Capitolo 1

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Sto salendo.
Apro gli occhi.
Solo buio completo.
Tasto lentamente le pareti di quella che potrebbe essere una piccola stanza.
Metallo, duro, freddo.
E questa stanzetta, sta senza dubbio salendo, con un fracasso terribile di metallo ed ingranaggi che cigolano.
"Verso l'esterno" penso.
La testa mi pulsa, ho la nausea.
Ricordo solo il mio nome.
Giulia.
Mi sembra di avere un vuoto dentro, cerco di trovare una spiegazione a tutto questo.
"Perché sono qui?" è la domanda che mi assilla più di tutte.
"Quanti anni ho?" non lo so.
Chiudo gli occhi e mi sforzo, premendomi le mani sulle tempie.
Nulla.
Il vuoto.
Mi sento frustrata, ricordo le città, le case, la natura, ma non so dove collocarli, o i nomi precisi.
So solo che esistono, ma non hanno nemmeno una forma precisa nella mia mente.
Ricordo le persone, persone uguali a me, ma i volti sono offuscati, come se le vedessi attraverso un vetro appannato.
Eppure, non ho paura.
È una sensazione strana, quella che provo, ma non è paura.
Credo che una ragazza nella mia situazione sarebbe nel panico totale, isterica quasi.
Tutto quello che sento io, invece, è solo un profondo senso di pace con me stessa.
Ed è assurdo.
Provo ad alzarmi, ma le gambe cedono sotto il peso del mio corpo, ributtandomi a terra.
Decido di sedermi, e continuo a guardarmi intorno cercando di adattare gli occhi alla luce.
Noto che in un angolo ci sono delle scatole di cartone, casse di legno e un grosso barile di latta.
Striscio verso quell'amasso di roba.
Inizio a frugare all'interno di una delle casse aperte.
Le mie dita sfiorano un oggetto metallico.
Cercando di prenderlo alla cieca, scopro una parte affilata, che mi provoca un taglio sul palmo della mano destra.
Stringo i denti per il dolore.
È un coltello.
Ne cerco il manico, e quando lo trovo lo impugno e lo estraggo dalla cassa.
Lo osservo.
È un semplice coltellino, non abbastanza grande da fare danni seri, ma mi potrebbe offrire una minima protezione dal fantomatico "esterno".
Non so come riesca a pensare in modo così razionale in una situazione simile, eppure mi riesce come se fosse normale, per me, essere sotto pressione.
Mi ritrovo ad osservare una piccola piastra di metallo applicata sulle scatole e le casse.
Non riesco a leggere cosa c'è scritto, ma appena noto che la scritta è in rilievo ci passo un dito sopra.
"C.A.T.T.I.V.O."
Cosa diavolo...?
Improvvisamente la stanza ha uno scossone.
Una sirena inizia a suonare.
È un rumore forte e fastidioso, mi tappo le orecchie con le mani, dopo aver meticolosamente infilato il coltello in una tasca dei pantaloni.
Sento che la stanza sta salendo più in fretta.
E poi, di colpo, dopo quelle che sembrano essere ore, si ferma.
Anche la sirena ha smesso di strillare le sue note acute.
Tutto tace.
Ma poi, se tendo l'orecchio, sento dei rumori.
Risate.
Risate, e un fitto chiacchiericcio.
Qualcosa inizia a muoversi sopra di me, sul soffitto, con un cigolio.
O meglio, il soffitto incomincia a muoversi, scivolando di lato.
Le voci si fanno man mano più distinte.
-...e spero che sia uno Spalatore - dice qualcuno.
- Io invece credo che il Fagio sarà un Costruttore. Non ce ne mandano da troppo tempo, ci serve un caspio di aiuto - ribatte un'altro.
"Spalatore"? "Fagio"? "Costruttore"? "caspio"?
Ma che diavolo di parole sono?
Anche se non ricordo nulla del mio passato, sono certa di non aver mai sentito usare queste parole.
La cosa che più mi stupisce è che tutte le voci sono decisamente maschili.
Rimango seduta, facendomi schermo con una mano per tutta quella luce improvvisa che è appena entrata dal soffitto.
Finalmente riesco a mettere a fuoco.
Qualcuno si affaccia sulla sommità dell'apertura.
È un ragazzo di colore, alto e muscoloso.
Indossa un paio di jeans e una T-shirt, ma sono consumati e rovinati, come se fossero vecchi e sempre gli stessi da anni.
Deve avere una diciottina d'anni.
Mi guarda con un'espressione sbalordita.
- Cosa caspio...? - borbotta fra sé e sé.
Si sente il vocìo farsi più forte, delle domande circolano nell'aria.
- Newt! Vieni a vedere, testa di sploff - grida il ragazzo senza staccarmi gli occhi di dosso.
Mi mettono un po' in soggezione, devo ammetterlo.
La mia mano si posa quasi involontariamente sul manico del coltello.
Sento dei passi che si avvicinano all'apertura.
- Alby, che cacchio... - inizia una voce, con un forte accento britannico, che si interrompe bruscamente.
Un ragazzo si accosta all'altro, che non gli risponde.
È alto, dai capelli biondi e gli occhi marrone scuro. Avrà più o meno la stessa età dell'altro.
Quando mi vede, sgrana gli occhi.
- Ma che caspio...? - chiede, voltandosi verso l'altro.
Quello scuote leggermente la testa, continuando a fissarmi.
- Non lo so - ribatte.
- Pive, che sta succedendo laggiù?! - esclama una voce da dietro i ragazzi.
Il biondino volta la testa di lato per metà, guardandomi con la coda dell'occhio.
Come se UNO sguardo inquetante non fosse abbastanza.
- Tornatevene a lavorare, pive del cacchio. È solo il Fagio del mese. Nemmeno fosse un caspio di evento. - ribatte.
- Ma abbiamo sempre... - inizia a ribattere qualcun'altro.
- Andate. A. Lavorare. - dice il biondo con voce ferma - Non lo ripeterò un'altra fottuta volta. -
Si sentono molti mormorii contrariati, ma poi una serie di passi pesanti e strascicati verso la direzione opposta alla mia mi indica che effettivamente i ragazzi devono aver obbedito all'ordine.
C'è un lungo silenzio, in cui i due ragazzi si guardano come se stessero parlando tra di loro con la mente.
Decido di prendere la parola.
- Allora, che avete tutti? - sbotto, alzandomi in piedi, guardando verso l'alto - Non avete mai visto una ragazza? - chiedo con tono evidentemente ironico.
Il biondo, Newt-che nome assurdo-si volta a guardarmi con un'espressione di puro stupore.
Anche l'altro ragazzo, Alby, sembra stranito.
Rimangono in silenzio.
- Avete intenzione di darmi una qualche risposta, oppure rimarrete là fermi come due baccalà per tutto il tempo? - riprovo.
I due sembrano risvegliarsi da un sogno.
Il biondo aggrotta le sopracciglia, assumendo un'espressione più dura.
Poi si piega sulle ginocchia, e si lascia cadere dentro la stanza.
Mi si avvicina di qualche passo, facendomi irrigidire, ma poi si ferma.
- Tu dovresti esserti già sploffata nei pantaloni. - constata, incrociando le braccia al petto.
- Beh - dico incrociandole anch'io - Non so cosa dovrei o non dovrei essere. Anche perché non ho idea di cosa significhi sploffare. So solo di voler una spiegazione a tutto questo. - ribatto.
- Calma calma, bambola. Qua non comandi tu. - ribatte Alby da dietro Newt - Perciò non iniziare a sbraitare di "volere questo" e "volere quello". Ora verrai su, risponderai alle nostre domande e farai il caspio di giro del posto, chiaro? - dice duro.
Gli lancio un'occhiataccia da sopra la spalla del biondo.
- Io non faccio assolutamente niente. Non ho nemmeno idea di chi diavolo siete. Perché dovrei fidarmi? - ribatto acida.
Alby fa roteare gli occhi con fare scocciato.
- A questo possiamo rimediare - replica il biondo, che sembra leggermente meno irritante dell'altro. Solo leggermente.
- Newt - dice porgendomi la mano destra.
Lancio un'occhiata alla mano tesa verso di me.
E poi penso che, in fondo, non ho nulla da perdere.
Allungo anche la mia con fare incerto, e gliela stringo.
La sua è ruvida al tatto, callosa, come la mano di un operaio.
- Giulia - rispondo.
Poi ritiro la mano e la ficco nella tasca dei pantaloni.
Lì trovo il coltello, di cui mi ero completamente scordata.
Decido di lasciarlo lì, in caso ne abbia bisogno in futuro.
Per ora non sembro in pericolo, ma niente si può dire per certo.
- Bene così. - dice Newt - Quel pive là dietro è Alby, il capo della Radura. Io sono il capo in seconda; se manca lui, cosa che spero vivamente non succeda, sono io a dirigere questo posto di sploff. -
- Pensavo che fossi tu il capo - dico spontaneamente.
Newt aggrotta le sopracciglia.
- Perché? - chiede.
Scrollo le spalle, vedendo con la coda dell'occhio che Alby si deve essere innervosito anche di più da questa mia affermazione. Meglio non rigirare il coltello nella piaga.
- Allora, ti decidi a uscire? - sbotta questo.
- Ti assicuro che la nostra fottuta pazienza ha un limite. Alby lo sta già superando... - dice Newt, l'altro grugnisce in segno di protesta, o forse di assenso - ... e non so quanto durerà la mia. O vieni, o puoi stare certa che ti prendo di peso e ti porto fuori -
Faccio roteare gli occhi.
- Sì, sì, vengo - brontolo.
- Bene così - dice Alby con uno sbuffo. - Vado a prendere la scala. -
Detto questo, si alza e sparisce alla vista.
Rimaniamo io e Newt, soli in mezzo alla stanza.
Lo osservo, e lui osserva me.
È molto alto, sul metro e novanta, ha le braccia muscolose e il viso dai lineamenti un po' duri ma perfettamente angolato.
Noto che indossa gli stessi abiti laceri dell'altro ragazzo.
- Ricordi qualcosa del tuo passato, Fagio? - chiede scrutandomi a lungo negli occhi.
Scuoto la testa.
- Cosa diavolo è un Fagio? - ribatto.
- Le facciamo noi le domande, Fagio. - replica lui.
Il tono è duro, ma vedo un sorriso aleggiare agli angoli della bocca.
Sbuffo.
- Ma non capisco nemmeno come parlate! Come faccio a rispondere alle vostre domande se non le comprendo? - dico.
Vedo che fa per rispondere, ma in quel momento Alby si affaccia di nuovo sull'apertura.
Fa cadere una scala a pioli.
Newt fa un gesto con la mano.
- Prima le signore - dice ironico, facendo roteare gli occhi.
Sospiro e afferro i primi pioli.
Salgo la scala lentamente, facendo attenzione a non rompere uno di essi, dato che sembrano essere molto vecchi e marci.
Appena esco, nel mio campo visivo appare uno scenario strabiliante.
Mi isso all'esterno e mi metto in piedi, iniziando a guardarmi intorno, girando praticamente su me stessa.
Sono al centro di un grande spiazzo verde, in cui a tratti spuntano delle strane costruzioni di legno e paglia.
C'è un sole splendente e poche nuvole.
Potrebbe essere il Paradiso, se non fosse rovinato da quattro grosse mura di pietra che circondano tutto il quadrato d'erba.
Sono altissime, e ognuna di esse ha al centro una fessura, che da su una specie di largo corridoio di pietra.
I miei occhi cadono su Newt, in piedi a braccia incrociate proprio accanto a me, che mi osserva.
- Benvenuta nella Radura, Fagio - dice.

Angolo autrice

Oookay, quindi questa è la prima storia che pubblico su wattpad.
So che potrà non sembrare molto originale, ma man mano che prosegue si farà più interessante, prometto✋
Perciò vi invito a non giudicarla già dal primo capitolo, che comunque spesso è il più noioso.
Beh, spero che il primo capitolo vi sia piaciuto eee niente ciao 😂

• Tanto love •


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