CAPITOLO 22 (Prima Parte)

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«Insicura e alla costante ricerca di approvazione» tuono «che paroline dolci, grazie Eric.»
Lui mi fissa impietrito e, come al solito, la mia mente parte per uno dei suoi assurdi viaggi.
L'espressione preoccupata sul suo volto mi fa immaginare il peggiore degli scenari: non stava mentendo, quello che parlava era il vero Eric. Tutto quello che ha detto su di me lo pensa davvero.
Io non so più cosa pensare, appena credo di aver finalmente capito chi è, accade qualcosa che di nuovo mette tutto in discussione.
«E dimmi, come mi eliminerai?» gli domando, camminando lentamente verso di lui.
Sto per rinfacciargli anche il suo ostentare un enorme potere su di me, ma non ne ho il tempo. Eric mi prende per un braccio e mi trascina lontano dall'uscita. Lo seguo in silenzio, non per assecondare la sua ossessione per la segretezza, ma perché la mia bocca è così piena di veleno che potrei inserire tre insulti ogni due parole.
Ci fermiamo davanti alla porta del ripostiglio dove sono rimasta nascosta tutta la sera, la apre e mi spinge dentro.
«Non sia mai che ci vedano insieme!» esclamo adirata.
«Non con te che gridi come un'invasata» dice, accendendo la luce «possibile che tu sia così stupida da non capire che erano tutte balle?»
Certo che lo capisco, ma quando si tratta di lui il mio raziocinio va a farsi benedire. Possibile che io sia così tanto ossessionata da lui? Ho sempre preso in giro le ragazze che si riducono a delle sceme che pensano costantemente al proprio ragazzo. Althea per esempio, non che la reputi una stupida, ma quasi a ogni frase inseriva qualcosa che aveva detto o fatto Dill. Era come se mettendosi insieme a lui avesse perso parte della sua personalità. Mi sono sempre detta che non avrei mai fatto quella fine, che sarei rimasta io nella mia interezza, senza lasciarmi condizionare o ossessionare da un ragazzo, ma alla fine l'ho fatto, Eric è il mio chiodo fisso da quando sono entrata qui. L'iniziazione, ma sopratutto, il mio essere una Divergente, sono passati in secondo piano, come se fossero solo una piccola parte della mia vita, quando in realtà sono le cose più importanti, sicuramente più di un fidanzato. No, io non voglio essere così.
«Eric hai detto cose terribili su di me, mi hai fatta apparire come una persona totalmente priva di personalità!»
«Perché è proprio quello che ti salverà la vita. Loro vogliono menti deboli da plasmare, vogliono portarti a pensare in un certo modo, così sarai facile da capire e non rappresenterai una minaccia.»
«Loro oppure tu?» gli domando e me ne pento subito, perché mi accorgo che la mia ossessione mi sta divorando. Questa non sono io.
«No, scusami. Non volevo insinuare che tu...» dico premendomi una mano sulla fronte, come se avesse il potere di fermare i miei pensieri assurdi «Io non so cosa mi prende, straparlo. Mi sento agitata e ho paura anche se non so di cosa.»
«È il siero. Non serve solo per la simulazione, è studiato per mantenervi in tensione e capire come reagite allo stress. Ti ho dato dei calmanti per questo motivo» mi spiega.
«Me li ha dati solo la prima sera» mi lamento, anche se non dovrei. Sono stata io a non volerli più prendere, non mi sembrava giusto avere anche quel vantaggio sui miei compagni.
«Sciolgo le pillole nel succo d'arancia che ti faccio bere dopo le simulazioni» confessa e una parte di me è in brodo di giuggiole per il suo atteggiamento protettivo. L'altra parte invece mi ricorda che l'essere dipendente da una persona è una delle cose che mi ero promessa di non fare.
«Mi droghi. Dovrei essere furiosa ma in un certo senso mi fa piacere. Non so cosa mi hai dato ma non sono più io» dico massaggiandomi nervosamente il dorso della mano. «Io non sono come mi hai descritta a Jeanine, ma a volte mi sento come se non fossi all'altezza di stare con uno come te.»
Eric mi sorride e fa scivolare le dita tra i miei capelli. Mi guarda come se fossi qualcuno di cui essere fiero e non come una bambina da guidare e proteggere come mi ha fatta sentire fino ad ora.
«Come mi immagini?» mi domanda con voce calda.
Praticamente perfetto. È quello che vorrei dirgli, ma è così banale e sdolcinato che preferirei tagliarmi la lingua.
«Sei forte e intelligente. Sai gestire le tue emozioni e cambi approccio a seconda di chi hai davanti con una velocità e una naturalezza che a volte mi confondono. Mi fai sentire come una bambina di fronte a un uomo adulto» abbasso lo sguardo e arrossisco «e poi sei affascinate e... ehm molto più esperto di me in... beh sai cosa.... anche questo mi fa sentire inadeguata.»
Vorrei che sotto ai miei piedi si aprisse una voragine e mi inghiottisse, non posso credere di aver davvero pronunciato l'ultima frase, è imbarazzante.
Eric scoppia a ridere ed io vorrei trovarmi in una simulazione per far apparire quella voragine o far sparire me. L'unica cosa che riesco a fare è abbassare lo sguardo.
«Non so che strane idee tu ti sia fatta» mi solleva il mento con le dita, non sta più ridendo, è imbarazzato forse più di me. «Ma tutto questo è nuovo anche per me.»
«Vuoi dire che tu non hai mai...» Inarco le sopracciglia «Io credevo...»
Che un ragazzo così bello, popolare e che si è sempre mostrato smaliziato, fosse stato con chissà quante ragazze.
«Beh, credevi male.»
Abbassa lo sguardo, ha le guance rosse e credo sia molto di più che imbarazzato. Mi sarei aspettata di tutto da lui ma non avrei mai immaginato che fosse ancora vergine e quasi mi viene difficile crederci.
Abbasso lo sguardo e resto in silenzio. È una situazione imbarazzante e io non so come uscirne. Di nuovo desidero di essere in una simulazione e inventarmi qualche trucco da Divergente, ma sono nella realtà, nessuna scappatoia, proprio come diceva Eric, ci sono cose che devo imparare ad affrontare perché prima o poi mi capiterà qualcosa che non potrò evitare. È accaduto ed io sono qui che fisso il pavimento sperando che qualcuno venga a tirarmi fuori da questa situazione imbarazzante.
«Ho passato la serata in questo ripostiglio a difendermi dalle aggressioni di ragni e altri insetti ma, adesso che vorrei un aiuto per uscire da questa situazione imbarazzante, non ne vedo neanche uno. Secondo me sono nascosti da qualche parte a godersi lo spettacolo della Pacifica imbranata» rompo il silenzio e, anche se ho detto una stupidaggine, mi sento più leggera.
«È un modo astuto per vendicarsi, hanno tutta la mia stima» dice ridendo.
«Quindi ammetti di averli addestrati ad attaccarmi?»
«Dovrò pur difendermi dal tuo esercito di Mollychini e tenerti d'occhio» esclama indicandomi con la cartelletta che gli ha lasciato Jeanine.
«Ci sono foto molto compromettenti lì dentro?» domando indicandola con un cenno del capo.
«Fai tu» dice passandomela.
La apro e rabbrividisco. Non ci sono solo le foto dei nostri incontri in palestra, c'è praticamente tutta la nostra storia, dal nostro primo incontro in mensa a quando lui mi ha imboccata. Non credo che Jeanine abbia apprezzato molto quella fotografia, non è un comportamento che ci si aspetta da Eric, quella sera ha osato troppo e lei l'avrà di sicuro capito.
«Lei crede che io sia solo un divertimento, giusto?»
Eric annuisce.
«Queste foto sembrano mostrare qualcosa di più» gli faccio notare.
Lui le guarda con disinteresse, ma quando arriva alle ultime sgrana gli occhi. È una serie di scatti che ci ritraggono insieme, a casa sua, mentre ci tiriamo dei muffin, sorridenti come una zuccherosa coppietta. A giudicare dall'angolazione, la telecamera deve trovarsi sul palazzo di fronte e alla stessa altezza della sua finestra. Che senso ha piazzare una telecamera all'ultimo piano? Per la sorveglianza delle vie del complesso sarebbe logico metterle al primo piano.
«Sapevi di quella telecamera?»
«No, non ha senso metterla lì, è inutile» risponde perplesso.
«Forse Jeanine non si fida così tanto di te. Se non fosse l'unica? Se ne avesse piazzate anche dentro casa tua?»
«No, lo escludo. Saprebbe cosa sei e...» Eric si blocca e impallidisce. Non è difficile immaginare a quale conclusione sia giunto.
Se Jeanine sa cosa sono, il colloquio è solo una scusa per attirarmi nella sede degli Eruditi. Ha capito che Eric prova qualcosa di più di una semplice attrazione e teme che ordinargli di portarmi da lei potrebbe far vacillare la fedeltà del suo tirapiedi. Eric potrebbe tradirla e aiutare me a nascondermi.
Davvero un bel piano, anche se mi sembra un po' banale per un genio come Jeanine, probabilmente contava proprio su questo: spingerci a credere che sia solo una nostra paranoia.
«Quando tu mi porterai dagli Eruditi lei mi farà fuori, è una trappola.»
«Lo escludo, se ti avesse scoperta, ora non saremmo qui a parlare. Non sono l'unico che ammazza i Divergenti» obietta lui.
«Magari vuole studiarmi.»
«Dovresti essere davvero speciale» dice alzando le spalle poi, come se niente fosse, mi chiede: «Quante fazioni ha evidenziato il tuo test attitudinale?»
Sono sul punto di dirglielo ma dentro di me qualcosa ancora si oppone. È la parte di me che dubita di tutto, Johanna lo chiamava istinto, ma ha anche detto che non sbaglia mai, mentre più di una volta quello che mi ha suggerito si è dimostrato solo una paranoia. Se dovessi abbandonarmi a quella parte penserei che questa trappola non mi sia stata tesa solo da Jeanine, ma che anche Eric è coinvolto. Il suo compito è semplice da intuire: conquistare la mia fiducia, farmi confessare le mie cinque fazioni e trascinarmi all'ingresso del complesso dove Jeanine sta aspettando nella sua auto.
«Tori mi ha detto che non c'è modo di capire se un test è stato manomesso oppure no» gli faccio notare.
«Il test è come le simulazioni, viene registrato e se ci sono anomalie viene visionato dagli Eruditi.»
«Jeanine te lo avrebbe detto e...» No, non è possibile, ha finto tutto questo tempo «E tu l'avresti saputo sin dal primo giorno. Anche tu sei coinvolto.»
Mi copro il volto con le mani e fingo di singhiozzare. Devo scappare, ma lui non deve capirlo, deve credere che sia così stupida da accettare passivamente la mia fine.
Mi appoggio contro la porta e continuo la mia finzione ignorando quello che Eric mi sta dicendo. Non voglio sentire altre menzogne, io lo amo e lui mi ha presa in giro, mi ha studiata e usata, non sono niente per lui, solo una cavia.
Afferro la maniglia, apro la porta e scappo. Sento Eric chiamarmi ma sembra che la sua voce sia distante chilometri.
Corro fino a sentire i polmoni in fiamme, non ho idea di dove sto andando, la cosa importante è allontanarmi da Eric e dall'entrata del complesso perché so che Jeanine è lì ad aspettarmi.


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