Il sole sta tramontando. Avrei preferito vivere questo momento nella mia vecchia fazione insieme ai miei amici, ma non sono più una Pacifica e devo fare ritorno alla mia nuova fazione. Se non fosse stato per Eric non avrei avuto il privilegio di una breve vacanza tra i miei cari. Questo non basta per farsi perdonare. Lui non ha la minima idea del vero motivo che mi ha fatta restare in silenzio per tutta la durata del viaggio in auto, o meglio, crede che sia ancora triste per Al o perché la mia giornata tra i Pacifici è finita, non immagina che io so cosa mi ha fatto quando ero solo una ragazzina.
Mi ha portata davanti alla nostra vecchia scuola elementare, dove tutto è cominciato. Lo trovo il posto perfetto per un giro nei viali dei ricordi e questa volta li ripercorreremo tutti, senza saltare nessun ricordo.
«È qui che ci siamo conosciuti» esordisce, indicando il vecchio castagno a pochi metri dal cancello.
«Ed è qui che le nostre strade si sono separate, per ricongiungersi ai livelli superiori, almeno per quanto mi riguarda, io non ricordo di aver passato del tempo con te» intervengo.
«Ognuno stava con i propri compagni di fazione, è normale. Però durante i corsi eravamo costretti dagli insegnanti a lavorare insieme a ragazzi di altre fazioni. Tu sei più piccola di me e quindi ci incrociavamo solo nei corridoi.»
Prima bugia. Vediamo quante riesce a dirne prima di confessare.
«Per tutto quel tempo non ci siamo detti una parola? È strano stare nello stesso posto per anni e non scambiarsi neanche un saluto, voglio dire, la nostra scuola non è grandissima.»
«Tu avevi i tuoi amici e io i miei, in più eri piccola, quindi io non la trovo una cosa tanto strana.»
Certo, piccola. Questo però non ti ha fermato quella sera al laghetto. Siamo a due bugie ed io inizio a stancarmi di sorridere come se nulla fosse.
«Era la prima volta che visitavi la mia fazione?» gli domando, sperando di vedere un velo di preoccupazione nel suo sguardo. Non accade, lui continua a sorridere e il suo sguardo resta sereno.
«No, ci sono venuto alcune volte per lavoro, ma mi sono fermato poco e nessuno mi ha fatto fare il giro turistico dei boschi» risponde, mostrandosi convinto di quello che dice.
Bugia numero tre. L'accenno ai boschi è una grossa aggravante. Vediamo di essere più specifica.
«Davvero non avevi mai visto i boschi? Gli Eruditi non sono abbastanza curiosi da diventare avventurosi e spingersi oltre la Recinzione?» gli domando incrociando le braccia e fissandolo dritto negli occhi.
Se mente anche a questa domanda, prima gli tiro uno schiaffo e poi gli rinfresco la memoria.
Il sorriso di Eric sbiadisce e il suo sguardo sereno inizia a rabbuiarsi.
Colpito. Vediamo se ha davvero le palle di un Intrepido.
Continuo a fissarlo dritto negli occhi ma lui sostiene il mio sguardo. Cerca di fingere l'imperturbabile serenità che aveva prima ma non ci riesce. Ha capito che un uccellino mi ha raccontato il suo segreto e che non ci sono più posti in cui nascondersi.
«Me lo aspettavo da un tipo come lui» dice scuotendo il capo. «È stato inopportuno a tirare fuori quella vecchia storia.»
Inopportuno? Doveva tacere e continuare a reggerti il gioco? Non è uno dei tuoi amici Eruditi che coprono ogni tua nefandezza, lui è un mio amico e ha fatto bene a raccontarmi i tuoi abusi.
«Certo. Era meglio insabbiare tutto come tuo solito per evitare problemi. Se le confesso anche questa violenza, Theia mi odierà per tutta la vita. Meglio tenerla ben nascosta!» ringhio.
«Violenza?» domanda perplesso. Io non mi lascio convincere dai suoi sguardi creati ad arte.
«Smettila di fare il finto tonto! Dill mi ha raccontato tutto quello che è accaduto quella sera al laghetto!» esclamo, cercando di tenere la voce bassa, ma qui intorno non c'è nessuno e, anche se ci fosse qualcuno, non m'importa se fa la figura del pervertito, perché in fondo è quello che è. «Eric ti sei approfittato di me!» aggiungo quasi urlando.
«Cosa? No! non l'ho fatto. Hai cominciato tu.»
Sgrano gli occhi e stringo i pugni. Non può averlo detto veramente, sta dando la colpa a me! Io ero sotto l'effetto del Siero della Pace, era lui quello lucido e che non avrebbe dovuto approfittare della situazione per fare i suoi porci comodi.
«Eric, ero drogata dal Siero, non avrai creduto che fossi così scema al naturale!»
Lui abbassa lo sguardo e resta in silenzio. Sta cercando una nuova menzogna da rifilarmi oppure ha finalmente compreso la gravità di quello che ha fatto? Per il mio bene, spero la seconda, non posso essermi davvero innamorata di un mostro.
«Ok, lo ammetto... ho approfittato della situazione, ma non abbiamo fatto nulla» biascica come se quelle parole pesassero tonnellate.
«E io secondo te ci credo? Eravamo nudi e avvinghiati l'uno all'altra!»
«Non intendevo andare oltre la seconda base, sapevo che non eri del tutto in te quando ti sei spogliata, ma credevo che fossi semplicemente mezza ubriaca. Come potevo sapere che ti imbottivano di Siero della Pace un giorno sì e l'altro pure.»
Lo guardo storto. Lui non riesce a sostenere il mio sguardo, cerca in qualche modo di difendersi ma sa che non ci sono giustificazioni per quello che ha fatto.
«Davvero, credevo che fossi solo più accondiscendente e non completamente fatta e che questo ti rendeva più disinibita e... pensavo di piacerti.»
Le ultime parole sono quasi un sussurro, come se pronunciarle fosse una vergogna ancora più grande che ammettere quello che mi ha fatto.
«Quando ti ho rivista a scuola volevo parlarti, spiegarti tutto e magari chiederti di uscire, ma tu ti eri messa insieme a quel tizio, Neem, e mi ignoravi... come se quello che era successo quella sera non fosse mai accaduto, o come se io fossi stato solo il gioco di una notte.»
«Eric, avevano sbagliato la dose del Siero e non ho ricordi di quella sera. Quello che mi hai fatto l'ho scoperto oggi grazie a Dill» gli spiego cercando di calmarmi. «Perché non mi hai mai detto niente? Perché hai fatto finta di non conoscermi?»
«Ero arrabbiato. Te l'ho detto, a scuola fingevi di non conoscermi e quando sei arrivata negli Intrepidi hai continuato a farlo. Non sapevo se lo facevi perché mi odiavi per quello che era successo o perché mi consideravi solo uno dei tanti» mormora evitando il mio sguardo.
Io non riesco a combattere la parte di me che si sta facendo intenerire dalle sue parole e dal suo sguardo triste. Sembra esserci rimasto molto male, ma non devo dimenticare che quello che mi ha fatto è molto grave. Anche se fossi stata solo un po' alticcia, lui avrebbe dovuto tenere le mani a posto e i vestiti addosso.
«Questo non giustifica l'approfittarsi di una ragazza che non era nel pieno delle sue facoltà.»
«Lo so, ma non ero mai stato con nessuna e i miei amici mi prendevano in giro. Molti di loro ti consideravano carina e... anche io.» Arrossisce ed io sospiro.
Inizio a perdere le speranza di sentirgli dire spontaneamente quello che una ragazza desidera sentire dal ragazzo di cui è innamorata. Non mi aspetto un ti amo, ma almeno un mi piaci detto a voce alta e non sussurrato o mormorato.
«Quando, quella sera, ti sei avvicinata a me ridacchiando ho pensato che li avrei zittiti tutti se ci fossimo allontanati insieme. Io volevo solo far credere loro che avevo fatto qualcosa con te, ma poi, quando tu ti sei tolta il vestito e hai iniziato a spogliarmi, ho creduto di piacerti. Sì, ho approfittato della situazione, ero un ragazzino in piena tempesta ormonale, ma mi sono posto un limite da non oltrepassare. Anche se il tuo amico non ci avesse interrotti mi sarei fermato e ti avrei riportata al vostro complesso residenziale.»
Vorrei odiarlo, non credere a niente di quello che dice, ma il suo sguardo sembra davvero disperato. Sono convinta che lui sia sincero e, anche se ha approfittato di quella situazione, non riesco a condannarlo. Ha sbagliato e sembra sinceramente pentito per quello che ha fatto. Io non ero cosciente di quello che stavo facendo e lui non poteva saperlo, mi credeva alticcia ma ancora parzialmente in grado di prendere decisioni. Mi sono spogliata e ha pensato che fossi consapevole di quello che mi aspettava dopo un gesto del genere. Qualsiasi ragazzo non si sarebbe tirato indietro, ma soprattutto non si sarebbe trattenuto dall'arrivare fino in fondo.
Una parte di me continua a ringhiare che non ci sono giustificazioni per quello che ha fatto, che non dovrei perdonarlo, ma è la stessa parte di me che mi incitava mentre massacravo Peter. Forse non è la parte saggia di me, ma quella aggressiva e violenta, quella che prende le decisioni sbagliate perché ottenebrata dall'ira.
«Io non ne avevo idea. È stato quel tuo comportamento a spingermi a dire quelle cose ai miei amici e poi a tormentarti a scuola.»
«Tormentarmi?» gli domando.
Cerco di ricordare il suo volto tra quelli che mi hanno fatta finire in punizione ma proprio non riesco a trovarlo.
«I libri che sparivano dall'armadietto, gran parte delle litigate con i tuoi compagni e... i voti bassi nei compiti in classe» dice guardandosi attorno, ma stando ben attento a evitare me. «Sono stati tutti colpa mia.»
«Cosa?!» strillo strattonandolo per un braccio.
«L'ultimo anno avevo molti privilegi grazie a Jeanine. Cercavo già Divergenti e studiare i compiti in classe poteva essere un buon modo per scovarli e tenerli d'occhio» mi spiega. «Così, modificavo le risposte ai tuoi test in modo da abbassarti la media...»
«Hai abusato di me, parlato alle mie spalle e poi, come ciliegina sulla torta, mi ha fatta sentire una povera incapace per un intero anno scolastico!» esclamo indignata.
Mi giro e me ne vado. Non ho la minima idea di come tornerò alla residenza, ma preferisco vagare tutta la notte che passare un solo minuto insieme a lui.
Eric mi rincorre e mi afferra per un braccio. Cerco di colpirlo con quello rimasto libero ma lui schiva tutti i miei colpi e alla fine riesce a immobilizzarmi stringendomi a sé.
«Eric, lasciami andare» gli dico con voce calma ma carica di rabbia.
«Perdonami, ti prego» mormora quasi sul punto di piangere.
Resta a fissarmi senza dire altro.
Nessuna frase da perfetto Erudito, nessun tentativo di giustificarsi, niente di niente. Resta semplicemente in silenzio e mi guarda come se fossi l'unica cosa davvero importante per lui e fosse sul punto di perderla.
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D I V E R G E N T E
Science FictionDopo la firma della Grande Pace, Chicago è suddivisa in cinque fazioni consacrate ognuna a un valore: la sapienza per gli Eruditi, il coraggio per gli Intrepidi, l'amicizia per i Pacifici, l'altruismo per gli Abneganti e l'onestà per i Candidi. The...