Quattro mi accompagna fuori da quella camera delle torture e, a pochi metri dalla porta, c'è Eric appoggiato contro la parete. Il suo sguardo è freddo e questo non aiuta le mie mani a smettere di tremare. Anche se non sono più nella simulazione, la paura e l'angoscia di quello che ho vissuto non sembrano volermi abbandonare.
Sento Quattro chiudere la porta alle mie spalle e le labbra di Eric si distendono in un sorriso che mi dà la sensazione di sicurezza e calore che ho provato alla fine della simulazione, quando ho sentito i raggi del sole accarezzarmi la pelle.
Mi butto tra le sue braccia e affondo il viso nel suo petto.
«Com'è andata?» domanda sollevandomi il mento con le dita.
«Non ho né pianto, né urlato. Boccheggiavo.»
«Paura di affogare?»
«In un pozzo» rispondo sentendomi un'idiota. Nei pozzi non si affoga, si muore per traumi oppure di fame e di freddo. «Quattro mi ha detto che sei stato bravo. Che trucco hai usato?»
Dovrebbero rivedere il test attitudinale, perché credo di avere ben poco degli Eruditi. Loro non avrebbero fatto una domanda così diretta, come farebbe un Candido, ma ci avrebbero girato intorno un po' e alla fine avrebbero ottenuto la risposta in modo spontaneo, senza neanche porre la domanda. Sono sicura che Eric è un asso in queste cose.
«Non ho usato nessun trucco» risponde orgoglioso.
Credo che fingere sia un'altra dote degli Eruditi e anche in questo lui sembra essere molto bravo.
«Non vorrai farmi credere che ti sei davvero svegliato rilassato dopo la tua prima simulazione?»
«Autocontrollo» si limita a rispondere.
Non gli credo, è impossibile mantenere la calma con quel siero in corpo.
«Quattro ha detto che eri calmo e hai anche sorriso» gli faccio notare.
«Ero scosso ma non lo davo a vedere» dice Eric quasi infastidito.
Nella mia mente lampeggia la parola Divergente, ma la mia bocca non riesce a pronunciarla. Ho paura. Non dovrei neanche sapere cos'è un Divergente e come si comporta. Lui lo troverebbe sospetto, ma lo è anche la sua reazione alla simulazione.
In ogni caso non lo confesserebbe mai, neanche se fosse la verità, cosa della quale inizio a dubitare. Tori mi ha detto che lui è pericoloso per i Divergenti, che li uccide. Perché qualcuno dovrebbe uccidere i suoi simili? Sarebbe più logico che li difendesse. In ogni caso non ci sono prove e George è morto prima dell'arrivo di Eric negli Intrepidi.
«Cos'hai fatto nella simulazione?» domanda fingendosi meno curioso di quello che è in realtà.
«Ho nuotato» rispondo titubante.
Non è normale nuotare in un pozzo, non c'è spazio e la prima cosa che viene in mente, dopo aver pianto e gridato a squarciagola, è arrampicarsi, o almeno provarci. Di solito si fallisce e, se nessuno arriva a salvarti, si muore di stenti e di freddo.
Nella mia allucinazione il pozzo si stringeva e l'acqua saliva, sarebbe stato logico aspettare un'altra scossa che probabilmente avrebbe fatto stringere ancora di più il pozzo rendendo più facile arrampicarsi. Non sarebbe stata una scalata facile ma avrei potuto farcela.
Nuotare credo equivalga alla scelta che non ho fatto durante il test attitudinale, un'anomalia pericolosa, quindi una cosa da Divergente. Intuire l'andamento della visione ed elaborare un piano sarebbe stata la cosa più logica da fare. Non ha importanza, non posso mentirgli, la mia simulazione verrà guardata dai capifazione e la mia bugia avrebbe le gambe molto corte. Eric è l'unica persona che potrebbe salvarmi e indispettirlo mentendo non è una buona scelta.
«Come ti è venuto in mente di nuotare in un pozzo?» chiede, osservandomi come se avessi parlato al contrario.
Appunto. Se gli dico che dal nulla è apparso un pesce che neanche esiste, capirà che cosa sono. Non ho avuto il tempo di prepararmi una buona scusa e non sono nelle condizioni di inventarmi qualcosa di credibile. La mia mente sembra divisa tra la realtà e l'allucinazione. So di essere al sicuro in un corridoio ma la mia mente è ancora allerta, pensa che da un momento all'altro arriverà l'acqua e mi spazzerà via.
«L'acqua saliva e io mi sono ritrovata sommersa. Mi sono fatta prendere dal panico, l'acqua era torbida e il pozzo buio, non avevo punti di riferimento e così ho nuotato» rispondo fingendomi più agitata di quanto sono in realtà. Il panico è l'unico modo per guadagnare tempo.
«Quindi il livello dell'acqua è aumentato fino a raggiungere la superficie?» dice come se fosse più un suggerimento che una domanda.
«No, non sono stata così fortunata» rispondo sospirando. «Ho nuotato per un po' e quando l'acqua è diventata meno torbida mi sono ritrovata sul fondo di un lago.»
Eric mi guarda perplesso.
«Non ti è mai capitato di fare sogni strani? Di quelli dove un attimo sei in un posto e quello dopo sei da tutt'altra parte?»
«Associazione?» domanda.
«Esatto. Adesso applicalo a un siero che fa scatenare le paure» rispondo quasi sentendomi salva.
«Ha una sua logica» mormora massaggiandosi il mento. «E dimmi...»
«No. Basta! Perché mi torturi in questo modo? Poco fa stavo affogando, ero in preda al panico e tu adesso mi costringi a rivivere tutto. Perché mi fai questo?» esclamo coprendomi gli occhi con le mani. Non sono così terrorizzata da piangere ma devo farglielo credere, è l'unico modo per farlo smettere con il suo interrogatorio.
«Pensavo avessi bisogno di raccontare quello che hai vissuto. Parlarne aiuta ad allontanare la paura, dovrebbe farti sentire meglio e non mandarti fuori di testa.»
«Un po' mi aiuta» ammetto. «Ma non è il momento. Ho bisogno di starmene un po' tranquilla in un angolo a tremare.»
«Come vuoi. Ti porto a casa e ti leggo un altro pezzo di lettera della tua amica. Questo ti calmerebbe?» domanda con un tono paterno che proprio non si addice al capofazione famoso per la sua freddezza.
«Passiamo ancora dal tetto o hai trovato un modo per arrivarci dalle fognature?»
«Io pensavo di passare da corridoi e scale interne, ma se preferisci trovo il modo di passare per le fognature» si lascia scappare un sorriso e poi aggiunge: «Tu magari riesci a passarci agevolmente ma io farò parecchia fatica».Camminiamo l'uno a fianco all'altra ed io mi domando se, appena arrivati al Pozzo, dovrò ricominciare a tenere una distanza di sicurezza. È mattina e di solito il Pozzo è deserto ma con Eric non si sa mai.
«Hai visto che non sei morta? Non sei stata brava come me, ma sei la prima iniziata che vedo così calma» dice come se niente fosse, ma so che non è così. Sta fingendo.
La scritta Divergente è tornata a lampeggiare sulla mia testa e, per la prima volta, sento di essere davvero in pericolo.
«Ho pensato a te» confesso. «Quando sono finita sott'acqua ho immaginato che tu fossi lì accanto a me e ho ripreso il controllo.»
«È uno strano modo di superare una paura.»
«Non stavo pensando a come superare la paura. Credevo di morire e volevo che fossi tu il mio ultimo pensiero» faccio scivolare la mia mano nella sua e, con un filo di voce, aggiungo: «L'ho fatto anche l'altra sera, quando ho capito che non sarei sfuggita a Peter».
Eric si ferma e mi stringe a sé. Non dice una parola ma non m'importa, non ho bisogno di sviolinate, non da lui. So che non è un tipo sdolcinato, è l'esatto opposto di sdolcinato, per questo il suo abbraccio mi basta. Non è accontentarsi, ma comprendere il suo modo di dimostrare affetto.
«Dovresti imparare a contare solo sulle tue forze» sussurra.
Ha i suoi limiti, dico tra me e me, ma la cosa non mi aiuta. Quello che ha detto suona come un imminente due di picche.
«Però sapere che pensi a me...beh...mi piace» aggiunge con un filo di voce, dopodiché riprende a camminare. Se questi sono i suoi limiti, non mi dispiacciono affatto, anche io non sono una persona sdolcinata.Quando arriviamo al Pozzo lui mi prende per un braccio, non come farebbe con la sua ragazza, ma come se dovesse aiutarmi a camminare perché io non ne sono in grado. Capisco quale scusa ha scelto: sto riportando al dormitorio un'iniziata alla sua prima simulazione perché Quattro fa il lavativo.
Inizio davvero a pensare che le cose non cambieranno mai.
Adesso sono un'iniziata, dopo sarò un nuovo membro. Arriverà mai il momento in cui sarò la sua normale ragazza Intrepida?
Passiamo accanto a un capannello di Intrepidi che mi guardano e ridacchiano. Eric sembra soddisfatto, il suo piano ha funzionato: il capofazione che sovrintende all'addestramento riporta al dormitorio un'iniziata incapace.
«Questa me la paghi» mormoro appena superato il gruppo di Intrepidi.
Lui non risponde, si limita a ridacchiare.
«Eric!» esclama una voce alle nostre spalle.
A pochi passi da noi c'è Max, il capofazione che ci ha dato il benvenuto sul tetto, l'uomo che probabilmente ha scelto Eric al posto di Quattro per l'incarico di capofazione.
Eric lascia andare il mio braccio e si avvicina a lui. Non riesco a sentire quello che si dicono, ma di sicuro non stanno parlando di me, o meglio, non ancora. C'erano ancora molti iniziati in attesa di fare la simulazione e quindi Quattro non ha consegnato le registrazioni.
Vedo Eric fare cenno a Max di aspettare e, con passo veloce, mi raggiunge.
«Ho una cosa da fare» dice, mantenendo la voce bassa e lanciando veloci occhiate a Max. «La strada la conosci. Cerca di non farti vedere.»
Restando tra me e Max mi dà un mazzo di chiavi e, prima di voltarsi e andarsene, aggiunge: «Secondo cassetto della scrivania sotto la vaschetta portaoggetti».
Lo guardo andare via con Max mentre stringo le chiavi nella mia mano e cerco di capire la sua ultima frase. Se voleva distrarmi con una specie di caccia al tesoro, ci è riuscito molto bene, peccato che durerà il tempo che ci metterò ad arrivare nel suo appartamento e frugare nella sua scrivania.
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D I V E R G E N T E
Science FictionDopo la firma della Grande Pace, Chicago è suddivisa in cinque fazioni consacrate ognuna a un valore: la sapienza per gli Eruditi, il coraggio per gli Intrepidi, l'amicizia per i Pacifici, l'altruismo per gli Abneganti e l'onestà per i Candidi. The...