CAPITOLO 11 (Terza Parte)

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Il viaggio di ritorno è stato agrodolce. L'inaspettato incontro con Althea mi ha rasserenata e riportata indietro alla mia "altra vita", quella che ho vissuto per sedici anni.
Seduta sul pavimento del vagone, ho ripensato a com'era la mia vita solo pochi giorni fa e, per la prima volta dopo la Cerimonia della Scelta, ho rimpianto di non essere rimasta nei Pacifici, al sicuro tra la gente con cui sono cresciuta e dove tutto sarebbe stato più facile.
Una vita semplice e tranquilla ma noiosa. Forse è la noia il prezzo da pagare per la serenità ed io ho sbagliato a scappare e a tuffarmi nell'ignoto per provare il brivido che solo la novità è in grado di dare.
Ho inseguito la libertà scegliendo gli Intrepidi e se invece la libertà nascesse da dentro di noi indipendentemente da dove siamo?
Forse è qualcosa che ha a che fare con il mio essere una Divergente. Magari è insito in noi questo desiderio e tutte le fazioni ci andrebbero strette. In fondo io ho attitudini verso tutte le fazioni e quindi potrei vivere bene in ognuna di esse o... in tutte.
Vivere solo in una potrebbe essere una limitazione alle potenzialità di un Divergente e forse è per questo che sento sempre il desiderio di volere di più, di non accontentarmi, ma cercare di spostare sempre più avanti i miei limiti.
«Non credo che sia stato un sacco da pugilato a farti quel livido.»
Tris si siede sul letto accanto a me e mi osserva con sguardo severo.
So che dovrei tenere per me tutto quello che faccio con Eric fuori dagli orari dell'addestramento, ma qualcosa dentro di me mi spinge a fidarmi di Tris. La conosco appena ma sento che c'è qualcosa che ci unisce, non riesco a capire cosa sia, è come se fossimo legate da un filo invisibile.
Mi guardo intorno e mi avvicino di più a lei.
«Eric ed io abbiamo simulato un combattimento.»

«Simulato? Questa mattina quasi non riuscivi a camminare!»
«Non è niente, ho solo battuto accidentalmente la schiena.»
«E la tua faccia ha sbattuto accidentalmente contro la sua mano?» domanda con un filo di voce carico di rabbia.

«No. Non la sua mano, la sua tibia.»
Tris sgrana gli occhi.
«Non avete combattuto, lui ti ha picchiata, non è così?»

«No. Tris, è stato un combattimento, solo quello, non voleva farmi del male, solo capire il mio livello di allenamento.»
«Perché lo difendi?» incalza.
«Non lo sto difendendo, ti sto solo dicendo come sono andate le cose.»

Lei mi guarda fisso negli occhi, vuole farmi cedere e confessare, ma spreca il suo tempo, non le sto nascondendo niente. Almeno per quanto riguarda le ferite fisiche, per quelle emotive, le sto nascondendo tutto e ho paura che lei lo abbia intuito.

«Per questo adesso sei qui con noi e non in palestra?»

Centro. Inutile andare avanti a mentire, sa già troppe cose ed è una che non molla.

«Ci ha provato» dico senza girare troppo intorno al discorso.

«Ti ha picchiata perché lo hai rifiutato!» esclama Tris indignata.

Le faccio cenno di abbassare la voce.

«No, è successo dopo il combattimento ed io non l'ho rifiutato subito, solo quando la situazione stava diventando troppo...ehm... spinta» confesso arrossendo, faccio un profondo respiro e riprendo a parlare: «Io non sono mai andata fino in fondo con un ragazzo e non voglio concedermi al primo che passa e lui...»

«Lui cosa?»
«Niente, lascia perdere, non ha importanza, i lividi me li ha fatti prima» cerco di tagliare corto, ma lei non me lo permette.
«Cosa ti ha fatto quel bastardo?»

La sua voce carica di rabbia e le parole che ha usato mi sconvolgono. Non si adattano per niente all'immagine che mi ero fatta di Tris, la piccola Abnegante.
«Mi ha dato della verginella e io ho perso il controllo. L'ho spinto via con un calcio e me ne sono andata» evito di raccontarle anche che mi ha definita una Rigida. Tris è già fin troppo arrabbiata.
«Adesso non so cosa fare. Non ho il coraggio di andare in palestra, non perché ho paura di affrontarlo ma perché temo di non trovarlo ad aspettarmi.»

D I V E R G E N T EDove le storie prendono vita. Scoprilo ora