Capitolo 32

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Stiamo correndo esattamente da 2 ore, 58 minuti e 15 secondi.
E stranamente, al contrario di quanto pensassi, non sto per svenire.
Come preannunciato da Minho, oggi ha lasciato tutto il lavoro a me, per imparare a memorizzare tutti i passaggi da fare a ogni corsa: corri, taglia l'edera, svolta, prendi appunti, continua a correre, taglia l'edera, svolta...
Ho iniziato in fretta a non dimenticare nulla, e Minho si è lamentato poche volte, spesso solo ricordandomi con qualche parola chiara e diretta cosa dovevo fare.
Siamo a circa un quarto della corsa, ora che è metà mattina.
- Pausa - dico io, guardando l'orologio.
Minho annuisce, concordando.
Mi siedo con la schiena contro il muro come ieri, e tiro fuori dallo zaino la mela e la bottiglia d'acqua.
Bevo un sorso d'acqua e mangio già gran parte della mela.
Minho addenta la sua, poi si volta a guardarmi.
- Newt ci tiene a te. - sputa fuori a un tratto.
Volto la testa di scatto, aggrottando le sopracciglia.
- Cosa intendi? - chiedo.
Lui fa roteare gli occhi.
- Che sei importante per lui. - risponde.
Emetto una via di mezzo tra uno sbuffo e una risata sarcastica.
- Ma se mi sopporta a malapena. - dico - Come tutti voi qua dentro, del resto. -
Minho inarca un sopracciglio.
- Sei seria? - ribatte. - Cioè, sì è vero stai a tutti sul cazzo, ma non a lui. -
- Che bello sapere l'opinione che hanno gli altri di me. - dico io, sperando di indurlo a cambiare argomento.
Rimane in silenzio per alcuni istanti.
- Allora, perché credi che si sia incazzato tanto con me per averti fatto Velocista? - replica.
Scrollo le spalle con fare indifferente.
- Me lo ha detto, il perché - rispondo.
- Qualunque cosa ti abbia detto, è una balla. - dice convinto.
- Quindi secondo te si è inventato di aver tentato il suicidio - ribatto io fredda.
Minho si irrigidisce.
Mi guarda con gli occhi leggermente sgranati.
- Te l'ha detto? - chiede sbalordito.
Annuisco.
Rimaniamo alcuni secondi in silenzio.
- E mi ha detto che non voleva che entrassi nel Labirinto perché non voleva che mi venissero strane idee, e perché questo posto non gli piace. - aggiungo.
- Vedi? Si preoccupa per... - inizia Minho.
- ... si preoccupa per me come fa per qualunque altro Raduraio. - lo interrompo io.
Poi mi alzo in piedi, senza aspettare una sua risposta.
- Ora andiamo, abbiamo ancora tre quarti di Sezione da percorrere. - taglio corto.
Anche Minho si alza senza dire nulla.
E ricominciamo a correre.

Anche per oggi, è finita la giornata.
Mentre ci dirigiamo verso l'uscita, riesco a distinguere una sagoma familiare proprio sulla Porta Occidentale.
Aggrotto le sopracciglia, ignorando il sorrisetto malizioso di Minho alla mia destra.
Oltrepassiamo la porta, mentre Newt si sposta di lato.
Mi piego sulle ginocchia, prendendo profonde boccate d'aria.
- Tutto bene? - chiede una voce dall'accento riconoscibile da chilometri di distanza, più o meno alla mia destra.
Mi rialzo, cercando di non dare a vedere quanto sforzo mi ci vuole per questo semplice movimento.
Annuisco in direzione di Newt, che mi lancia un'occhiata poco convinta.
- Devo andare - dico solamente, voltandomi e iniziando a correre verso la Stanza delle Mappe, per paura di iniziare già a dimenticare tutto quello che devo scrivere.
Minho mi aiuterà un po', controllando che
non confonda le linee da disegnare.
Lancio un'occhiata alle mie spalle, accorgendomi di non essere seguita da Minho, il quale invece sta ancora parlando con Newt.
Raggiungo il piccolo edificio di legno dalla porta metallica.
Entro chiudendomi la porta alle spalle, e mi fermo davanti al tavolo.
Afferro un foglio bianco, e inizio a tirare fuori i miei appunti.
Intanto la porta si riapre.
Minho mi si affianca.
- Cosa hai detto a Newt? - chiedo.
- Nulla che ti interessi - ribatte - Facciamo questa cacchio di mappa e andiamocene. -
E allora, con un sospiro, inizio a scrivere.

Sono passati tre giorni.
In questi tre giorni la mia routine è stata piuttosto semplice e sempre uguale.
Svegliarsi, andare alla Stanza delle Mappe, incontrare Minho, passare dalle Cucine, entrare nel Labirinto, uscire, salutare Newt che mi aspettava davanti alle porte, mappare, cenare, dormire.
Io e Newt abbiamo deciso che il letto lo useremo una notte io-una notte lui, in alternanza, perché non ci stiamo proprio in due.
Beh, stanotte era la mia volta.
Mi sono svegliata sullo scomodo materasso, e mi sono alzata.
Con i miei passi da elefante devo aver svegliato anche Newt, che mi ha salutata con uno sbadiglio.
Sono uscita dal Casolare, e ho raggiunto Minho davanti alla Stanza delle Mappe.
E qui ho avuto la grande notizia:
- Il tuo caspio di periodo di prova è finito. Oggi corri da sola, baby. - mi ha detto.
Ero stranamente in ansia per il fatto di dover essere completamente in solitudine, ma non mi sono lamentata.
Ho semplicemente annuito, sono andata a preparare la mia roba, e Minho ha aggiunto che la mia Sezione oggi sarebbe stata la 12, e che avrei dato il cambio a Matthew, un altro Velocista, dato che ora era in infermeria.
Quando sarebbe tornato, avremmo fatto a turno, decidendo prima la durata del periodo di pausa.
E ora, sto correndo.
Sono già passate quasi altre tre ore dalla prima pausa di mezzogiorno, perciò fra poco mi fermerò di nuovo.
Guardo l'orologio: sono ormai le 15.
Mi fermo, piegandomi a respirare affannosamente.
Poi mi siedo, e apro il mio zaino.
Tiro fuori la seconda mela, e la addento voracemente.
Sono stanca, ma ogni giorno il mio corpo si abitua sempre di più ai ritmi assurdi dei Velocisti.
Prendo la bottiglietta d'acqua e ne bevo un sorso.
Poi mi rilasso, appoggiando la schiena contro il muro, e chiudendo gli occhi.
In fondo, la solitudine non è male.
Ho il tempo giusto per lasciar vagare la mente.
E inizio a pensare.
A pensare al cartello col messaggio dei Creatori.
Perché mi viene in mente adesso?
È passata a malapena una settimana da quel messaggio poco allegro, eppure mi sembra essere stata una vita intera.
Sono successe molte, troppe, cose in una settimana.
Forse i Creatori si sono stufati.
Mi hanno mandato quel piccolo di Dolente, l'ho ucciso, e poi hanno lasciato perdere.
Eppure, è assurdo che si siano arresi così facilmente.
A quanto dice Newt, sono dei bastardi più testardi di me.
Oddio no, sapevo di non dover pensare a Newt.
Perché ogni mio più piccolo ragionamento, ogni pensiero riporta a Newt?
Lo conosco ancora da così poco, in realtà, eppure mi sembra di sapere molto di lui.
Ci ho legato in modo strano, il nostro rapporto potrebbe definirsi una sorta di amicizia molto contorta.
Del resto, ci insultiamo a vicenda ventiquattr'ore su ventiquattro-si, perché ho il sospetto che mi insulti anche nei suoi sogni-ma in fondo, credo, ci vogliamo bene.
Beh, per lo meno, io gliene voglio.
È un buon amico, l'unico di cui possa fidarmi ciecamente in tutta la Radura.
Pure Minho è simpatico, ma non troppo affidabile, e soprattutto troppo egocentrico.
Anche George è uno dei miei pochi amici.
È piuttosto allegro, ma non so quasi nulla di lui.
So che era il Fagio prima di me, ma poco altro.
E poi, in questo periodo, si sta comportando in modo sempre più strano.
È sempre più introverso, mi saluta a malapena, con un sorriso tirato.
Decido che scoprirò, in un modo o nell'altro, cosa gli sta succedendo.
Alby invece è un rincaspiato del cacchio.
Lo detesto, è sempre scontroso e mi odia con tutto il cuore.
Quando lo incontro in giro non mi saluta nemmeno, mi lancia occhiatacce, e a cena si siede il più lontano possibile da me.
Bene, non ho bisogno di lui.
Vado avanti tranquillamente senza.
Sospiro.
Sono le 15:15.
Mi alzo, rimetto la bottiglia nello zaino, e mi preparo a ripartire.
E sento quel rumore.
È un latrato improvviso, disumano.
Mi si gela il sangue nelle vene.
No, non può essere.
Non dovrebbero uscire di giorno...
Un'altro ululato, quello stridore agghiacciante di metallo che sfrega misto a qualcosa di rivoltante e viscido, che ormai ho imparato a riconoscere.
Dolenti.


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