In realtà, non sto andando a parlare con George.
Sarebbe il tipo di ragazzo che si preoccuperebbe del perché del mio malumore, mi chiederebbe che c'è che non va, e dovrei mentirgli, o, peggio, tentare di spiegare tutti i problemi del caspio che ho per la testa.
Speravo di rimanere con Newt, che con la sua strafottenza e indifferenza mi avrebbe impedito di pensare.
Avrei passato il resto del pomeriggio a battibeccare con il biondino, e mi sarei dimenticata in parte di tutto il resto.
Ma doveva essere chiedere troppo.
Perciò decido di andare nella foresta.
Non ci sono ancora mai entrata, perché a detta di tutti non mi avrebbe fatto piacere.
Invece io voglio andarci.
La raggiungo di corsa, voglio solo scappare da tutti e tutto.
Voglio stare sola.
Corro, corro e finalmente raggiungo il limitare del bosco.
Supero i primi alberi, e mi inoltro nella parte più profonda e sconosciuta.
Man mano che mi addentro nella foresta, la luce del sole penetra sempre di meno attraverso le fronde degli alberi.
Improvvisamente, un baluginio rossastro attira la mia attenzione.
Mi volto nella direzione dove l'ho visto, e aguzzo la vista.
C'è qualcosa, qualcosa di metallico, con una piccola luce rossa lampeggiante.
Mi avvicino lentamente.
È un piccolo macchinario color argento, con due specie di occhi sul dorso inarcato.
C'è anche una scritta, in maiuscolo: CATTIVO.
"CATTIVO"?
È la stessa parola scritta sul barile, nella Scatola.
Non sembra promettere nulla di buono.
Questo emette uno strano ticchettio, interrotto da uno strano rumore di ingranaggi.
Mi piego in avanti.
Allungo la mano verso l'aggeggio, per sfiorargli il dorso... ma quello scappa via.
È velocissimo: in pochi attimi è sparito alla mia vista.
Sbatto le palpebre confusa, e raddrizzo la schiena.
Cosa diavolo era quello?
Poi mi volto; cammino per parecchi minuti, incontrando sul mio cammino solo robusti alberi e qualche cespuglio.
Poi, scorgo qualcosa in lontananza.
È una strana costruzione di pietra, della grandezza di un altare.
Il bello è che non so cosa sia un altare.
Mi guardo intorno, facendo scivolare lo sguardo a terra.
Ci sono delle assi di legno incrociate, infilate nel terriccio.
Delle croci.
Sono delle croci.
È un cimitero.
Sono in un cimitero.
Torno a guardare l'altare di pietra.
Mi avvicino ad esso lentamente, per paura di pestare qualcosa di importante o... una tomba.
C'è un vetro, a coprire la parte superiore.
Guardo oltre.
Delle ossa... uno scheletro.
O meglio, la parte superiore di uno scheletro umano.
Mi allontano di qualche passo.
- La metà di un Raduraio - dice una voce pensierosa dietro di me.
Mi volto di scatto.
- Ma vai a 'fancaspio Minho! - sbotto mentre ricomincio a respirare.
Quello ridacchia teso.
- Che fai qua? Mi hai seguito? - chiedo.
Lui scrolla le spalle.
- Forse - risponde - O forse no -
Rimango in silenzio.
Lancio un'occhiata alla strana costruzione dietro di me.
Torno a guardare Minho.
- Cosa diavolo intendi con "la metà di un Raduraio"? - chiedo aggrottando le sopracciglia.
- Quello che ho detto: la metà di un Raduraio. - dice avvicinandosi all'altare.
Appoggia l'indice sul vetro sporco.
- Queste ossa, appartenevano ad un Raduraio. - inizia a raccontare - Stavamo provando dei metodi per cercare di uscire da questo caspio di posto in un modo diverso dal Labirinto. Matthew ha deciso di provare a calarsi dalla Scatola quando aveva già iniziato a scendere. - mi lancia un'occhiata - Eravamo sopra, che tenevamo la cacchio di corda tesa. Poi lo abbiamo sentito urlare, abbiamo tirato in fretta su la corda. - una pausa, in cui prende un respiro - Il suo corpo era tranciato di netto. La metà precisa. Qualcosa lo aveva tagliato in due. Non c'è stato nulla da fare. -
Rimango in silenzio.
È una storia assurda, una storia dell'orrore.
- E perché lo tenete qua? - chiedo piano.
- Come monito. Non si può scappare da qui. Se non attraverso il fottuto Labirinto. - risponde guardandomi - È la nostra unica speranza. L'unica via d'uscita. -
Non dico nulla per un po', rimanendo a fissare quelle ossa.
Chi sono questi mostri, i Creatori?
Chi sono i disagiati mentali che rinchiudono dei ragazzini e li uccidono, o li lasciano morire, in una maniera così atroce?
- Andiamo Fagio. Le Faccemorte non sono posto per Fagi. - dice l'altro, riscuotendomi da una sorta di trance, allontanandosi dal mezzo Raduraio.
Annuisco, e lo seguo verso l'esterno.
Mentre usciamo dal bosco, Minho mi guarda a lungo, come se stesse decidendo se dirmi qualcosa o meno.
- Senti Fagio, ho parlato con quel rincaspiato di Newt, prima - si decide a dire - Mi ha detto che vuoi fare la Velocista -
Mi volto a guardarlo.
- Ha anche detto-diciamo che mi ha minacciato-di non farmi venire nemmeno l'idea di osservarti, per valutare se sei adatta, perché ritiene che non sia il lavoro per te. - aggiunge.
Inarco un sopracciglio.
È addirittura andato a parlare con Minho?
Lo odio.
Lo odio lo odio lo odio.
Crede sul serio che io sia una mammoletta.
Forse sarà stato per prima, con quel John...
Perché gli ho mostrato anche una minima debolezza?
È stato un errore permettermi di crollare davanti a lui.
- E per ora lo ho ascoltato. - dice - Ma non sono sicuro che abbia ragione. - mi lancia una lunga occhiata indagatrice.
Capisco dal tono che il discorso è concluso, e che, appena volta la testa a guardare altrove, l'argomento è chiuso.
Non risponderà ad alcuna mia domanda in merito, questo è evidente.
Usciamo dalla foresta, dirigendoci chiaramente verso le Cucine.

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L'Errore
Fiksi PenggemarGiulia. Il suo nome, questo è tutto ciò che sa di sé, oltre al fatto di essere particolarmente testarda. Cosa succederà quando la prima ragazza arriverà alla Radura? Naturalmente, come se la situazione non fosse già abbastanza disastrosa, si introme...