CAPITOLO 14 (Prima Parte)

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Oggi è la vigilia del Giorno delle Visite. Domani rivedrò la mia famiglia, ne sono sicura, loro verranno. Solo ieri ero felice di vederli, mi mancano, ma oggi tutto è cambiato.
Ho picchiato quasi a morte un ragazzo della mia età, è un tipo odioso e mi ha detto delle cose orribili, ma quello che gli ho fatto è molto peggio.
Come farò a guardare in faccia i miei genitori e sorridere come facevo un tempo, quando credevo di essere solo una ragazzina un po' turbolenta, quando ancora non conoscevo la me stessa violenta? Non riuscirò a nasconderlo, mi conoscono troppo bene. Li deluderò.
Mi vergogno di me stessa, sono diventata un mostro. Sono innamorata di un deviato, ho picchiato a sangue un ragazzo ma queste cose non sono niente paragonate a quello che mi preoccupa di più: non sono pentita di ciò che ho fatto.
Una parte di me continua a ripetere che Peter se lo meritava e che ho fatto quello che era giusto fare.
«Quel muffin lo mangi o hai intenzione di giocarci e basta?» mi domanda Eric sedendosi accanto a me.
Lo guardo di traverso. Ci mancava solo lui, la fonte di tutti i miei problemi. Speravo di evitarlo il più possibile ma pare sia impossibile sfuggirgli. Forse dovrei fare sesso con lui, si toglierebbe lo sfizio e mi lascerebbe in pace. Io distruggerei uno dei momenti più importanti della mia vita, ma forse è quello che mi merito visto che sono un persona orribile.
«Che sguardo cupo» mi prende il muffin dalle mani e gli dà un morso. «Qualcosa non va?»
Gli lancio un'altra occhiataccia.
«Ok. Tieni. Continua a rigirartelo tra le mani» dice ridandomi il muffin.
«Non ho fame, mangialo tu.»
«Come mai? Le cose ti stanno andando bene e ieri sei stata eccezionale.»
«Proprio per questo» mormoro.
Eric prende di nuovo il muffin e mi osserva perplesso. Adesso è lui a rigirarselo tra le mani. Immagino che si starà chiedendo cosa ci vedo di male nel massacrare un compagno di iniziazione.
«Ti sei assicurata un posto nel prossimo modulo, dovresti esserne felice.»
«Dovrei gioire per essere diventata una sadica come te?»
Eric mi guarda perplesso e poi scoppia a ridere.
Assomiglia alla risata del mio Eric preferito ma la sua espressione è quella di Eric il capofazione sadico. È inquietante come riescano a convivere due Eric così diversi nello stesso momento.
«Hai vinto, hai tirato fuori il te che c'è in me, sei contento adesso?»
«Non dire scemenze.» Beve tutto d'un fiato il suo caffè e poi si alza. «Andiamo a parlare in un posto più tranquillo.»
Lo seguo senza battere ciglio, tanto ormai non può rendermi peggiore di quel che sono diventata o farmi più male di quanto hanno fatto ieri le parole di Peter.


Camminiamo in silenzio fino al Pozzo e ci fermiamo in uno dei punti da dove spiavo Eric quando ancora speravo di riuscire ad evitarlo nelle mie nottate in palestra. Speranza vana, lui non ha saltato una sera.
«Saltiamo la parte dove mi chiedi se mi ha eccitato tanta brutalità e arriviamo subito al punto» esordisce. «Qual è il tuo problema?»
Come gli spiego cos'ho senza fargli capire cosa mi ha ferita?
Non posso riferirgli le parole di Peter perché capirebbe che sono cotta di lui e non voglio dargli questa soddisfazione proprio adesso che ho scoperto che tutto quello che temevo è reale e non una mia paranoia. Vorrei dirglielo solo per fargli sapere che Peter ci ha spiati e... un momento, questo posso dirglielo, magari eviterà a tutti la presenza di Peter durante il secondo modulo.
«Peter ci ha visti quella notte in palestra.»
Eric non sembra turbato dalla notizia. Non devo essere la prima iniziata con cui ci prova.
«Cosa ha visto esattamente?» domanda con un filo di voce, come se avesse paura di essere sentito da qualcuno.
«Tutto quello che c'era da vedere, credo.»
«Credi?»
«Se vuoi possiamo finirla sul pavimento, come è successo con Eric quella notte» dico imitando il fastidioso tono di voce di Peter. «Questo è quello che mi ha detto. Tira tu le somme.»
«Non è un problema. Se vuole vivere terrà la bocca chiusa» dice con un sorriso spavaldo. «Dobbiamo parlare per ore di cose che già so oppure intendi dirmi subito cosa ti turba?»
«Essere diventata te» dico abbassando lo sguardo.
«Hai solo combattuto come si deve, non sei stata l'unica...»
«Sono stata l'unica che una volta sconfitto il suo avversario voleva continuare a infierire!» lo interrompo.
Eric scoppia a ridere lasciandomi inebetita. Gli lancio un'occhiata furiosa che fa impallidire tutte quelle che ha lanciato lui a noi iniziati da quando ha cominciato a tormentarci.
«Lasciami indovinare ti ha detto quelle cose su di me quando ti ha immobilizzata, non è vero?»
Arrossisco, ha fatto centro ma io non voglio ammetterlo davanti a lui.
«In effetti hai ragione, è una reazione esagerata per una come te. Siamo più simili di quanto credevo» mi squadra girandomi intorno come se stesse osservando il suo miglior trofeo. «Potresti essere peggio di me, sono sicuro che dopo qualche anno negli Intrepidi riusciresti a battermi, come è logico che sia, le donne sono più crudeli degli uomini, ma tu sei speciale. Ti aiuterò a sviluppare questa tua dote innata.»
No questo no, io non sono un mostro, io non torturo la gente perché mi piace, mi limito a rispondere, forse in maniera un po' estrema, alle frecciatine lanciate da bastardi come Peter.
«Io non sono come te! È solo colpa tua! Sei tu quello marcio!» esplodo. La mia mente mi dice di smetterla ma sono un fiume in piena che ha rotto gli argini, niente può fermarmi.
«Dimmi, i tuoi giochetti fanno parte del tuo sadismo o è solo mancanza di palle?» Mi alzo e mi levo il giubbino. «Perché mostrarti umano invece di arrivare dritto al punto? Vuoi divertirti? Ok, divertiti, fatti la verginella!»
Butto il giubbino a terra e inizio a slacciarmi i pantaloni. Eric mi blocca le mani.
«Scusa, è vero, preferisci andare nella torre dove hai portato tutte le altre. Ok andiamo, facciamola finita in fretta.»
Eric scoppia di nuovo a ridere, la mia rabbia sale.
Cerco di colpirlo al mento con un pugno, ma lui lo blocca con una rapidità e semplicità ed io capisco che vincere contro Peter è come aver vinto contro un bambino Abnegante.
«È questo che ti ha fatta infuriare?» domanda continuando a ridere.
Io non rispondo, mi limito a guardarlo di traverso, ancora piena di rabbia e frustrazione.
«Non sei una sadica, hai solo perso le staffe, come adesso. È una reazione normale nel mondo reale, quello senza banjo e girotondi.»
Ha ragione ma questo non mi è d'aiuto, io ho perso il controllo a causa sua. Forse non sarò una sadica ma sono comunque innamorata di un sadico e quindi devo avere qualcosa che non va. Più mi domando cosa mi attrae in lui più non trovo una risposta. In questo assurdo sentimento non c'è nulla di logico. Eric è una carogna con tutti, mi ha anche picchiata, ma la mia mente si focalizza solo sulle poche volte che è stato gentile con me. L'addestramento notturno, il caffè quella mattina e la notte alla torre, sono gli unici momenti buoni passati con lui, anche se ora temo che siano stati molto addolciti dalla mia immaginazione. Quello che ha detto Peter continua a tormentarmi e io non posso chiedere direttamente a Eric se ha detto la verità oppure no perché capirebbe che... al diavolo, non ho voglia di passare giornate in balia di quella maledetta frase.
«Banjo e girotondi sono meglio di squallidi incontri in una torre» dico, guardandolo dritto negli occhi.
«È il posto meno squallido del complesso...si vede il cielo, pensavo ti sarebbe piaciuto, ma a quanto pare mi sbagliavo» dice con sguardo abbattuto.
«Non mi riferisco al posto ma a quello che ci vai a fare.»
«Ci vado quando voglio stare tranquillo.» Sorride, scuote il capo e domanda: «Cosa ti ha detto il Candido?»
«Mi ha fatto intendere che è il posto dove porti tutte» ammetto arrossendo.
«L'ha detto per farti perdere il controllo. Ti facevo più sveglia.»
Scuoto il capo incredula, si sta arrampicando sugli specchi. Peter ha detto tutte cose vere, perché mentire proprio su quella più logica?
«Sei impossibile. Credi quello che ti pare. Ci vado sempre da solo, per quello che pensi tu è più comodo il mio letto.»
Ha senso, o forse sono solo io che spero sia così. In fondo non abbiamo fatto nulla, solo parlato e poi devo essermi addormentata. Non ci ho fatto una bella figura, mentre lui è stato carino, mi ha avvolta nella coperta e lasciata dormire. Non ha preteso niente, è stato leale.
«Farai tardi all'addestramento» raccoglie il mio giubbino, me lo mette sulle spalle e aggiunge: «Per la cronaca, se avessi voluto solo scoparti l'avrei già fatto e saresti stata tu a implorarmi di farlo.»
Si incammina verso la palestra lasciandomi in bilico tra pace e paranoia.
Non mi vuole, quindi? Non gli piaccio?
Io non riesco proprio a capirlo, continua a fare un passo avanti e due indietro. Forse sono solo io, immagino cose assurde perché questo sentimento mi annebbia il cervello. Se fossi nel pieno delle mie facoltà penserei che gli piaccio e ha capito che insistere su certe cose mi avrebbe fatta allontanare. No, sto ancora fantasticando. Prima accetto la realtà e prima riuscirò a fare uscire Eric dalla mia testa.


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