CAPITOLO 10 (Terza Parte)

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I miei compagni di iniziazione sono già tutti nel mondo dei sogni ed io li invidio. Vorrei dormire anche io e sognare qualcosa di piacevole, ma sono sicura che sognerei Eric al Pozzo insieme al suo appuntamento.
Entro nella palestra tormentandomi, pensando ad Eric avvinghiato a una prosperosa Intrepida, quando lo vedo appoggiato a una colonna.
Sento allentarsi tutta la tensione che ho accumulato dopo un giorno di pensieri ossessivi e deprimenti.
Se lui è qui vuol dire che il suo appuntamento non è andato molto bene... oppure si è già piacevolmente concluso. Mi sento di nuovo a terra.
Non deve essere stato un gran appuntamento se è durato così poco. Dimenticavo, lui è Eric, probabilmente non ha perso tempo chiacchierando davanti a una birra, niente corteggiamento, sarà andato subito al sodo.
Lo trovo squallido. Incontrarsi, flirtare per pochi minuti, appartarsi per fare quello che si deve fare e poi andare ognuno per la propria strada.
È questo che mi aspetterebbe se fossi così fortunata da essere notata da lui in quel senso. Una botta e via.
«Già finito il tuo appuntamento?» gli chiedo in tono annoiato.
«No. Non è ancora cominciato ed è colpa tua.»
«Colpa mia?» domando perplessa.
«Sei in ritardo come al solito.»
«Hai detto che potevo perdere il mio tempo oziando perché tu non saresti venuto.»
Io non capisco. Mi ha detto che aveva un appuntamento e che non poteva venire ma è qui. Mi sta prendendo in giro oppure...
«Ho capito. Ti ha dato buca.»
«No, è arrivata in ritardo.»
«Così tu ora te la prendi con me?»
«Certo, così imparerai ad essere puntuale» dice, facendomi davvero sentire presa in giro.
Sarei io il suo appuntamento?! No, non può essere. Quando si dà appuntamento a una persona, questa deve capire che è lei l'appuntamento. Eric mi ha detto che non sarebbe venuto in palestra e quindi ho dedotto che non ero io la fortunata. Sto fraintendendo sicuramente.
«Da quello che mi hai detto questa mattina non ero tenuta a venire qui.»
«Sei stupida o cosa?»
«Ok. Sono in palestra per il mio solito allenamento, puoi andare dalla tua focosa Intrepida.»
Eric scoppia a ridere.
Perché ha il potere di farmi sempre incazzare?
«Va bene, non vuoi ammettere che ti ha dato buca, chiudiamo qui il discorso.»
«Non avevo nessun appuntamento, volevo solo vedere la tua reazione.»
«A cosa esattamente?»
«Non eri al Pozzo come al solito e quindi...»
Lascia la frase a metà. Non è difficile intuire cosa sta insinuando.
Non ero al Pozzo perché non volevo vederlo insieme ad un'altra. È vero, ma non intendo fargli capire che ha ragione.
Se fossi in me e non succube di questo assurdo sentimento, starei schiumando di rabbia, ma sono stupidamente felice.
È assurdo. Io sono contenta, non solo di sapere che non è uscito con nessuna ragazza, ma anche per il suo assurdo giochetto. È il modo più infantile e crudele per capire se sono attratta da lui, ma io non riesco ad essere arrabbiata.
Se fossi padrona del mio cervello, gli urlerei contro di tutto, ma io non sono padrona di me, questo assurdo sentimento mi tiene in trappola e mi controlla come un burattino.
Devo darmi una calmata. Lui non è un normale ragazzo, lui è Eric e questo potrebbe essere solo un modo crudele per tormentarmi. Non ci casco bello mio.
«E quindi ero in infermeria. Tris era conciata male, le ho portato qualcosa da mangiare e abbiamo cenato insieme» dico iniziando a colpire un Mollychino e ignorando completamente il suo sguardo deluso.
«No. Basta Mollychini. Oggi si combatte.»
Mi prende per un braccio e mi trascina fino al bordo dell'arena.
«Preparati» ordina mentre si toglie la giacca e gli stivali.
Mi siedo a terra e, mentre mi sfilo gli stivali, mi domando se finirò nel letto accanto a quello di Tris o sarà solo un combattimento simulato.
Eric raggiunge il centro dell'arena ed io mi fermo poco più in là del bordo e lo osservo incredula. Fa scrocchiare le dita, ruota lentamente la testa facendo un cerchio e io capisco che si sta preparando a combattere seriamente.
«Muoviti, non voglio stare qui a combattere tutta la notte» dice, facendomi cenno di raggiungerlo.
«Eric, dopo Tris e Myra passo subito a te, niente preliminari? Non so, tipo Molly o Peter?»
«Muoviti!» grida.
Io mi avvicino a lui titubante e alzo i pugni.
Eric cerca di avvicinarsi mai io mi sposto indietro e poi lateralmente.
Questa scena si ripete più volte e sono sicura che presto Eric perderà la pazienza.
«Dobbiamo combattere, non ballare» sbuffa «e in tutti e due i casi dovresti avvicinarti a me».
«Non sento la musica.»
Lui alza gli occhi al cielo e sbuffa di nuovo.
Ne approfitto per colpirlo alla mascella, ma non ci riesco.
Il mio pugno si ferma a pochi centimetri dal suo volto e le mie nocche si appoggiano delicatamente alla sua guancia.
Non riesco a colpirlo. Non è quello che voglio in questo momento. Non ho la grinta e la concentrazione necessarie per affrontare un combattimento. Dentro di me non c'è il desiderio di lottare contro di lui ma di essere stretta a lui.
«Ti sembro la tua amica Rigida? Combatti!»
«Eric è solo un allenamento, devo imparare cosa fare, non ha senso colpirti davvero. Ci faremmo male in due»
«Credi di riuscire a farmi male?» domanda, scoppiando in una risata piena di boria che quasi mi fa venire voglia di colpirlo davvero.
«Non credo» ammetto abbassando lo sguardo.
Tutto d'un tratto, vedo la stanza girare, come se qualcuno l'avesse capovolta e solo quando la mia schiena sbatte violentemente contro il pavimento capisco che sono io ad essermi capovolta. Eric mi ha sollevata e buttata a terra così velocemente che non ho avuto neanche il tempo di realizzare cosa stesse succedendo.
Lui è sopra di me e la sua mano stringe il mio collo. Non esercita nessuna pressione, neanche lui sta combattendo seriamente.
«Il primo round è mio. Alzati!» mi ordina.
Cerco di muovermi ma la schiena mi fa così male che gambe e braccia si rifiutano di collaborare.
«Vuoi un cuscino e un orsacchiotto?» domanda in modo beffardo.
«Anche latte e biscotti, grazie.»
Mi prende per un braccio e mi tira in piedi, ma appena mi lascia, io crollo di nuovo a terra.
Mi colpisce con un calcio e, mentre finisco di nuovo stesa sul pavimento, sento il mio orecchio destro fischiare come se ci fossero decine di treni al suo interno.
Mi ha colpito al volto e non l'ha fatto piano. È un bastardo ed io sono stata così stupida da non colpirlo.
Rimango a terra dolorante e stordita, lui mi grida qualcosa ma la sua voce è coperta dai fischi che sembrano venire direttamente dalla mia testa. Devo stringere i denti, restare concentrata e rendergli pan per focaccia.
Eric mi guarda ed io cerco di recitare al meglio la parte del ferito grave.
«Smettila. Ti ho colpita piano.»
Adesso la sua voce è più forte del fischio ma io continuo a fingermi disorientata. Voglio che si avvicini di più.
«Theia?»
Si inginocchia su di me. La mia gamba destra è esattamente dove la volevo: tra le sue.
«Eric...» dico allungando un braccio verso di lui come se stessi chiedendo il suo aiuto.
«Hai battuto la testa?» mi domanda con un velo di preoccupazione nello sguardo.
È il momento. Faccio scattare il ginocchio che colpisce con forza la sua parte più vulnerabile. È un colpo basso ma se l'è cercata.
Eric grida e si lascia cadere di lato tenendo i suoi gioielli con entrambe le mani.
Mi alzo di scatto e appoggio il mio piede sul suo pomo d'Adamo.
«Il secondo round è mio. Alzati!» gli ordino trionfante.
«Questo è un colpo basso.»
«Secondo le nuove regole, l'incontro finisce solo quando l'altro non è più in grado di continuare. Colpire il tuo secondo cervello e poi finirti, era l'unico modo per vincere.» Sposto il mio piede dalla sua gola e aggiungo « Me l'hai insegnato tu.»
Sorride scuotendo il capo.

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