Capitolo 34

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Angolo autrice

Ebbene si, visto che per l'ennesima volta sono rimasta assente da wattpad per secoli, ho deciso di postare due capitoli today.
Buona lettura!

Mi risveglio.
Ed è come uscire all'aria aperta dopo esser stata sul punto di annegare in un oceano profondo.
Non apro subito gli occhi, perché ho paura di poter crollare di nuovo solo con un gesto così semplice.
Poi, alzo lentamente le palpebre.
Una forte luce mi investe, facendomele socchiudere di nuovo.
Dev'essere giorno.
Si, ma che giorno?
Quanto ho dormito?
Un'ora? Un giorno? Una settimana?
Cerco di mettere a fuoco la stanza attorno a me.
Sono distesa su un letto, uno del Casolare.
La stanza è piccola, con solo il suddetto letto e una sedia.
Su questa sedia, c'è seduto Newt.
Non sta guardando nella mia direzione, sta osservando la Radura attraverso il vetro della finestra.
Ha un'espressione pensierosa e tesa.
Mi sembra di vedere delle ombre scure sotto i suoi occhi.
- Newt... - la voce mi esce roca, non sembra nemmeno la mia.
Lui si volta di scatto verso di me.
I suoi muscoli si rilassano visibilmente, il suo viso si distende lievemente in quella che potrebbe essere un'espressione sollevata.
Mi schiarisco la gola, tossendo.
- Cosa... cosa è successo? - chiedo piano.
La sua espressione si fa dura.
- Sei uscita da quel fottuto Labirinto, sei svenuta, e sei quasi morta. Hai perso per lo meno un litro e mezzo di sangue. - dice con tono freddo. - Sei in infermeria da quattro giorni. Pensavamo che saresti schiattata, a dire il vero. -
Sbatto le palpebre un paio di volte.
Cerco di alzarmi a sedere, ma un dolore lancinante allo stomaco mi percorre come una scarica elettrica, facendomi ricrollare sul materasso con un basso gemito.
- E sta' ferma - sbotta Newt - Non sei di certo nelle cacchio di condizioni di alzarti. -
Gli lancio un'occhiata, poi abbasso lo sguardo.
Ho la pancia circondata da una fasciatura grossa, in parte macchiata di sangue.
Lascio cadere la testa sul cuscino, rivolta verso l'alto, chiudendo gli occhi.
- Caspio, te l'avevo detto. - grugnisce Newt a un tratto.
Rimango ad occhi chiusi.
- Te l'avevo detto e te l'avevo detto. - ripete acido - Non avresti mai dovuto essere una fottuta Velocista. Te e le tue manie di grandezza. -
Apro gli occhi e volto la testa a guardarlo.
- Perché? - dico io - Cacchio, perché sei così incazzato? Che ti ho fatto ora? - sbotto.
Lui si alza di scatto dalla sedia, raggiungendo un lato del mio letto, e appoggiandosi al materasso con le mani.
- Cosa mi hai fatto?! - praticamente mi urla contro - Sei entrata in quel fottuto posto, non è abbastanza?! -
- No! - ribatto, alzandomi un po' scivolando in su sopra i cuscini, la voce ancora roca - Non è abbastanza, caspio, non è una spiegazione! -
Lui chiude gli occhi, allontanandosi di qualche passo, e facendosi passare con fare nervoso una mano nei capelli.
- Quando lo capirai che sono solo preoccupato per te?! - sbotta irritato - Cacchio, sei così sveglia e non capisci una cosa così fottutamente semplice! -
Rimango spiazzata da questa risposta.
Allora, forse, Minho aveva ragione...
Forse ci tiene a me.
Ma non riesco ancora a capire perché.
Sono sempre stata una stronza con tutti e tutto.
Lo guardo confusa, facendo sbattere le palpebre più volte.
- Ora devo andare. - dice freddo.
Vorrei dirgli di restare, ma non saprei spiegargli il perché.
Si volta, ed esce dalla stanza sbattendosi la porta alle spalle, producendo un tonfo sordo.
Sospiro, più confusa che mai.

Dopo almeno mezz'ora, la porta si riapre.
Mi stupisco quasi che si apra ancora.
Ed entra l'ultima persona che mi aspettavo di vedere: Minho.
Non so come guardarlo.
Con odio?
Con pura e semplice indifferenza?
Penso di aver scelto la seconda opzione, ma non so cosa esprima il mio sguardo. 
Lui chiude la porta dietro di sé.
Si avvicina con passo incerto al mio letto, e si siede sul bordo in fondo.
Noto che ha il naso di uno strano colore, violaceo, e tutto gonfio. Non mi faccio molte domande in realtà.
- Senti Giu, sono venuto a dirti che mi dispiace. - dice - Mi dispiace per esser corso via come un cacchio di polletto cacasotto, e di averti lasciata sola contro il Dolente. -
Io non dico niente.
- Ah, e a dirti che se volessi picchiarmi preferirei se evitassi di colpire la faccia, dato che ci ha già pensato Newt a rovinarmi il faccino l'altro ieri. - aggiunge.
Aggrotto le sopracciglia interrogativa.
Lui scrolla le spalle.
- Mi ha quasi spaccato il naso, nulla di grave. - spiega.
Decido di non stupirmi più di tanto.
In fondo, Newt non è esattamente un esempio di equilibrio mentale.
E poi, penso a come mi ha aggredito poco prima, a come sembrasse quasi impazzito...
- Comunque, ti dò perfettamente ragione se ora mi odi, perché sono stato un vero bastardo. - dice - Volevo solo dirti questo. - conclude.
Sospiro, facendo roteare gli occhi.
- Non ti odio, Minho - dico sbuffando - Ma si, ti darei volentieri un calcio là dove non batte il sole. -
Lui ridacchia leggermente.
- Immaginavo una risposta del genere - dice sorridendo - Grazie, comunque. -
Scrollo le spalle.
- Non ci hai ancora raccontato come diavolo ne sei uscita viva. - dice.
- Non ho ammazzato quel caspio di Dolente, l'ho solo stancato. Colpendolo con quel caspio di coltello, più volte. - rispondo - Poi sono scappata via. Fine. -
Minho inarca un sopracciglio.
- "Fine"? - ripete.
Annuisco.
- Fine. - dico.
Lui rimane ad osservarmi pensieroso.
- Sei una forza della natura, ragazza mia. - dice perplesso - Combatti come se non facessi altro dalla mattina alla sera. - 
Sospiro.
- Minho, non ho idea di cosa significhi. - dico io esasperata - La mia vita è un caspio di casino -
- Su questo non c'è dubbio - concorda.
Mi alzo a sedere lentamente, cercando di non fare movimenti bruschi.
Mi appoggio all'indietro sui palmi delle mani.
- Senti, hai idea di dove sia Newt? - chiedo.
Lui inarca un sopracciglio.
- Newt? - chiede.
Annuisco.
- Prima mi ha urlato contro e ho intenzione di capire perché - mugugno.
Sulle sue labbra compare un sorrisetto malizioso.
- Cos...? - inizio - No, non dire niente. Dimmi solo dove diavolo è. - dico con tono stanco ed esasperato.
Lui ridacchia.
- Credo sia agli Orti. - risponde - A dare una mano in giro, a casaccio. -
Annuisco.
- Bene così. - dico.
Decido che fra un po' gli andrò a parlare.
- Ora devo andare - dice Minho alzandosi dal letto - Sono rimasto alla Radura solo per te, Fagio, ma ho parecchio da fare. -
Ecco una delle ragioni per cui ero tanto stupita di vedere Minho.
- Ci vediamo in giro - mi saluta.
- Ciao - dico.
Il ragazzo esce dalla stanza, lasciandomi nuovamente sola.
Aspetto di sentire la porta del Casolare chiudersi dietro il ragazzo, per cercare di alzarmi.
Il dolore si fa sentire, ma stringo i denti e faccio scivolare le gambe giù dal letto.
Appoggio i piedi a terra e mi alzo con cautela.
Mi dirigo passo dopo passo verso la porta, appoggiandomi ogni tanto al muro.
Devo parlare con quel cretino.

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