena crisi isterica, accelerando il passo.
- Dobbiamo affrontarlo - replico io.
Lui mi guarda come se gli avessi detto di scalare il Monte Everest.
- Sei andata completamente fuori di testa?! Quei fottuti cosi non si possono uccidere! - mi urla contro.
- Io... - inizio.
- Ne hai ammazzato uno cacchio, ma era la metà di questo! Non ti andrà bene un'altra volta! - mi interrompe.
- Almeno posso sperare di rallentarlo - ribatto - Così possiamo raggiungere la Radura e lasciar chiudere il Labirinto con dentro il Dolente mezzo morto - dico io fermandomi improvvisamente, puntando i piedi.
Lui rallenta leggermente, e mi guarda con quell'espressione del genere: sei da manicomio.
- Tu fai quel caspio che ti pare. Io me ne vado. - replica, si volta e ricomincia a correre.
Dopo pochi istanti, non lo vedo più.
Bastardo.
Mi appiattisco contro una parete del Labirinto.
Mi sporgo quel tanto che mi serve per vedere il Dolente avvicinarsi alla carica.
Sfilo con mani tremanti il coltello che tengo nello zaino.
Cacchio, è veramente piccolo in confronto alla bestia.
Lo impugno con più forza, cercando di darmi sicurezza da sola.
Guardo l'orologio: sono le 7:30 ormai.
Le porte chiudono alle 9.
Posso farcela.
Il Dolente è ormai vicino.
A quel punto, esco allo scoperto.
Il mostro mi vede, e striscia verso di me con più ferocia.
Quando è ormai a neanche 5 metri da me, salto.
Salto verso la parete di destra, e mi aggrappo all'edera per rimanerci attaccata.
Il Dolente si guarda intorno, cercando di individuarmi, e io approfitto di questo suo momento di confusione per saltargli sul dorso.
Conficco il coltello nella carne molla, e l'essere rivoltante emette uno strillo acuto di dolore.
Alzo la lama e colpisco altre volte.
Dai tagli procurati dal coltello esce quella sostanza appiccicosa verdognola, una scena alquanto schifosa a mio parere.
Quando vedo degli spuntoni fuoriuscire dal punto dove sono aggrappata io, mi lancio di nuovo a terra.
Atterro in piedi, ma crollo sulle ginocchia per l'impatto della caduta.
Mi rialzo con difficoltà, e scarto di lato giusto in tempo per non essere tranciata in due da una delle sue motoseghe.
Sembro esser riuscita solo a farlo arrabbiare.
Quel coso è fottutamente veloce.
Schivo due affondi dei suoi bracci metallici appuntiti, anche se uno si impiglia nella mia maglietta, proprio sotto il seno, e me ne strappa una parte.
Scivolo sotto la pancia del mostro, e lo colpisco di nuovo in un punto non precisato.
Questa volta devo aver colpito un punto debole, perché il Dolente rotola su sé stesso e per poco non mi crolla addosso.
Questo però si rialza, con meno forza di prima.
Non è ancora morto, ma sono riuscita a stancarlo abbastanza.
È il momento giusto.
Mi preparo a scattare, ma prima aspetto.
Cosa aspetto?
Questo: la creatura spalanca le fauci, a produrre uno di quei suoi urli spacca timpani.
Sperando di avere una buona mira, scaglio il coltello ricoperto di pus verde dritto in mezzo ai denti.
Centro.
Il Dolente ulula di dolore, e sembra cercare di capire come tirare via il coltello, iniziando a dimenarsi girando su sé stesso.
Io mi volto, e corro via.

Corro con tutta la forza che mi resta, corro fino a farmi mancare l'aria nei polmoni, finché non sento i muscoli andare a fuoco.
Finché non vedo la Radura.
È laggiù, oltre una delle Porte.
Non so come, ma sono riuscita a trovare la via di casa.
Ho provato a seguire i mucchi d'edera spostata, sperando di scoprire l'itinerario di qualcuno degli altri Velocisti.
Evidentemente, ha funzionato.
Con un'ultimo scatto di adrenalina, mi fiondo oltre la Porta.
Mi piego sulle ginocchia, cercando di riempire i miei poveri polmoni d'aria fresca.
Ce l'ho fatta.
Sono a casa.
- Giulia! - esclama una voce familiare.
Non riesco nemmeno a muovermi, devo ancora recuperare energia per questo.
- Giulia stai bene? - chiede la voce, ora più vicina.
Sento tutto il corpo tremarmi per la stanchezza.
Mi alzo a fatica, a cercare con lo sguardo il biondino.
- Oh cazzo - dice Newt sgranando leggermente gli occhi.
Aggrotto le sopracciglia.
- Che... che c'è? - chiedo con la voce affannata.
Seguo lo sguardo di Newt, che è puntato verso la mia pancia.
E poi, improvvisamente, mi sembra di perdere tutte le forze rimaste.
C'è un grosso taglio sanguinante sulla pancia, e non sembra neanche superficiale.
Il dolore esplode tutto d'un pezzo, talmente forte da non permettermi nemmeno di urlare.
Dei puntini neri iniziano a danzarmi davanti agli occhi, mentre l'emorragia sembra crescere sempre di più.
Le gambe cedono sotto il peso del mio corpo.
Mi sento scivolare verso terra, ma qualcuno mi sorregge poco prima che tocchi il terreno.
- Medicali! - urla una voce, che potrei conoscere, ma che ora mi giunge lontana e ovattata.
Vedo il mondo rovesciarsi, la terra inizia a ruotare attorno a me.
Cerco di aggrapparmi alla realtà, ma mi sembra di scivolare sempre di più verso l'abisso dei sogni.
- Al diavolo - sento di nuovo la voce, ancora più confusa di prima.
Due braccia forti mi sollevano, una sorreggendomi sotto le gambe e una attorno alla schiena.
Sento indistintamente che ci stiamo muovendo, mentre inizio lentamente a perdere conoscenza.
- Resisti Giuli - dice chi mi ha preso in braccio. - Resisti. -
Sento un forte fracasso, che dura per parecchio tempo.
Provo a tenere gli occhi aperti, magari a sollevarmi un po', ma è troppo difficile, e finisco con il crollare in avanti e affondare il viso nella stoffa di una maglietta.
L'ultima cosa che sento, prima di svenire, è un forte odore di sudore ed erba tagliata.

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