«Piccola istrice...»
Una voce maschile e una mano che mi massaggia la spalla mi svegliano da un sogno strano ma bellissimo. Non so dove fossi ma c'era un lago immenso ed era talmente limpido che si vedevano i pesci nuotare. Erano pesci stranissimi, con colori talmente vivaci da non sembrare veri. Lo sciabordio delle onde era piacevole da ascoltare, quasi ipnotico.
Voglio tornare nel sogno, i campi aspetteranno.
«Papà... lasciami dormire ancora un pochino...» mormoro con la voce impastata dal sonno.
«Papà?!» esclama la voce maschile.
Ormai lontana da quel meraviglioso sogno, la mia mente comincia a snebbiarsi ed io ricordo che ora sono un'Intrepida e che quella non era la voce di mio padre.
Apro gli occhi di colpo e vedo Eric seduto accanto a me che ride di gusto.
Un'altra bella figura.
«Mio padre mi chiama così, come facevi a saperlo?» domando stiracchiandomi.
«Giornata delle visite» si limita a dire.
Fantastico, Eric ha il passo felpato di un gatto e l'udito fine come quello della tarma della cera, sarei curiosa di conoscere quali altre assurde doti ha, se solo non si manifestassero quando dico o faccio qualcosa di stupido.
«Tra tutti i soprannomi che mi ha dato quello è il suo preferito. Lui dice che siamo identici, coperti di spine che ci proteggono quando ci sentiamo in pericolo, ma nel profondo siamo creature fragili e graziose» dico con una punta di orgoglio.
«È vero, ti descrive alla perfezione. Almeno per quanto riguarda gli aculei, l'altra parte è appena percettibile.»
«Non è che hai fatto molto per farmi abbassare gli aculei. Sembravi più interessato a farmi spostare la coda di lato» mi lamento.
«Dovrai rinfacciarmi ancora per molto quello che è accaduto in palestra? Non è colpa mia, sembravi più smaliziata la prima volta che ti ho vista» sbuffa.
«Smaliziata?!» esclamo indignata. «Per tua informazione, adesso sto agitando la mia coda munita di aculei a sonaglio.»
«Ok, non mi caricare. Non ho uva ma del caffè, va bene lo stesso?» domanda ridacchiando.
Gli Eruditi sanno proprio tutto, anche se conoscere i gusti dell'istrice non so che utilità possa avere per il benessere delle fazioni.
Eric mi dà una tazza di caffè fumante e poi sparisce dietro la fila di armadietti.
Chissà se anche lui trova di cattivo gusto l'arredamento degli Intrepidi. Probabilmente la casa in cui viveva prima, oltre ad essere divisa in stanze, aveva anche mobili veri e non ferraglia riciclata.
Il letto su cui sono sdraiata è una semplice rete metallica con sopra un materasso e sia le librerie che i due comodini sono scaffali di metallo che probabilmente un tempo erano in qualche polveroso magazzino. Non ho mai visto la casa di un Erudito ma la immagino piena di mobili in legno, o al massimo in fòrmica, completamente bianchi, asettici come i loro laboratori. È un luogo comune, ma in fondo è vero che le abitazioni rispecchiano un po' la fazione, ad esempio, le case dei Pacifici sono in legno grezzo, dalle pareti e i pavimenti fino ai mobili.
Eric ricompare dalla fila di armadietti con in mano una busta di plastica dalla quale tira fuori degli abiti neri.
«Li ho presi a caso dal tuo baule. Non so se sono i tuoi preferiti ma vedi di farteli piacere perché ho dovuto aspettare che si svuotasse il dormitorio.»
Il pensiero che lui sia andato al dormitorio per prendermi dei vestiti mi manda in brodo di giuggiole, ma torno in me appena mi accorgo che oltre ai vestiti ha preso anche la biancheria intima. È imbarazzante. Non solo perché ha frugato in qualcosa di molto personale, ma anche perché ha preso quella che di solito uso durante gli allenamenti in palestra. È molto comoda ma è orribile e fa parte di quelle cose che non mostrerei mai a un ragazzo.
«A caso? Sicuro di non aver scelto l'intimo più brutto di proposito?»
«Perché? Cos'ha di male? Sembra comodo» risponde candidamente.
Dal suo sguardo capisco che non l'ha fatto apposta. Probabilmente non dà molto peso all'intimo a differenza di me. La cosa assurda è che noi ragazze ci mettiamo cose carine ma scomode solo per loro sperando che lo notino ma, a quanto pare, è tutta fatica sprecata.
«Eric, sarà anche comoda ma è inguardabile!»
«Sta sotto i vestiti, nessuno la vede» piega la testa di lato e stringe gli occhi. «La trovo appropriata per una simulazione da sola con il Rigido.»
«Non me ne frega niente di Quattro, sei tu quello che non doveva vederla!»
Lui mi guarda confuso ed io mi pento di aver speso i miei pochi punti moneta per il vestito che ho indossato ieri sera. Probabilmente Eric non l'ha neanche notato, i suoi sguardi non erano per il vestito ma per quello che lasciava scoperto. Aveva ragione Johanna: tutti i ragazzi sono uguali, inutile sperare.
«Un momento. Sola con Quattro? Mi lascerai da sola?» domando preoccupata.
Aveva promesso di aiutarmi e invece mi lascia sola proprio il primo giorno, quando ho più bisogno di lui.
«Sei diventata paonazza perché ho frugato nella tua biancheria, vuoi davvero che io sia con te quando ti risveglierai urlando e piangendo?» domanda guardandomi dritta negli occhi. «Oltre ad essere molto orgogliosa, tu hai paura di perdere il controllo, ma capiterà ed essere lì in quel momento ti farebbe sentire peggio.»
Ha ragione. Sapere che lui è accanto a me mi aiuterebbe ma non ho pensato a quali saranno le mie condizioni quando la simulazione sarà terminata. Affronterò le mie paure e non sarà un dolce risveglio. Lui vedrebbe le mie paure e poi vedrebbe me nel panico più totale. Lui è un Intrepido, non ha paura di nulla, le mie paure gli sembreranno infantili e la mia reazione esagerata. Sarei la Pacifica fifona e non la temeraria Intrepida che sogno di essere.
«Adesso ti spiego meglio cosa dovrai affrontare oggi» dice con voce calma.
Si alza e si volta in modo da lasciarmi un po' di privacy mentre indosso l'imbarazzante intimo e la divisa degli iniziati.
«Qui utilizziamo una versione più avanzata della simulazione» mi spiega. «Un siero diverso e niente fili né elettrodi per te, solo l'operatore li avrà, in modo da vedere cosa sta succedendo. Nel siero c'è un minuscolo trasmettitore che invia i dati al computer.»
«Quindi potrà vedere tutto quello che c'è nella mia testa?» lo interrompo.
«No. Solo la paura che stai affrontando» risponde sorridendo come se stesse parlando a una bambina di tre anni. «Oltre a contenere il trasmettitore, il siero stimola l'amigdala, che è la parte del cervello responsabile della gestione delle emozioni negative, come la paura, e quindi induce un'allucinazione. L'attività elettrica del cervello viene trasmessa al nostro computer, che traduce la tua allucinazione in un'immagine simulata che l'operatore può vedere e registrare. Una volta finito invierà la registrazione a noi capifazione che la esamineremo.»
Questa non è affatto una buona notizia. Non saranno solo Quattro ed Eric a vedere la mia simulazione, ma anche gli altri capifazione. Se faccio qualcosa di sbagliato, come è capitato al fratello di Tori, farò la sua stessa fine. Tutto sarà registrato ed Eric, anche se volesse, non potrebbe aiutarmi in nessun modo.
George ha attirato l'attenzione perché era molto bravo e veloce a superare le simulazioni, quindi l'unica cosa che posso fare è metterci più tempo possibile.
«Nel test attitudinale, le allucinazioni, o quello che erano, svanivano dopo aver fatto una scelta, è la stessa cosa che accadrà con il vostro siero?» chiedo.
«No. L'allucinazione scompare solo quando ti calmi, cioè quando il battito cardiaco rallenta e la respirazione torna sotto controllo.»
Tiro un sospiro di sollievo, andare in panico dovrebbe venirmi facile con in corpo un siero in grado di scatenare le mie paure.
Parte del problema è risolto ma resta comunque un aspetto che non sono in grado di gestire: le paure che appariranno nella registrazione.
Il mio più grande timore è che qualcuno scopra che sono una Divergente e se si presentasse questa paura sarei spacciata. Tutti vedrebbero ciò che sono ed io finirei come il fratello di Tori. Dubito che Eric possa fare qualcosa per convincere gli altri capifazione a non farmi fuori.
Mi immagino in una di quelle simulazioni. Sono nella saletta del test attitudinale ma al posto di Tori ci sono tutti i capifazione degli Intrepidi. Gli specchi della sala si trasformano in enormi monitor sui quali scorrono le immagini del mio test attitudinale. Io sono sveglia, mi hanno legata alla poltrona e costretta ad osservare ciò che ho fatto quel giorno e mi stanno giudicando, come la giuria in un processo. Ad ogni mia scelta vedo i capifazione parlottare tra di loro e quando arrivo all'ultima, quella dove tiro il freno d'emergenza dell'autobus, le immagini svaniscono e al loro posto appare, a lettere alte quanto me, la parola DIVERGENTE. Tutti smettono di parlare e mi osservano con stupore. Restano immobili come statue, tutti tranne Eric. Lui si avvicina a me, estrae la pistola e, con uno sguardo glaciale, mi la punta alla testa. Un lampo, un esplosione e poi il buio eterno.
«Theia, calmati. Saranno solo allucinazioni, non corri nessun pericolo» esclama Eric prendendomi le mani.
Non mi sono resa conto di aver stretto talmente tanto i pugni da essermi ferita i palmi delle mani con le unghie.
«Come fai a dirlo, c'è gente che è morta!» mi lascio stupidamente scappare.
Eric scoppia a ridere.
«Te l'ha detto Zeke? È una cosa che i membri raccontano agli iniziati per spaventarli, lo fanno tutti gli anni. Nessuno è mai morto. Se il tuo battito cardiaco aumenterà troppo l'operatore interromperà la simulazione.»
Questo è confortante, peccato che la mia paura sia un'altra e, per fortuna, lui non l'ha intuito.
Forse dovrei confessargli che sono una Divergente, so che è un azzardo ma ho più possibilità di salvarmi se ne parlo solo a lui. Se tutti i capifazione scoprissero la verità osservando le mie simulazioni non avrei scampo.
Tori ha detto che è pericoloso, che è l'ultima persona a cui dovrei svelare il mio segreto, ma è anche l'unica che potrebbe aiutarmi. Se mi addestrasse a superare le simulazioni senza destare sospetti sarei salva, ma come faccio ad essere sicura che lui non mi ucciderà appena confesso? Se fosse solo una trappola come ha detto Tori?
«Mi sentirei più tranquilla se la prima simulazione la facessimo solo noi due, da soli» dico tenendo lo sguardo basso.
«Non ti preoccupare, la prima simulazione non viene tenuta in considerazione, è una specie di punto di partenza. Non ci aspettiamo che siate perfetti sin dall'inizio, quello che ci interessa è quanto riuscirete a migliorare» mi strizza l'occhio a aggiunge: «E per quello ci sarò io ad aiutarti.»
Vorrei che andasse come spera, ma ho una brutta sensazione. Forse è solo paranoia ma sento che questa storia non finirà bene.
«È ora. Ho detto a Quattro di farti entrare per prima» guarda l'orologio. «Ma sei già in ritardo quindi ti conviene fare in fretta.»
Annuisco con poca convinzione. Eric mi guarda e sospira. Non sembra seccato ma piuttosto preoccupato.
«Esci dalla porta sul retro, io sarò lì ad aspettarti» dice dandomi un bacio sulla fronte.
Lo abbraccio ed esco velocemente dal suo appartamento, un altro minuto con lui e avrei confessato cosa sono. Non mi sento ancora pronta a perderlo. So che al massimo guadagnerò solo qualche ora, ma almeno avrò la possibilità di rivederlo di nuovo prima di dirgli addio per sempre. Non mi faccio illusioni, la simulazione mi smaschererà.
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D I V E R G E N T E
Science FictionDopo la firma della Grande Pace, Chicago è suddivisa in cinque fazioni consacrate ognuna a un valore: la sapienza per gli Eruditi, il coraggio per gli Intrepidi, l'amicizia per i Pacifici, l'altruismo per gli Abneganti e l'onestà per i Candidi. The...