CAPITOLO 19 (Terza Parte)

7.1K 544 86
                                    


Eric si siede su una roccia piatta a pochi metri dal fiume sotterraneo, mi allunga una fiaschietta che teneva nella giacca, e che suppongo contenga qualcosa di alcolico, ma io scuoto il capo e gli mostro la mia bottiglietta d'acqua. Niente alcolici a pochi passi da un fiume impetuoso, soprattutto nelle condizioni in cui sono ora.
«So che effetto ha l'alcol su di te.» Sorride porgendomi di nuovo la fischietta e aggiunge: «È aranciata.»
Mi siedo accanto a lui e restiamo in silenzio per quella che mi sembra un'eternità ma che probabilmente nella realtà corrisponde solo a qualche minuto.
Bevo il mio succo di frutta osservando l'acqua scorrere davanti a me e domandandomi se resterò accanto a lui oppure finirò in quelle acque gelide. Vorrei potermi fidare completamente di Eric ma, dopo quello che mi ha detto Tori, una parte di me pensa che se mi ha portata in un luogo così isolato e pericoloso, e dove ho già rischiato la vita una volta, l'ha fatto solamente per eliminarmi senza lasciare traccia.
«Non vuoi proprio dirmelo il risultato del test?» mi domanda dopo essersi schiarito la voce.
La domanda non mi piace. Una Divergente, Eric e un fiume che trascinerebbe un cadavere chissà dove. Quindi è davvero per questo motivo che mi ha portata qui, per mettermi sotto torchio, farmi confessare e poi uccidermi? Io scema che ho pensato che volesse davvero aiutarmi.
«Mi hai fatta venire fino qui solo per questo? Sei un bastardo» esclamo disgustata dal suo comportamento.
Cerco di alzarmi, ma lui mi circonda i fianchi con un braccio e mi tira verso di sé.
«E tu sei isterica e paranoica» sbuffa. «Sei talmente allucinata dal siero che potrei ripeterti un milione di volte ciò che devi fare durante la simulazione ma nella tua testa non resterebbe nulla. Volevo solo fare conversazione, distrarti, tutto qui.»
Domani dovrò fare un'altra simulazione e lui non intende dirmi cosa devo fare? Non mi vuole aiutare, mi sta mandando al macello. Però ha ragione, non ho testa, non resterebbe niente dei suoi suggerimenti. Forse ha ragione, dovrei rilassarmi, staccare per un attimo la spina. Però lui non mi è di grande aiuto se il suo modo di fare conversazione è parlare di cose che mi ricordano che sono una Divergente.
«Che fine hanno fatto: "come va?" e "com'è andata oggi?" o altre banalità simili?»
«Com'è andata oggi?» domanda come se mi stesse prendendo in giro.
Io lo fulmino con lo sguardo e mi impongo di contare almeno fino a dieci prima di mandarlo al diavolo.
«Ok, scherzavo. Non è facile parlare con te. È come essere su un campo minato, è difficile trovare un argomento che non nasconda una mina.»
«Anche con te non è facile trovare una argomento che non ti faccia arrabbiare» gli confesso.
«Prova ad evitare di darmi del sadico o del deviato» dice sorridendo.
Appoggio la testa sulla sua spalla. Lui mi sfiora la fronte con le labbra ma la paura che sento non svanisce. Eric è così strano, riesce a passare da crudeltà a dolcezza così velocemente da farmi dubitare che mi stia mostrando quello che prova davvero.
Tori mi aveva messa in guardia ma io non ho voluto credere che Eric avesse un piano sin dall'inizio e che tutto quello che è successo tra di noi fosse solo una trappola ben congegnata per farmi confessare la mia vera natura.
«Cosa vuoi fare con me? Svuotarti, toglierti le tue curiosità e poi annegarmi?» gli chiedo, sperando che almeno segua questo ordine. So che è disgustoso ma, a questo punto, credo che Eric potrebbe davvero torturare una persona, ucciderla e poi farci sesso.
«Nessuna delle tre. Anche se la prima è allettante.»
Lo fulmino con uno sguardo.
«Ma immagino che per quello mi toccherà aspettare la fine dell'iniziazione e procurarmi delle candele» dice prima di darmi il tempo di ribattere.
«Ti ho detto che le candele non mi interessano» gli ricordo, anche se una parte di me fantastica su una serata speciale che temo non arriverà mai. Io non completerò l'iniziazione, morirò prima.
«E se... se non superassi l'iniziazione?»
«La supererai. La seconda simulazione è stata meno insolita della prima, ma purtroppo non è ancora sufficiente per non destare sospetti.»
Il modo in cui lo dice mi fa venire i brividi, la sua preoccupazione è sincera oppure no? Mi aiuterà o farà quello che deve fare anche se prova qualcosa per me? No, non può essere, altrimenti me lo avrebbe detto subito, o meglio, mi avrebbe già buttata nelle gelide acque del fiume.
«Vedo che proprio non vuoi cambiare discorso. Pacifici, è questo il risultato del mio test.»
«Inutile continuare a mentire. I tuoi scenari contengono troppe anomalie» beve un sorso dalla fiaschetta. «Ti conviene confessare subito.» dice lapidario fissandomi dritto negli occhi. Io non ce la faccio, non riesco a sostenere il suo sguardo.
È finita. Sono morta.
«Mi sparerai o ti limiterai a tramortirmi e spingermi nel fiume?»
«Il rumore dell'acqua non copre quello di uno sparo» sorride nel modo inquietante di Eric malvagio.
«Quindi è questo che fai, dai la caccia ai Divergenti?»
L'ho detta, la parola che non dovrebbe mai essere pronunciata è appena uscita dalla mia bocca.
Credevo che confessare a Eric ciò che sono mi avrebbe fatta sentire come quando ho capito che Peter mi avrebbe uccisa: terrorizzata ma, in qualche modo, rassegnata. Invece non è così. Ho paura, non posso negarlo, ma mi sento quasi sollevata, come se mi fossi tolta un grande peso. Morirò, questo è certo, ma sembra la fine di un'agonia, qualcosa di liberatorio che mi fa percepire la mia morte imminente come la meritata pace dopo una lunga ed estenuante battaglia.
«Esatto» dice tirandomi di più a sé e costringendomi a sedermi sulle sue gambe.
Adesso si alza e mi butta nel fiume.
Guardo per l'ultima volta in quegli splendidi occhi azzurri mentre sento la sua mano salire su per la mia schiena e fermarsi sotto il mio capo.
Cerco di liberarmi ma è troppo tardi e lui mi stringe troppo forte.
«Puoi provare a fidarti di me, tipo per un minuto?» domanda sorridendo ed io non resisto ai suoi sorrisi, sono come una leggera brezza in una torrida giornata estiva.
«Ok, ma dopo che succede?» chiedo con voce tremante.
«Quello che è successo in quel minuto» mormora avvicinando le mie labbra alle sue.
Preme le sue labbra sulle mie ed io mi ritrovo a desiderare di non essere in fondo al Pozzo ma nel silenzio della sua camera da letto. È assurdo, sono tra le braccia del mio assassino e l'unica cosa a cui riesco a pensare è come sarebbe fare l'amore con lui.
«Pacifica» dico interrompendo il nostro bacio.
«Perché non riesci a fidarti di me?» domanda prima di ricominciare a baciarmi.
È un bacio vero o sta solo cercando di farmi cedere e confessare? Non ha senso, io ho già confessato.
Le mie labbra abbandonano di nuovo le sue.
«Pacifica» mormoro.
«Ho capito, smettila di ripeterlo. Non ti ho portata qui per farti il terzo grado.»
«Allora perché è stata la prima cosa che mi hai chiesto?»
«Non lo so, per fare conversazione? Perché forse sono preoccupato per te?» risponde esasperato. «Ok, va bene. Come vuoi. Qual è il tuo colore preferito? Cosa ti rilassa? Dolce o salato? Il tuo piatto preferito?»
«Eric, esattamente, quanti veri appuntamenti hai avuto?»
Lui mi guarda imbarazzato e abbassa lo sguardo. Forse ho esagerato a fargli una domanda così personale.
«Il blu. Sdraiarmi su un prato e guardare il cielo. Tutti e due, dipende. Carne e patate, ma anche la vostra torta non è male» rispondo, anche se nella mia testa le risposte sono ben diverse.
Il mio colore preferito è quello dei suoi occhi. Il modo in cui mi stringe mi rilassa. Torta degli Intrepidi e hamburger perché, la prima volta che l'ho visto, nel mio vassoio c'era un hamburger e una fetta di torta al cioccolato che Zeke mi aveva messo nel piatto dicendo che mi avrebbe fatta innamorare. In effetti aveva ragione, peccato che non è della torta che mi sono innamorata.
«Preoccupato per me?» domando.
«Quello che fai nelle simulazioni attirerà l'attenzione di gente pericolosa» dice bevendo un sorso dalla fiaschetta e poi passandola a me. «Ti ho detto di concentrarti sul fatto che quello che vedi non è reale, ma tu ci riesci così bene che potrebbero indagare più a fondo. Se sei brava non sarebbe un problema, ma se dietro a quella bravura si nascondesse altro...»
Lo guardo negli occhi, è preoccupato e dentro di me sento che non è uno dei suoi trucchi. Eric è sincero.
Quando ho deciso di unirmi agli Intrepidi ho seguito il mio istinto, accettando di pagare le conseguenze delle mie scelte, ma da quando sono arrivata in questa fazione ho permesso che le opinioni degli altri influenzassero le mie scelte. Credevo di essere io a decidere, da sola, e invece non ho mai smesso di appoggiarmi a qualcuno. È giunto il momento di scegliere davvero come vivere ed io non mi accontento solo di essere coraggiosa come un'Intrepida, io decido di essere una Divergente.
Il ragazzo che mi stringe a sé con tanta tenerezza e che potrebbe essere disposto a rischiare tutto per me, merita sincerità, gentilezza, devozione e lealtà.
Raccolgo tutto il mio coraggio e confesso: «Il mio test è risultato inconcludente».
Eric mi sorride. È sereno, rilassato, come se anche lui avesse portato il mio stesso peso per tanto tempo e la mia confessione lo avesse finalmente liberato.
«Non sarà facile d'ora in avanti. Dovrai imparare a superare le paure in modo razionale, imparare a non perdere il controllo della tua mente» mormora. «Non ti preoccupare, andrà tutto bene.»
«Lo dici solo perché è quello che ho bisogno di sentire o è la verità?»
«Tutti e due. Mi hai insegnato che le persone hanno bisogno di essere confortate e farti sentire al sicuro ti aiuterà ad affrontare questa importante prova. Ma sono anche convinto che sarai in grado di superarla brillantemente.»
«Quindi non mi butterai nel fiume?» domando sentendomi sciocca.
«Non posso, il tuo esercito di Mollychini mi tiene in pugno» mi fa l'occhiolino e poi prende dalla tasca della giacca un piccolo contenitore arancione. «Prendi una di queste.»
«Cosa sono?» gli domando rigirandomi tra le dita una pillola azzurra.
«Calmanti. Ti aiuteranno a dormire e mi eviteranno di prendere altri tuoi calci. Ho le gambe piene di lividi.»
«Scusa. Lo faccio sempre quando sono nervosa» ingoio la pillola e aggiungo: «Le simulazioni non mi spaventano tanto, eri tu il problema.»
«Hai ancora paura di me?» domanda con voce calma e un sorriso che mi fa sentire rilassata più di quanto potrebbero fare tutte le pillole in quel flacone.
«Un po' meno di prima» rispondo.
Vedo Eric rabbuiarsi e capisco che ha frainteso. «Non è colpa tua, sono un po' insicura a volte, soprattutto con i ragazzi come te» mi affretto ad aggiungere, ma riesco solo a peggiorare la situazione. «Sei bello e popolare, puoi avere tutte le ragazze che vuoi. Ragazze belle e spigliate, non pastrocchi come me.»
«Non so che idea ti sei fatta su di me, ma non ho esattamente la fila alla porta. E in ogni caso, non m'importa delle altre, mi piaci tu.»

D I V E R G E N T EDove le storie prendono vita. Scoprilo ora