CAPITOLO 9 (Terza Parte)

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La mia giornata non è ancora finita, è arrivata l'ora del mio clandestino allenamento serale. Oggi sarà più dura, ho i muscoli a pezzi e il corpo pieno di lividi.
Anche se io e Tris eravamo d'accordo nel fare un po' di scena e concludere il combattimento con un mio ko, dovevamo essere abbastanza convincenti da far credere ad Eric che fosse un vero combattimento. Credo che Tris si sia lasciata un po' troppo prendere la mano.
È svelta ma non ha muscoli, i suoi colpi non mi facevano tanto male e non mi causerebbero grossi problemi neanche in un normale combattimento, ma lo faranno quando il suo corpo sarà abbastanza allenato. Per il futuro, confido nella sua natura di Abnegante.
Aver atteso il momento del mio allenamento seduta in un angolo del Pozzo è stato più comodo che sgattaiolare fuori dalla camerata e vestirmi inciampando per il corridoio. In più è stato utile per tenere d'occhio Eric, in modo da non farmi beccare di nuovo, anche se temo che me lo ritroverò tra i piedi. Oggi sembrava parecchio nervoso e credo che prendere a pugni qualcosa sia il suo modo per scaricare la tensione.
Colpisco il Mollychino ma, come al solito, non si muove di un centimetro. Dopo qualche pugno le mani mi fanno talmente male da farmi lacrimare gli occhi.
«Ti sei fatta mettere al tappeto da una Rigida» sghignazza Eric, camminando verso di me.
Vorrei poter affermare che si è materializzato dal nulla, ma devo ammettere che, anche con la sua stazza, ha il passo felpato come quello di un gatto.
Entrambi sono predatori, peccato che Eric è affettuoso quanto un gatto selvatico al quale hanno pestato la coda.
«Non la sottovalutare, è veloce ed è più forte di quanto immagini.»
«Sulla forza ho qualche dubbio, ma in quanto a velocità...» trattiene a stento una risata, «solo i tuoi Mollychini sono più lenti».
«Almeno questa volta mi ha stesa un essere vivente» dico, lasciandomi scappare un sorriso.
«Metti questi.»
Mi lancia dei guanti imbottiti, che suppongo servano a proteggere ciò che resta delle mie mani. Non faranno sparire il dolore ma spero che almeno lo rendano più sopportabile.
«Magnanimo da parte tua. Darli a tutti prima che ci massacrassimo le mani lo sarebbe stato di più.»
«Ridammeli» ordina spazientito.
«Perché?»
«Non hai più questo privilegio.»
«Se mi rifiuto che fai? Mi appendi a una delle passerelle del Pozzo?» non riesco a trattenermi dal domandare in modo pungente.
Sto firmando la mia condanna a morte.
Eric raggiunge velocemente l'ultimo sacco della fila e inizia a prenderlo a pugni.
Mi sento sollevata, quei pugni erano destinati a me. Mi ha graziata, o almeno spero, non so cosa aspettarmi da lui.
Colpisco di nuovo il Mollychino ed ora ho capito cosa mi serve oltre alla tecnica.
Visualizzo tutte le atrocità che ho visto nel mio secondo giorno come iniziata.
Molly che si accanisce su Christina, il sangue che le esce dalla bocca e dal naso e scivola sulla guancia tingendo il pavimento di rosso, i sorrisi che Eric faceva a Molly. Sembra assurdo ma è questa la cosa che mi manda di più in bestia. Eric che sorride a Molly. Eric fiero di lei.
Un mio pugno manca il Mollychino, inciampo e finisco con la faccia contro quel pesante sacco arancione. Il mio naso, non esattamente piccolo, prende il colpo più forte.
Lo massaggio con le mani sperando di non essermelo rotto, perché dovrei coniare un altro termine che sia la versione di imbarazzante elevato all'ennesima potenza.
Eric mi guarda nello stesso modo in cui ha guardato Christina oggi pomeriggio, facendomi sentire, non solo una nullità, ma una persona non gradita, indegna di essere in questa fazione.
Mi stringo il naso per cercare di fermare il sangue. Lui non mi degna di uno sguardo. Vedere sanguinare le persone credevo che gli piacesse, che gli procurasse un deviato impulso sessuale, forse non sto sanguinando abbastanza per lui.
«Troppo poco sangue o hai anche bisogno di brutalità per eccitarti? Se vuoi vado a chiamare Molly.»
Mi taglierei la lingua. Non ho avuto neanche il tempo di pensare quella frase che già la stavo pronunciando.
Questa volta mi sono messa in un brutto guaio. Non ho fatto una semplice allusione, gli ho sputato in faccia quelle parole e l'ho fatto con la stessa brutalità con cui lui ha trattato Christina.
Lo sguardo di Eric cambia, serra la mascella e stringe a pugno le mani.
Non so se sta tremando di rabbia o sono io a tremare di paura.
Scusarmi. Devo scusarmi immediatamente.
Eric scatta verso di me e mi colpisce al volto con uno schiaffo. Cado a terra e lo fisso terrorizzata, so che non gli basterà, so che continuerà a colpirmi, ma io non riesco a muovermi.
Cammina lentamente verso di me, guardandomi come se fossi un insetto da schiacciare. Il suo sorriso ha un che di malvagio, come se gli fosse stato tagliato nel viso con un coltello.
Come ho potuto pensare che quelle labbra fossero perfette per essere baciate? Come ho potuto sperare che il suo sguardo potesse diventare gentile?
Come faccio a pensarlo ancora?
Odio me stessa più di quanto odio lui, anche se mi sta facendo sentire come se valessi meno di niente, anche se so che ora i suoi unici pensieri sono massacrarmi e poi sbattermi fuori dagli Intrepidi.
Non lo accetto. Un ragazzo poco più grande di me, che non sa ancora nulla della vita, ma che qualche idiota ha messo al comando di questa fazione, non può decidere di sbattermi fuori solo perché gli ho detto in faccia quello che penso di lui.
Lo fisso dritto negli occhi, voglio fargli capire che può anche ridurmi ad un ammasso di carne sanguinante, ma io non intendo dargli la soddisfazione di vedermi cedere e implorare.
Non voglio farlo sentire potente.
Resto immobile a fissarlo. Lui mi afferra per un braccio e mi tira in piedi.
Siamo l'uno davanti all'altra e nessuno dei due intende cedere.
Eric mi colpisce di nuovo, ma questa volta non cado, faccio solo qualche passo indietro per non perdere l'equilibrio.
«Forza, colpisci. Riducimi come Christina!» allargo le braccia e poi aggiungo: «Lo terrai per te o andrai in giro a vantartene?»
Eric si scaglia contro di me ed entrambi finiamo a terra rotolando fino al bordo dell'arena. Lui mi blocca le braccia sopra la testa con una mano e alza l'altra stringendola a pugno.
Mi preparo al colpo che, ne sono sicura, mi farà perdere i sensi.
Non m'importa, può farmi tutto quello che gli pare, me lo merito. Non per quello che gli ho detto, ma per sentirmi ancora così tanto attratta da lui.
Ripenso a Neem, a quanto era dolce e premuroso e a quanto non me ne importasse nulla. Ero quasi infastidita dalle sue attenzioni romantiche, mentre adesso vorrei che fosse Eric a trattarmi in quel modo.
Mi mordo l'interno della guancia per non scoppiare a piangere e cerco di mantenere il mio sguardo freddo, ma è impossibile riuscire a nascondere tutta l'amarezza che provo in questo momento.
Vedo il pugno di Eric abbassarsi velocemente verso il mio viso, chiudo gli occhi come se così facendo, il male delle mie ossa che si rompono diventasse più sopportabile.
Sento le nocche di Eric sfiorarmi la pelle e fermarsi. Apro gli occhi. La sua mano è così vicina alla mia guancia che i peli delle sue dita la solleticano.
Eric mi osserva. Il suo sguardo non è più furioso ma sembra frustrato, o meglio, deluso.
Dovrei essere contenta, ho vinto io, gli ho negato ciò che voleva, ma questa vittoria non mi appaga quanto speravo. Lui resta sempre un mostro e io sono sempre attratta da lui. Forse qualcosa non funziona come dovrebbe nella mia testa se continuo a sperare che, nel profondo, Eric non sia così malvagio come sembra.
«Impara a ingoiare il tuo veleno o la prossima volta ti porteranno via in un sacco nero. Non tollero la mancanza di rispetto.»
Eric si alza e finisce di sfogare la sua rabbia sul sacco da pugilato, facendo ondeggiare i cavi metallici che lo tengono appeso al soffitto e ancorato al pavimento.
«Pensare quello che ti ho detto e fingere di idolatrarti sarebbe una mancanza di rispetto... e anche viltà» puntualizzo, dimenticandomi, per l'ennesima volta, di collegare la bocca al cervello.
«Darmi del deviato non è coraggio, è stupidità.»
«Tu non sei esattamente un santo...» sottolineo.
La mia totale incapacità a mentirgli mi spiazza. Nella mia mente ci sono centinaia di lusinghe, ma quando apro bocca escono frasi che dovrebbero restare nella mia testa.
Eric mi piace, ormai mi sono rassegnata a questa follia, ma non posso permettermi di essere sincera con un ragazzo come lui.
«Eric, tu sei un capofazione, il mio punto di riferimento, l'unico di cui posso davvero fidarmi qui dentro. Il mio modo per dimostrartelo è essere sincera, ovviamente quando nessuno oltre a te può sentirmi» ci riprovo, ma questa volta esagero con le lusinghe.
«Non sei curioso di sapere quello che pensiamo di te?»
«Non m'importa quello che pensate, dovete solo ubbidire agli ordini.»
«Quindi, se scoppiasse una guerra e tu dovessi scegliere di chi fidarti, in che modo lo faresti? Come saresti sicuro di circondarti di persone che non ti tradirebbero mai?» domando.
«Smettila di chiacchierare e continua ad allenarti o non resterai abbastanza negli Intrepidi per scoprirlo» dice, chiudendo la discussione.
Seguo il suo consiglio. Mi alzo e riprendo il mio allenamento mentre penso che se non mi ha colpita forse, dentro di lui, c'è davvero un Eric che nessuno conosce. Stupidamente si riaccende in me la speranza che un giorno riuscirò a conoscerlo.
Concentro la mia rabbia sul Mollychino.
Le sue stupide regole, il corpo di Will inerte ai piedi di Al, Christina appesa alla passerella e... Molly, sì anche lei, la ragazza perfetta per Eric.
Colpisco il Mollychino così forte che il dolore alla mano mi fa vedere le stelle, ma con mia grande sorpresa lo vedo dondolare.
«Stai imparando a tirare pugni o hai stretto un'alleanza segreta con il Mollychino?» domanda, cercando di ostentare freddezza e disinteressamento come suo solito, ma non ci riesce bene come spera. L'ho visto mordersi l'interno del labbro inferiore per trattenere un sorriso.
«Nessuna alleanza segreta. Non hai notato come sono vestiti?» indico l'intera fila e poi aggiungo: «Arancione, uno dei colori dei Pacifici.»
«Parli tanto di lealtà ma poi invadi la mia fazione con un esercito di Mollychini Pacifici» scherza.
«E nessuno di voi se n'è accorto» rispondo stando al gioco.
Eric mi fa paura quando scherza perché non è una cosa che mi aspetterei da lui, soprattutto dopo quello che è appena successo tra di noi.
«Cosa intendete fare tu e il tuo assurdo esercito di dissidenti?»
«Cadervi addosso durante gli allenamenti?»
«Non è un gran piano» guarda il mio naso «però con te ha funzionato.»
«Molto divertente. Davvero carino da parte tua mettere il dito nella piaga» dico sorridendo.
Eric smette di colpire il Mollychino e si avvicina a me.
«Quando combatti, o fingi di combattere, non te la cavi tanto male. Ma se non avessi deciso di metterti con la Rigida, invece che con Molly, saresti finita al tappeto senza riuscire a colpirla neanche una volta.»
Quindi è stato lui a decidere le coppie. Perché ha deciso di farmela passare liscia e mi ha messo contro la più debole di tutti? Io non capisco. Sono stata sgarbata, ma lui ha fatto l'esatto contrario di quello che mi aspettavo.
«Dovremo lavorare parecchio e molto duramente per riuscire a farti avere qualche possibilità di superare la prima fase.»
«Dovremo?» domando sgranando gli occhi.
«Domani mattina ti voglio qui alle cinque»
«Stai cercando di scoprire se muoio prima di sonno o di fame?»
«Domani. Qui. Cinque in punto. Se mi fai venire per niente, il tuo prossimo combattimento sarà contro Peter e senza Quattro a fare da balia» dice mentre si incammina verso la porta.
Io non capisco. Lui vuole allenare me. Perché? Non è il tipo da perdere tempo con chi ha scarse probabilità di superare l'iniziazione e, in più, tutte le volte che apro bocca ne esce solo veleno.
Sono l'esatto contrario di ciò che lo può attrarre, non sono né forte né crudele, gli manco di rispetto in continuazione e faccio di tutto per non dargli quello che vuole da tutti. Eric desidera che il suo rango nella gerarchia degli Intrepidi venga riconosciuto, lui è il potente capofazione e tutti noi dovremmo chinare il capo al suo passaggio.
Questo è quello che fanno tutti, non perché riconoscono il suo potere o perché lo stimano, ma perché non vogliono problemi o non lo sopportano.

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