CAPITOLO 20 (Terza Parte)

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Sono in un enorme garage pieno di auto, furgoncini blindati e camion. Eric, oltre a rivedere il suo concetto di posto tranquillo e sicuro, dovrebbe ridefinire anche quello di bel posto.
All'inizio ho sperato di salire con lui su una di quelle auto per andare da qualche parte in città, ma lui si è seduto su una panca e ha iniziato a spiegarmi l'utilizzo di ogni singolo veicolo di questo posto. Sono passate quasi due ore e siamo ancora qui: io a trattenermi dallo sbadigliare e lui a parlare del prezioso contributo degli Eruditi nella progettazione di batterie di nuova generazione che renderanno obsolete le batterie al litio con gel al diossido di titanio.
Almeno credo, molte delle parole che ha detto erano solo gruppi di lettere con un suono piacevole da ascoltare ma senza alcun senso.
Non ho il coraggio di interromperlo, non l'ho mai visto entusiasmarsi tanto per qualcosa, il più delle volte il suo sguardo è annoiato mentre adesso gli brillano gli occhi e non la smette più di parlare. È così diverso da Eric che tutti conosciamo, sembra un'altra persona e, anche se capisco la metà di quello che dice, mi piace vederlo così elettrizzato.
«Ti sto annoiando?»
«No, è interessante, ma credo di non essere abbastanza intelligente per capire tutto quello che dici» mento, ma solo in parte. Tutto quello che dice mi interessa anche quando sono cose incomprensibili e noiose, ma la sua scelta di portarmi in questo posto proprio non la capisco.
«Eric, mi hai portata in un garage, perché?» gli chiedo indicando con la mano la lunga fila di auto accanto a noi.
«Volevo portarti al Pozzo e aspettare lì fino al coprifuoco ma avevi ragione tu, ho esagerato in mensa» abbassa lo sguardo, sospira e continua: «Non manca molto al test finale e comunque non credo che le cose cambieranno quando farai parte degli Intrepidi e... no, non cambieranno. Dovrai accettare anche questo.»
«Non me ne frega niente dei loro sguardi o di quello che diranno. Non ho bisogno della loro approvazione, faccio quello che voglio» dico con lo stesso sguardo risoluto che usa Tori, ma credo che sulla mia faccia sembri più una pessima imitazione, come una bambina che scimmiotta una donna.
«Aspettare il coprifuoco per cosa?» gli domando avvicinandomi a lui.
Eric sorride e preme il tasto di un piccolo telecomando che ha tenuto in mano tutta la sera. A pochi metri da noi i fari di un auto lampeggiano velocemente due volte. Ho aspettato questo momento per due ore, se mi avesse detto subito che siamo stati in questo posto solo per tirare tardi, almeno gli avrei suggerito di aspettare seduti comodamente nell'automobile, non sarebbe stato il massimo ma sempre meglio di questa dura panca di ferro.


La strada è illuminata solo dai fari dell'automobile, il regolamento vieta di tenere accese le luci dopo il coprifuoco, ma pare che la legge non sia uguale per tutti. In lontananza il palazzo della sede degli Eruditi ha parecchie finestre illuminate e mi chiedo cosa stiano facendo a quest'ora della notte.
La strada, come gran parte delle strade in questa città, è piena di buche, Eric cerca di evitare le più grandi ma è impossibile sfuggire alle più piccole. Ogni volta che l'automobile ne prende una, sento Eric fare dei versi a metà tra un grugnito e un lamento. Le automobili sembrano l'unica passione che hanno in comune i maschi di tutte le fazioni.
Guardo fuori dal finestrino e le sagome scure dei palazzi hanno lasciato il posto a edifici bassi e diroccati. Ormai la città è finita, restano solo prati e poi la grande Recinzione. Non ci sono cancelli da questo lato e intuisco che Eric non mi sta portando nei campi della mia vecchia fazione.
Continuiamo ad andare avanti su una strada sterrata ed io immagino quanto stia soffrendo Eric pensando alla sua adorata auto macchiata dal fango delle pozzanghere, andrà a finire che mi costringerà a mettermi dei pantaloncini e una maglietta per lavargli l'auto.
Questa è un'altra ossessione dei ragazzi che proprio non capisco, perché dobbiamo spogliarci per lavare un'automobile? O meglio, perché devono trasformare un lavoro fastidioso in qualcosa di erotico? Erotico solo per loro, perché noi ragazze oltre a sgobbare per far splendere l'auto dobbiamo pure essere provocanti. Alla fine facciamo un lavoro che spetterebbe a loro e in più si godono lo spettacolo. Se mi vuole vedere in quella situazione dovrà parcheggiare nel centro del Pozzo, davanti a tutti maschi della fazione.
Eric si ferma nel centro di un prato e spegne i fari. Mi guardo intorno, e non c'è niente, solo erba e qualche cespuglio. Davanti a noi, in lontananza, vedo la Recinzione, un lungo muro nero che si staglia contro un cielo stellato. La trovo soffocante, ma mi inquieta meno delle case mezze crollate qualche decina di metri dietro di noi.
Lui scende dall'auto e, senza dire una parola, apre il bagagliaio, prende un sacchetto e un plaid, lo stende sul prato e mi fa cenno di raggiungerlo.
Noi due soli, una coperta e la luna piena alta in un cielo stellato, dovevo capirlo che non ha intenzione di fare due chiacchiere come mi aveva promesso.
In fondo è romantico, amo la natura, però i palazzi sono troppo vicini e non sono sicura che siano tutti disabitati, gli Esclusi sono ovunque, non si limitano a restare nella loro zona, è una cosa che sanno tutti e un motivo di lamentele per il servizio che gli Intrepidi svolgono per la città.
«Questa sono sicuro che non l'hai mai assaggiata» dice tirando fuori dal sacchetto una lattina.
Mi siedo accanto a lui e la apro con un'unica certezza: non contiene alcolici, entrambi sappiamo che effetto hanno su di me.
L'assaggio ed è una cosa disgustosa. È effervescente e dolciastra, sembra una medicina, ma lui la beve come se non avesse mai assaggiato niente di meglio nella sua vita.
«Non ti piace» dice sorridendo.
«No, non è male. È una cosa che non avevo mai provato, è... strana.»
«Ho capito, l'acqua è meglio» dice Eric prendendo una bottiglietta d'acqua dal sacchetto.
«Un mix dei due può essere un perfetto punto di partenza» affermo, anche se con poca convinzione.
Mi sdraio e guardo il cielo e i ricordi della mia vecchia fazione mi assalgono.
Quante notti passate sdraiata con Althea a chiacchierare guardando le stelle. Quante volte mi sono trovata con Neem in questa stessa situazione cercando di trovarla anche solo minimamente romantica senza mai riuscirci.
Adesso è diverso, Eric non è dolce come Neem ma io fatico a tenermi lontana da lui. Siamo sdraiati l'una accanto all'altro a fissare il cielo, ci separano solo una ventina di centimetri ma a me sembrano metri. Vorrei essere tra le sue braccia, ma so cosa potrebbe pensare, che voglio continuare quello che abbiamo interrotto in palestra. In fondo non è male come posto, è tranquillo come i campi dei Pacifici ma non sono a mio agio. Sento rumori provenire da ovunque e so che non sono animali come nella mia vecchia fazione, o forse lo sono ma la mia mente immagina che siano persone, magari Esclusi. Non riesco a rilassarmi, a lasciarmi andare, in queste condizioni.
«Bada bene che mi sono sdraiata solo per guardare le stelle» puntualizzo.
«Io non ho detto niente.»
«Però l'hai pensato.»
«Hai ragione. Cosa ci posso fare...»
«Pensa ad altro!»
«Ok» sbuffa. «Ricorda che te la sei cercata» aggiunge.
Non riesco a capire cosa intende ma non mi viene in mente niente di buono.
«Le tue simulazioni sono ancora troppo sospette.»
«Cos'hanno di tanto sospetto?»
«Si capisce che stai manipolando le allucinazioni. Non è evidente, riesci a camuffare tutto molto bene, ma al test finale ci saranno persone che studieranno attentamente ogni tua decisione, ogni tuo movimento e capiranno cosa sei.»
Non c'è scampo quindi, presto mi scopriranno e per me sarà finita.
«Cercherò di migliorare» prometto, pur sapendo che non sarò in grado di tenere fede a questa promessa. Mi sto già impegnando al massimo e se ancora non basta, temo che non riuscirò a migliorare più di così.
«No. Devi cambiare metodo.»
«Cosa intendi?»
«Intendo che devi affrontare le tue paure e non eliminarle. Non è solo una questione di non farsi scoprire, è qualcosa che devi imparare a fare per te stessa e non solo per restare negli Intrepidi» mi spiega.
«Smetterla di scappare. Affrontare le mie paure e diventare più forte, giusto?»
«Ma soprattutto crescere.»
«Le allucinazioni mi fanno paura» mormoro fissando la luna.
«Lo so, ma è inevitabile se non vuoi restare una ragazzina immatura.»
«Immatura?» domando innervosita. «Perché non voglio fare subito sesso?» non riesco a trattenermi dal puntualizzare.
«No, è per il tuo atteggiamento. Evitare di affrontare le paure, il tuo sciocco atteggiamento di sfida. Sono tutti comportamenti infantili.»
Purtroppo devo riconoscere che Eric ha ragione, ma non mi piace sentirmi dire che sono una bambina capricciosa. So di essere troppo orgogliosa per poter ammettere le mie mancanze e anche per ammettere che lui ha sempre avuto ragione su tutto quello che mi riguarda.
«Quello fa parte dell'adolescenza ed io ho solo sedici anni, quindi sono nella giusta fase» cerco di giustificare i miei atteggiamenti, ma nel profondo so che li sto solo confermando.
«Vedi di superarla in fretta se vuoi sopravvivere negli Intrepidi. In questa fazione o diventi adulto subito o rischi di finire male.»
Non mi piace che ogni volta che restiamo soli l'argomento principale siano le mie simulazioni e i miei comportamenti, mi fa sentire stupida, non all'altezza di un ragazzo come lui.
Mi avvicino a Eric e appoggio la mia testa sulla sua spalla nella disperata ricerca di un po' di coccole. Lui mi cinge le spalle con un braccio mentre con l'altro mi circonda i fianchi.
«Non ti fare strane idee» gli dico dandogli un colpetto con il gomito.
«Non te le fare tu» mi sussurra cominciando a baciarmi.
I suoi baci questa volta non sanno di birra ma di medicina effervescente e dolciastra, anche se non amo quella bevanda, assaggiata dalle sue labbra ha un sapore piacevole. È lui ad avere un buon sapore, quello del frutto proibito. Un ragazzo pericoloso ma così affascinante da farmi dimenticare chi è veramente e tutto quello che ci fa passare durante l'addestramento.
So che non è virtuoso come Quattro, ma non sembra neanche un mostro come tutti lo dipingono. Forse sto solo cercando di trovare tutto quello che c'è di buono in lui per giustificare questo mio folle sentimento nei suoi confronti, ma non riesco a credere che sia unicamente un concentrato di malvagità.
In questi giorni l'ho osservato e non l'ho mai visto fermarsi in uno dei gruppetti di amici che si radunano al Pozzo. Ha sempre vagato da un gruppo all'altro e non si è mai fermato molto a parlare. Non è amato come dovrebbe essere un vero leader, c'è chi lo teme e cerca di tenerselo buono e chi non lo sopporta e cerca di evitarlo il più possibile. Non ha veri amici in questa fazione ed io mi chiedo come fa ad andare avanti in questo modo. Non si confida con nessuno, non ride o scherza come dovrebbe fare un ragazzo della nostra età. Possibile che non c'è nessuno che gli sia davvero amico e di cui si possa fidare? Temo che il problema non siano gli altri, ma lui. È lui a non poter stringere amicizie profonde. No, potrebbe benissimo farlo, lo sto giustificando di nuovo. L'unico suo segreto è quello che fa ai Divergenti e potrebbe benissimo tenerlo per sé, potrebbe avere legami forti senza dover essere sincero come un Candido, anche se sono certa che pure loro hanno dei segreti, non si può essere completamente sinceri, è più folle della gentilezza dei Pacifici o l'altruismo degli Abneganti.
«A che pensi?» mi domanda.
«Mi domandavo cosa ti spinge a non creare forti legame con i tuoi compagni di fazione.»
«Lo sai benissimo il perché» sospira e il suo sguardo si fa triste.
«Non sei costretto a dire tutto, qualche segreto lo abbiamo tutti» gli spiego. «I tuoi amici non devono conoscere la tua missione segreta e neanche la tua ragazza.»
Questa mia ultima affermazione vorrei essermela tenuta per me, se Eric non mi avesse confessato chi è e cosa fa e lo fossi venuta a sapere in qualche altro modo, non l'avrei mai perdonato.
«Beh con la tua ragazza non dovresti avere questo tipo di segreti. Dovresti fidarti di lei e anche lei dovrebbe fare la stessa cosa» puntualizzo stringendomi a lui.
«Comprendere e accettare. È difficile nel mio caso.»
«Ma io lo sto facendo e dovrei essere l'ultima persona in grado di farlo» lo rassicuro. Dentro di me però c'è una domanda che spinge per uscire e lo fa ormai da troppo tempo. Lui mi ha detto di avere pazienza e che non può rivelarmi tutto subito, ma io ho bisogno di sapere chi è davvero e quello che deve fare.
«Eric, ho sentito di un uomo, Amar, era un tuo istruttore ma dicono che si sia tolto la vita. È successo dopo un controllo sulle simulazioni» mormoro. Le parole mi escono a fatica, ho bisogno di conoscere la verità ma allo stesso tempo la temo. «Tu l'hai...» non riesco a finire la domanda.
«No, non sono stato io» dice rattristato fissando la luna. «Credo che sapesse di avere i requisiti per essere studiato dagli Eruditi e per evitarlo si è ucciso.»
«Era questo che dovevi fare, portare una cavia agli Eruditi?» domando, cercando di mantenere il mio tono di voce calmo e gentile.
Mi mette i brividi l'idea che un essere umano venga sottoposto a chissà quali test e che Eric sia convinto che è una cosa giusta.
Lui annuisce. I suoi occhi sono tristi, non perché quello che fa è sbagliato ma perché non vuole farlo a me.
«Io ho i requisiti?»
«No, sei ancora troppo giovane, il tuo processo di maturazione cerebrale non è ancora finito» risponde come se stesse recitando a memoria una pagina presa da un libro di medicina. «E no, non sto con te perché voglio studiarti» aggiunge come se mi avesse letto nel pensiero.
«Mi fido di te, ma a volte la paranoia è più forte di me e peggiorerà man mano che si avvicina il test finale. Ho dato il meglio di me ma ancora non riesco ad affrontare in modo pulito le mie paure.»
«Te l'ho detto il motivo» mi rimprovera. «Però posso provare ad aiutarti affrontando lo scenario insieme a te.»
«In che senso?»
«Possiamo affrontare uno scenario insieme. Sarò lì con te e potrò aiutarti a fare le scelte giuste» mi spiega.
«Quindi tu puoi entrare nelle mie allucinazioni e guidarmi? Perché mi hai fatto patire le pene dell'inferno quando potevi sistemare le cose subito?»
«Perché affrontare le tue paure non è solo un crudele test, ma ti aiuta anche a crescere e diventare più forte. Tu ne hai bisogno ed è per questo che non ti ho suggerito subito la via più semplice. Anche se adesso ti viene difficile crederlo, l'ho fatto per il tuo bene.»
«Da quando farmi beccare corrisponde al mio bene?» domando ingoiando il mio veleno per non aggredirlo.
«Gli unici che controllano le simulazioni siamo io e Quattro. I capifazione non hanno né voglia né tempo di guardare tutte le vostre paure. Sottopongo loro solo le simulazioni che contengono anomalie» mi spiega quasi pavoneggiandosi. Eric è l'ultimo arrivato tra i capi ma è quello che sembra avere più potere in questa fazione.
«Quattro esegue i miei ordini senza fiatare e quindi tu non corri nessun rischio» aggiunge e io mi chiedo se sia così oppure il suo ego smisurato mi farà finire sul fondo dello strapiombo.
Un altro tormento si aggiunge alla lunga lista. Il potere che ostenta Eric è reale o è tutto nella sua testa? Non so quale delle due ipotesi sia la più inquietante.
In meno di due anni è riuscito ad arrivare al vertice degli Intrepidi e prenderne il controllo cambiando le regole dell'iniziazione. Non può aver fatto tutto da solo, è solamente un ragazzo, nessuno darebbe una responsabilità così importante a un diciottenne. Forse anche Max ha legami con gli Eruditi e quindi quella di Eric è solo un'illusione di potere.
Al contrario, se fosse solo tutto nella sua testa, sarei in guai seri. Sto prendendo per oro colato tutto quello che dice un ragazzo con manie di grandezza.
Sto delirando, lui è troppo intelligente e calcolatore, tutto quello che fa è studiato come se la sua vita in questa fazione fosse una partita a scacchi e, per quanto ho visto fino ad ora, lui ha scelto con cura ogni mossa, posizionando ogni pezzo sulla scacchiera in modo da vincere la sua partita.
La vincerà, ne sono certa, ma chi c'è dall'altra parte della scacchiera? Io, i Divergenti, gli Intrepidi o l'intero sistema delle fazioni? Per quanto mi senta meschina a sperarlo, vorrei essere tra i pezzi che non intende sacrificare.

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