CAPITOLO 11 (Prima Parte)

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Il mattino successivo non sento la sveglia, né lo strascicare di piedi, né le conversazioni tra gli altri iniziati mentre si preparano.
Mi sveglio perché Al mi scuote la spalla con una mano e con l'altra mi passa sotto il naso un muffin al cioccolato.
Indossa un giubbino nero con la cerniera chiusa fino alla gola ed io cerco di capirne il motivo.
Ho avuto incubi tutta la notte. Eric che mi prendeva in giro per la mia inesperienza. Eric che alla fine riusciva ad ottenere quello che voleva e, con un sorriso malvagio, mi diceva che ero la Divergente più sessualmente incapace che si era fatto. Dulcis in fundo, si alzava e andava via abbracciato a Molly. Vorrei buttarmi sotto un treno. Il treno!
Ecco perché tutti indossano il giubbino!
Ieri pomeriggio, Eric ci ha detto che avremmo fatto un'escursione di gruppo fino alla recinzione per conoscere i mestieri degli Intrepidi.
Mi metto seduta sul letto e una fitta alla schiena mi toglie il respiro. Non pensavo che la botta fosse stata così forte, ma fatico a muovere agevolmente braccia e gambe e sono costretta a vestirmi quasi lentamente come Tris che sembra essere scivolata sulla tavolozza di un pittore visto quante sfumature di blu e viola ha sulla pelle.
Christina mi lancia un'occhiata e mi fa cenno di prendere la giacca di Tris mentre lei si china ad allacciarle le scarpe.
Insieme ci dirigiamo in fretta verso il Pozzo anche se con me e Tris, la povera Christina è costretta a fermarsi ogni sei passi per aspettarci e ricordarci che siamo in ritardo.
Saliamo i gradini che dal Pozzo portano al palazzo di vetro soprastante e corriamo verso l'uscita.
A ogni passo sento una scarica di dolore alla schiena che scende avvolgendomi le gambe. Correre è una tortura ma io non posso fermarmi. Vorrei che fosse il mio spirito da Intrepida a parlare, ma è solo la voglia di uscire da questo posto e vedere di nuovo il cielo. Ho bisogno di una piccola pausa da questo luogo e da quello che è successo al suo interno.
Riusciamo a raggiungere i binari proprio mentre arriva il treno.
Quattro è in testa al gruppo, così vicino ai binari che se avanzasse anche solo di un centimetro, il treno gli porterebbe via il naso. Fa un passo indietro per lasciare salire prima gli altri.
Uno ad uno, con qualche difficoltà, tutti salgono sul vagone, solo le due zoppe restano indietro: io e Tris.
Corro dietro di lei e vedo Al aiutarla a salire e poi sporgersi di nuovo e tendermi la mano.
Il dolore alla schiena è insopportabile ma cerco di ignorarlo. Stringo i denti e mi aggrappo alla maniglia. Il dolore mi annebbia la vista. Al mi prende da sotto le ascelle e senza sforzo mi tira dentro.
Lo ringrazio con un sorriso e mi siedo contro la parete del vagone. Lascio che l'aria fresca del mattino, che entra dal portellone aperto, mi accarezzi il viso sperando che porti via con sé gli incubi di questa notte che non vogliono smettere di tormentarmi.
Quattro guarda fuori dal portellone aperto. Si tiene alle maniglie su entrambi i lati, le braccia completamente spalancate, e si sta sporgendo così tanto che ha il corpo quasi tutto fuori dalla carrozza, anche se i piedi sono ben piantati all'interno. Il vento gli schiaccia la camicia contro il petto.
Deve essere una bella sensazione, come essere a metà tra due mondi, sul confine tra schiavitù e libertà.
«Secondo te, che cosa c'è là fuori?» chiede Tris a Christina, indicando con la testa il portellone aperto. «Oltre la recinzione, intendo.»
Lei scrolla le spalle. «Le fattorie, immagino.»
«Sì, ma voglio dire... oltre le fattorie. Da cosa difendiamo la città noi?»
Lei le agita un dito davanti al viso. «Dai mostri!»
«Orchi, mostri a sei teste e coccinelle mannare» intervengo.
Scoppiamo a ridere e per un attimo il mio tormento interiore si placa.
I freni stridono e il treno rallenta di colpo, scaraventando tutti in avanti.
Gli edifici diroccati sono finiti, sostituiti da campi gialli e binari ferroviari. Il treno si ferma sotto un tendone. Scendo, tenendomi alla maniglia per non cadere.
Davanti a me c'è una recinzione di rete metallica sormontata da filo spinato. Mi avvicino, camminando sull'erba. La rete continua a perdita d'occhio, perpendicolare all'orizzonte. Oltre la recinzione c'è un gruppo di alberi, la maggior parte morti, alcuni verdi, e lungo la rete c'è un gran movimento di Intrepidi armati di fucili.
«Seguitemi» ci ordina Quattro.
Si dirige verso il cancello, largo quanto una casa, che blocca la strada sconquassata che porta in città. Conosco bene questa strada, la facevo tutte le mattine per andare a scuola.
Sento una stretta al cuore.
«Se alla fine dell'iniziazione non vi sarete classificati tra i primi cinque, probabilmente finirete qui» dice Quattro quando raggiunge il cancello. «Nel corpo delle guardie di recinzione c'è qualche possibilità di fare carriera, ma non molte. Potreste riuscire a entrare nelle pattuglie dislocate oltre le fattorie dei Pacifici, ma...»
«E che cosa pattugliano?» chiede Will.
Quattro alza una spalla. «Presumo che lo scoprirai se ci lavorerai. Stavo dicendo, chi comincia come guardia di recinzione molto probabilmente continuerà a fare la guardia di recinzione. Se vi può consolare, alcuni di loro affermano che non è poi così male come sembra.»
«Sì. Almeno non dovremo guidare un autobus o raccogliere i rifiuti degli altri, come gli Esclusi» sento Christina sussurrare a Tris.
«Tu come ti sei piazzato in classifica?» chiede Peter a Quattro.
Non mi aspetto che Quattro risponda, ma lui guarda Peter fisso e dice: «Primo».
«E hai scelto di fare questo? Perché non hai scelto un lavoro al governo?» domanda Peter.
«Perché non lo volevo» risponde freddamente Quattro.
A scuola abbiamo studiato gli impieghi delle varie fazioni. Gli Intrepidi hanno opzioni limitate. Possono sorvegliare la recinzione o provvedere alla sicurezza interna della città. Oppure possono lavorare nel complesso residenziale degli Intrepidi, facendo tatuaggi, costruendo armi o perfino combattendo tra di loro negli spettacoli pubblici.
Altrimenti possono lavorare per i capifazione. Questa è l'opzione che preferirei se Eric non si fosse insinuato nei miei pensieri in modo così profondo da farmi quasi pensare che sia sempre stato dentro di me.
Se le cose andassero male dovrei vederlo tutti i giorni e, soprattutto all'inizio, sarà un supplizio. Se invece andassero bene? Sicuramente tutti diranno che ho ottenuto quei risultati solo grazie a lui e la cosa non mi piace, agli occhi della fazione non avrei meriti, solo una relazione con un capofazione.
In ogni caso non arriverò mai ad avere un buon incarico, non con i miei punteggi. Eric è stato chiaro, ho scarse possibilità e sarà una fortuna se non finirò tra gli Esclusi già alla fine del primo modulo.
Le cose si complicano ulteriormente dopo quello che è successo tra di noi ieri sera. Non so cosa devo aspettarmi. Sarà tutto come prima o nasceranno dei problemi?
Cerco di scacciare via il pensiero che lui ha usato la scusa dell'addestramento per fare sesso e, ora che l'ho rifiutato, potrebbe aver perso ogni interesse nei miei confronti.
Non mi spaventa finire il modulo con le mie forze, sento di potercela fare, è l'essere ignorata da lui che mi fa star male. Io non so come ho fatto ad arrivare a questo punto, non so quando lui è diventato così importante. Non so neanche cosa ci trovo in lui. Razionalmente so che non lo conosco abbastanza per innamorarmi, ma questo non è sufficiente per convincermi che quello che provo non è solo un banale desiderio di stare insieme a qualcuno. L'ho già provato con Neem ed è tutto diverso, Eric mi attrae in un modo che non so spiegarmi, desidero da lui cose che non ho mai cercato in nessuno.
Essere innamorati fa paura.

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