Corro finché non sento mancarmi l'aria. Non sono nemmeno a metà del percorso che devo fare. Una volta sarei resistita di più.
Ma non posso fermarmi, perciò mi sforzo di mantenere il ritmo.
Mi sembra quasi di essere tornata indietro nel tempo, quando stavo scappando dal Dolente.
Svolto a destra.
Passerò per un corridoio laterale, anche se mi farà sprecare minuti, ma che mi aiuterà a confondere le guardie che sono di certo alle mie calcagna. Non capiranno mai che sto cercando il garage, se non scelgo il percorso più breve. Potrei anche essere tanto rincaspiata da uscire dal tetto, per quanto ne sanno.
Dopo forse un minuto, sento delle urla dietro di me, qualcuno sta sbraitando ordini. Devono essere vicini.
Prima che possano avvistarmi, mi tuffo di lato, aprendo con una spallata una porta sulla sinistra, sperando vivamente che non sia un Laboratorio.
- Cazzo - sibilo, trattenendo a stento un gridolino di dolore, e portando istintivamente una mano alla spalla.
Anche le mie ossa non devono essere più le stesse, evidentemente. Qualunque cosa ci fosse in quel siero, mi ha consumata.
Non ho più abbastanza energia, mi stanco facilmente, non ho fiato, mi fa male tutto.
Che caspio di sploff.
Mi guardo intorno. Grazie al cielo, sono finita in un magazzino delle scope.
Non sapevo nemmeno che ce ne fossero. Tanto meglio.
Sento i passi pesanti delle guardie che superano in fretta la piccola porta bianca senza nemmeno badarci, e poi svoltano in uno dei corridoi.
Aspetto che il casino si faccia meno forte, finché quasi scompare, l'unico rumore rimane la fortissima sirena d'allarme.
Faccio scorrere gli occhi sui piccoli scaffali del magazzino.
Scope, detergente, un secchio...
E poi, una cosa che non mi aspettavo di vedere. Ma senz'altro molto utile.
La afferro.
È una pistola, non è la stessa di quelle usate dalle guardie. Sembra una di quelle semplici, tradizionali, a pallottole. Mi servirà, questo è certo.
Ora che la guardo meglio, però, noto un particolare che non avevo osservato prima.
È rotta.
Il grilletto è lasco, anche se ci si mettesse una vera pallottola non riuscirei a spararla.
Non mi importa. Io so che è rotta. Non le guardie... la userò per fare scena.
Ho scoperto che mi viene molto bene.
La stringo a me, poi apro la porta del magazzino, e mi affaccio sul corridoio.
Via libera.
Esco dalla stanzetta, e mi dirigo in fretta verso il garage, cercando di non fare rumore, ma anche di non badare troppo all'allarme spacca timpani che mi rimbomba nelle orecchie.
Devo concentrarmi.
Prenderò la stessa strada che stavo facendo poco fa, non mi è sembrato che le guardie stessero andando in quella direzione. Ma devo anche affrettarmi, potrebbero trovarmi.
Prendo un profondo respiro, poi riprendo la mia corsa sfrenata.Mi affaccio per l'ennesima volta oltre un angolo del corridoio.
E poi, laggiù, la vedo.
La grande porta metallica a doppia anta che mi separa dal garage. È strano, tuttavia, che non ci sia nessuno a controllarla.
Aguzzo un po' la vista.
Caspio.
È chiusa, con uno di quei codici assurdi che conoscono solo gli scienziati e i loro superiori. Devo trovare un modo per entrare, e in fretta.
Poi, mi viene un'idea.
È leggermente... estrema, ma attuabile.
Abbasso lo sguardo sull'arma che stringo in mano, pensando che, in fondo, non ho proprio più nulla da perdere.
Prendo un profondo respiro, e guardo di nuovo oltre.
Fortuna vuole che, nonostante l'allarme che non ha mai smesso di suonare e il casino generale, ora ci sia una donna davanti alla porta. Sta controllando freneticamente dei fogli, ma sono certa, dato il camice bianco fresco di bucato che indossa, che sia una scienziata.
Esco allo scoperto, raggiungo di corsa la donna
- Ehi, tu! - urlo, e le punto contro la pistola.
Lei alza lo sguardo di scatto, e si irrigidisce, sgranando gli occhi.
Deve avere poco più di vent'anni.
Mi è totalmente sconosciuta, non credo di averla mai vista in vita mia. La donna mi guarda, i muscoli del viso contratti in un'espressione di puro panico.
Alza le mani in alto, lasciando cadere a terra la cartellina.
- C...cosa vuoi? - balbetta.
Indico con il mento alle sue spalle.
- Apri la porta del garage. Subito. - ordino, secca. Non ho intenzione di perdere l'opportunità che mi si è appena presentata davanti, e di sicuro non mi fermerò per dispiacermi di aver terrorizzato una donna della C.A.T.T.I.V.O.
Lei sembra esitare.
- Non posso... - la sento mormorare.
- Aprila o ti faccio un buco in fronte. - replico senza tante cerimonie.
Il mio suono deve sembrare piuttosto convincente, a quanto vedo dalla sua espressione, nonostante non sia sicura che sarei capace di una cosa simile.
La donna deglutisce visibilmente, sembra sul punto di avere una crisi isterica.
Annuisce piano, la vedo tremare leggermente.
Poi si volta, e raggiunge la porta.
Io la seguo, senza staccarle gli occhi e l'arma di dosso.
La donna inizia a frugarsi nelle tasche.
Mi avvicino un po' di più.
- Non voglio scherzi - sibilo.
La donna non dice nulla e mi mostra con la mano tremante una di quelle tesserine magnetiche.
- D...Devo solo... passarla allo scanner e poi... poi digitare il codice che... - balbetta.
- Fallo e basta. - ribatto.
Lei striscia in fretta la tessera, e si avvicina poi al tastierino numerico.
- Ferma! - urla una voce maschile alle mie spalle.
Mi volto di scatto. Mi hanno raggiunta, a quanto pare.
Porca sploff.
Ci sono almeno una decina di guardie, con le loro armi spianate, tutte ai due lati di un uomo piuttosto alto, con quella odiosa faccia da ratto.
Janson.
Ho un dejavú. Questa situazione l'ho già vissuta una volta.
Sul viso della donna appare una lieve sfumatura di sollievo.
Io, però, non posso farmela scappare.
Afferro la scienziata per la vita e le punto la pistola contro la tempia.
La sento irrigidirsi.
- Se fate un altro passo la ammazzo! - grido, cercando di dimostrare il quadruplo della sicurezza che ho.
Le guardie sembrano essere leggermente turbate da questa mia osservazione. Pure sul viso di Janson scorgo una traccia di insicurezza.
Poi cerca di dimostrarsi di nuovo calmo.
- Lo sappiamo che non lo farai. - replica.
La voce suona ferma, ma allo stesso tempo sento una punta di preoccupazione.
Lo sapevo.
Ci tengono ai loro preziosi cervelloni.
- Ah si? - ribatto io - E come la mettiamo se, nel frattempo... - dico puntando la pistola verso il basso -... la azzoppo? Magari capirete che faccio sul serio. -
Janson mette due mani avanti.
- Ok, ok - dice in fretta.
Io rimango immobile.
- Non fare cose di cui potresti pentirti. - dice.
- Oh, ti assicuro che ne ho già fatte molte, in questa mia caspio di vita. - replico - Ma di questa, beh, di questa non me ne pentirei. Stanne certo. - sibilo.
L'uomo soppesa le mie parole per alcuni secondi, guardandomi a lungo.
- Dicci cosa vuoi. - dice, alla fine.
Sono disposti a trattare. È già qualcosa.
- Lasciatemi uscire. Lasciatemi andare via da questo fottuto posto. Prenderò uno di quei cacchio di furgoni. Non seguitemi. È semplice. - rispondo.
Alcuni secondi di silenzio.
- Possiamo riportarlo alla base. - replica a un tratto.
Io assottiglio lo sguardo, senza dire nulla.
- Possiamo riportare il soggetto A5 qui, da te. Newton. - continua. - Sappiamo che è lui, che vuoi. -
Io sbuffo. Pensa davvero di tentarmi così? Mi ritiene così ingenua?
- Non lo obbligherò a una cosa simile. - ribatto - Siete solo un branco di bastardi. - sibilo.
Punto di nuovo la pistola alla tempia della scienziata.
- Apri quella fottuta porta. Non lo dirò una seconda volta. - sibilo.
La donna annuisce tremante, e digita un codice sul tastierino. Si sente un bip, poi una luce verde appare proprio sopra alla grande porta, che inizia ad aprirsi.
- Giuliana... - inizia Janson.
- Tu sta' zitto - sbotto, senza nemmeno guardarlo.
Guardo la scienziata.
- C'è un modo per chiudere la porta in modo che nessuno passi, dopo che la ho oltrepassata? - chiedo.
La donna annuisce piano, sento che Janson sta parlando ma non lo ascolto.
- Devi premere.... il... il pulsante rosso nella... cassa elettrica sulla destra... - mormora, guardando con la coda dell'occhio il freddo metallo premuto sulla sua tempia.
- Bene così. - replico - Se è una trappola, giuro che non la passerete liscia. -
Lei deglutisce. La porta ora è aperta.
- Pensa a quello che stai facendo. La Zona Bruciata non sarà facile per una come te. - riprova Janson.
Mi volto verso di lui.
- Quanto scommettiamo? - replico.
Con uno scatto veloce, indietreggio fino alla porta. Lascio andare la scienziata, e mi tuffo oltre.
Avvisto il pulsante rosso indicatomi, e lo premo.
In tutto questo, faccio appena in tempo a sentire Janson sbraitare ordini, e le guardie mobilitarsi, prima che la porta si chiuda ermeticamente di fronte a me, con una doppia porta di metallo supplementare.
Prendo un respiro, accorgendomi di aver trattenuto il fiato fino ad ora. Poi mi volto, e mi guardo intorno. Grazie al cielo, è rimasto tutto come lo ricordavo.
Corro verso il primo furgone alla mia destra.
Devo fare in fretta, probabilmente stanno già andando ad appostarsi fuori dall'uscita del garage. Devo fare sempre tutto in fretta, non ho mai un attimo di pausa.
Salgo sul furgone, lascio la pistola sul sedile a destra.
Le chiavi sono nel cruscotto. Le faccio girare: il motore parte.
Bene.
Sono un bel po' arrugginita, perciò faccio scorrere gli occhi un po' su tutti i tasti e i simboli del mezzo.
Pian piano, mi riaffiorano alla mente delle immagini, inizio a ricordare.
Afferro il volante a due mani, e pesto sull'acceleratore. Prendo velocità immediatamente, quindi vengo di colpo spinta contro il sedile, e per poco non mi viene un colpo. Non me li ricordavo così rapidi.
Passo tra gli altri pochi furgoni presenti, fino ad arrivare alla porta. Sul cruscotto dovrebbe esserci un tasto per l'apertura automatica della porta del garage.
Eccolo, in alto a destra. Lo premo, e dopo nemmeno un secondo il portellone inizia ad alzarsi.
Ok. Posso farcela.
Non aspetto nemmeno che sia alzato al completo, e parto in avanti di corsa. Passo a filo con il portellone metallico, ed esco.
Il mondo esterno. Eccolo qui.
Una landa desolata, arida e spoglia, priva di ogni forma di vita.
Ah, si, tranne i 6 furgoni della C.A.T.T.I.V.O. appostati lì di fronte.
Gli sfreccio davanti, probabilmente non si aspettavano che non avrei aspettato l'apertura del portellone.
Questi immediatamente mi iniziano a sparare addosso. Alcuni proiettili rompono il vetro dietro, altri graffiano le portiere.
Pesto più forte sull'acceleratore, mi sto allontanando a una velocità assurda.
Guardo nello specchietto retrovisore, e noto che mi stanno seguendo. Il che significa che devo raggiungere il confine sicuro al più presto. Di lì, il personale della C.A.T.T.I.V.O. non ha il permesso di passare. Perché?
Beh, il nome dovrebbe essere abbastanza chiaro. Fuori, è troppo pericoloso, pure per le guardie. Certo, ci sono diverse squadre speciali che passano regolarmente sopra alla Zona Bruciata con le Berghe, e a volte so sono obbligate a intervenire a terra, ma hanno avuto un addestramento aggiuntivo per fare ciò. Oltre quel confine, gli spaccati sono fuori ogni controllo.
Non dovrebbe mancare molto.
Non posso andare più veloce. Passano alcuni minuti, che sembrano interminabili.
Poi, guardo di nuovo nello specchietto.
Si sono fermati.
Io rallento, sebbene di poco.
Sfilo il fascicolo da sotto la giacca, e lo appoggio sul sedile accanto a me.
Devo fare mente locale.
Dove sto andando?
Sto andando da Newt.
Lo devo trovare.
Cerco di ricordare qual'è la città sicura più vicina, dove potrebbero essersi diretti Thomas, Minho e Newt. Visualizzo mentalmente la mappa delle regioni circostanti alla base.
Denver. Sono andati a Denver.
...ma di certo Newt non è potuto entrare.
O meglio, pensando di essere infetto, non avrà nemmeno fatto la prova all'entrata della città per entrare.
Sarà rimasto fuori, nel mezzo che hanno utilizzato.
Non so quale sia, ma ho tutta l'intenzione di raggiungerlo.
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L'Errore
أدب الهواةGiulia. Il suo nome, questo è tutto ciò che sa di sé, oltre al fatto di essere particolarmente testarda. Cosa succederà quando la prima ragazza arriverà alla Radura? Naturalmente, come se la situazione non fosse già abbastanza disastrosa, si introme...