CAPITOLO 24 (Seconda Parte)

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Dopo il discorso di Eric e quello che ho sentito dire da Quattro, avrei voluto andarmene da questa fazione, ma alla fine il buonsenso ha avuto la meglio e mi sono limitata a vagabondare per la residenza.
Ho camminato senza una meta per i corridoi del complesso e, senza accorgermene, sono tornata dove tutto è iniziato.
C'è ancora la rete sospesa sopra la voragine, proprio come allora. Salgo le scale fino alla piattaforma di legno, afferro la sbarra a cui è agganciata la rete e rotolo fino al suo centro. Sopra di me vedo gli edifici vuoti che circondano la piazza e il cielo nero senza luna.
Non sono più venuta in questo posto dal giorno della Cerimonia della Scelta.
Sono passate solo poche settimane da quando ho fatto quel folle salto ma a me sembra che sia accaduto in un'altra vita. In un certo senso è così.
Quella mattina mi sono svegliata nel mio letto nella tranquillità della casa in cui sono cresciuta e la sera mi sono addormentata nell'umida camerata della mia nuova fazione. È stato quello il primo passo verso la mia nuova vita: abbandonare quella vecchia. Nelle settimane seguenti ero come una falena che lottava per uscire dal bozzolo. Il mio corpo è diventato più forte, ma la mia mente?
Mi sento diversa, più sicura e forte, eppure mi ritrovo sdraiata su questa rete con la testa piena di paure e incertezze.
Mi hanno detto che la vita non è facile, di godermi la spensieratezza dell'infanzia e dell'adolescenza perché una volta diventata adulta tutto sarebbe stato più duro e complicato. Avevano ragione. Avrei voluto capirlo prima, invece non facevo altro che desiderare di essere già grande. Ora riesco a comprendere l'importanza di vivere appieno ogni stagione della vita e quanto sia sbagliato voler bruciare le tappe. Quanto vorrei poter tornare indietro a quando ero una bambina e i miei drammi più grandi erano i compiti e i cavoletti.
«Posso?»
La voce di Eric, dolce e calda, mi salva da quello che sarebbe stato un doloroso viaggio nei ricordi della mia vita passata.
È in piedi accanto alla rete e ha lo sguardo serio. Non è il classico sguardo di Eric il tormentatore, ma è triste, come se si sentisse in colpa.
«Vieni» dico, battendo la mano sulla rete.
Lui scavalca il bordo e si lascia cadere sulla rete facendomi sobbalzare. La grazia non è tra le sue doti. Trattengo una risata mentre mi immagino sbalzata in aria con talmente tanta forza da farmi saltare fuori dalla voragine.
Eric rotola accanto a me e quando guardo nei suoi grandi occhi chiari, il dolore e la rabbia svaniscono. In tutto il tempo che ho passato girovagando per i corridoi ho cercato il modo più brutale per dirgli cosa pensavo del suo discorso e del modo in cui tratta gli iniziati. Ero determinata a fargli una bella predica ma adesso la mia determinazione si sta sgretolando. No, devo essere forte, non posso fargliela passare liscia.
«Ad Albert il Coraggioso» esordisco con voce piatta «da quando togliersi la vita è diventato un gesto di coraggio?»
Lui non risponde, si limita a fissare il cielo con sguardo colpevole. Non credo sia dispiaciuto per quello che ha detto ma perché io l'ho sentito mentre lo diceva. Sa che non avrei approvato e, probabilmente, è per questo motivo che non voleva che partecipassi alla commemorazione. Ha detto che ero già abbastanza sconvolta per la morte di Albert e sarebbe stato crudele costringermi a mantenere un'immagine da Intrepida quando avevo bisogno di abbandonarmi al dolore. Gli ho creduto perché è la stessa cosa che io avrei consigliato a chi si fosse trovato nelle mie condizioni: buttare tutto fuori, come se fosse veleno e poi, lentamente, riprendere a vivere. Però non ho voluto dargli ascolto, volevo mostrarmi forte, una vera Intrepida e così l'ho raggiunto al Pozzo. Col senno di poi, avrei fatto una scelta diversa, almeno mi sarei evitata il suo assurdo discorso e la scioccante scoperta che sia Quattro che Tris sono Divergenti. Adesso sarei a casa sua, con gli occhi gonfi e distrutta, ma ignara delle sue omissioni. Ciò che ha detto nel suo discorso mi turba ma non quanto il fatto che mi abbia tenuto nascosto che la mia amica è il prossimo bersaglio degli Eruditi.
«Cosa avrei dovuto dire?» esclama rompendo il silenzio. «Albert era un perdente e un codardo, e l'unica cosa giusta che ha fatto nella sua inutile vita è stato levarsi dai piedi buttandosi nello strapiombo? Voi Pacifici ricordate così i morti?»
«No, ma non andiamo neanche in giro ad esaltare il suicidio» gli rispondo con rabbia. «D'ora in poi gettarsi nello strapiombo sarà una delle opzioni possibili. Insomma, perché non farlo se, dopo, tutti ti considereranno un eroe?»
«Gli Intrepidi, al contrario di te, sanno che era semplicemente un discorso per ricordare un defunto e non un suggerimento» dice in tono pungente, facendomi sentire per l'ennesima volta una bambina che gioca a fare l'Intrepida.
«Per gli Intrepidi, lo strapiombo è la fine di tutto, il termine del loro viaggio. Il modo più onorevole di abbandonare la fazione quando non sono più in grado di farne parte» mi spiega usando il fastidioso e piatto tono di voce tipico degli Eruditi.
Loro. Interessante scelta. Conferma quello che ho sempre pensato: lui non si è mai sentito un Intrepido, lui era ed è rimasto un Erudito.
«Quindi è quello che faresti anche tu se restassi ferito in modo grave o, semplicemente, quando sarai troppo vecchio per mantenere questo ritmo di vita?» gli chiedo, sperando in una risposta negativa.
«Tu no?» replica, riuscendo a sfuggire alla mia domanda.
«No. Io sono coraggiosa, me ne andrei. Vivrei la vita fino in fondo» rispondo fiera e aggiungo: «E farei la stessa cosa se fossi tu quello costretto a lasciare la fazione.»
«Mi seguiresti negli Esclusi?» domanda incredulo.
«Sì, non ti lascerei affrontare tutto da solo. Proprio come Myra ha fatto con Edward. Il suo nome è quello degno di essere ricordato, perché è lei che adesso sta esplorando un luogo ignoto, incerto.»
Eric resta in silenzio e vorrei che anche la mia mente facesse la stessa cosa. Invece lei si tormenta, si chiede se ho fatto bene ad essere così sincera con lui o se forse sarebbe stato meglio dire quello che vorrebbe sentirmi dire. La ignoro. Non voglio fingere per tutta la vita di essere qualcuno che non sono. Desidero che lui ami me e non la mia copia riveduta e corretta in base alle sue aspettative.
«E se io morissi?» mi domanda spiazzandomi.
Vorrei dirgli che andrei avanti comunque, ma il solo pensiero mi fa tremare. Nella simulazione, pur di non perderlo mi sono lanciata con lui nel pozzo, cosa mi fa pensare che nella realtà agirei in modo diverso? Sarei davvero così forte da finire il mio percorso negli Intrepidi e poi affrontare la vita da Esclusa senza di lui? Vorrei poter affermare senza ombra di dubbio che è quello che farei ma mentirei a me stessa.
«Sono io quella che ha buone possibilità di morire giovane» gli rispondo e mi fa rabbrividire il pensiero che non è solo un modo per evitare la sua domanda, ma anche un mio desiderio. Se io morissi per prima non sarei costretta a sopportare il dolore della sua morte.
«Non hai risposto alla mia domanda» puntualizza.
«Neanche tu l'hai fatto. Siamo pari.»
Abbandono i suoi occhi e torno a osservare il cielo sopra di noi, è blu e senza stelle.
Una lunga notte senza luna, sarebbe questa la mia vita senza di lui. Salterei. Penso mentre una lacrima scivola sulla mia guancia. L'asciugo prima che Eric si volti verso di me e si accorga che sto piangendo. Lo guardo e mi sento sollevata, sta fissando il cielo.
«Com'è stato saltare?» domanda indicando la voragine.
«È stato come morire e rinascere allo stesso tempo. Ho guardato verso i campi oltre la Recinzione per dire addio ai Pacifici e poi ho saltato» chiudo gli occhi per fermare una lacrima.
Questa volta lui se ne accorge, si avvicina di più a me e appoggia la sua fronte contro la mia tempia. «Ti manca?»
«È normale, ci sono cresciuta. Credo sia così per tutti all'inizio» cerco di giustificarmi ma so benissimo che Eric non ci crederà. Mi conosce meglio di quanto credo.
«In questo momento vorrei essere là, insieme alla mia famiglia, che mi conosce bene e sa come aiutarmi a superare la morte di un amico di cui anche io sono responsabile» confesso e sento il peso della mia colpa farsi un pochino più leggero, ma purtroppo non abbastanza per farmi stare meglio.
«Non è stata colpa tua. Ha fatto la sua scelta e...»
«Sì invece! Ogni notte lo sentivo piangere ma non mi sono mai alzata per rincuorarlo. Sapevo che stava andando lentamente in pezzi ma non ho fatto nulla perché ero troppo presa da te. Vorrei darti la colpa anche di questo ma la verità è che forse di lui non mi importava quanto avrebbe dovuto. Lui è sempre stato gentile, mi ha aiutata ed io l'ho abbandonato proprio quando aveva più bisogno di qualcuno che lo confortasse» lo interrompo sommergendolo con un fiume di parole. «Avrei dovuto parlare con lui dopo quello che è successo a Tris, dirgli che era tutta colpa di Peter, che lo aveva manipolato per renderlo come lui e usarlo per eliminare un'iniziata scomoda. Se l'avessi fatto lui adesso...»
«Sarebbe morto» mi interrompe. «Non avrebbe fatto nessuna differenza, non lo avresti salvato da se stesso. Non ci sarebbe riuscita neanche la Rigida.»
Tris, non ho pensato a lei. L'ultima volta che li ho visti insieme è stata molto dura con lui, non posso biasimarla, ha cercato di ucciderla, ma come ha fatto ad essere così cieca da non vedere che dietro a tutti c'era la mano di Peter, la malvagità fatta a persona. Al era un ragazzo dolce ma debole, per uno come Peter è stato un gioco da ragazzi manipolarlo, ma se davvero provava qualcosa per Tris non le avrebbe fatto del male. Possibile che fosse così disperato da uccidere la ragazza che ama per restare in questa fazione? Per quanto mi sforzi di negarlo, la risposta è sdraiata accanto a me. Prima dell'arrivo di Eric l'iniziazione non era così competitiva e logorante, è stato lui a trasformarla in un gioco al massacro.
«Tu avresti fatto la differenza. Hai reso l'iniziazione talmente snervante da fare a pezzi le nostre menti spingendoci a metterci l'uno contro l'altro. Scaricare tutta la colpa su Al ti rende più facile vivere con le mani insanguinate?» lo accuso, ma questo non mi fa sentire meglio.
Eric non risponde, continua a fissare la voragine. Mi metto a sedere e mi chino su di lui in modo da non permettergli di evitare il mio sguardo.
«È una cosa che posso sopportare ma...» sospira e si volta dall'altra parte «quello che non riesco a sopportare è il modo in cui mi stai guardando ora. Fa male.»
Mi lascio cadere sulla schiena sopraffatta da troppi sentimenti e tutti contrastanti tra loro.
So che incarico svolge Eric per conto degli Eruditi ma speravo che provasse rimorso per tutte le atrocità che è costretto a compiere, pare che non sia così. Causare sofferenze non sembra turbarlo ma, al contrario, un mio sguardo di disapprovazione lo fa stare male. Non ha alcun senso, se fosse davvero crudele e arido, quello che penso non dovrebbe sfiorarlo minimamente, invece sembra che ciò che penso e che provo per lui sia più importante di una vita umana.
«È una delle cose che fanno parte della scelta che hai preso e che io faticherei ad accettare, non è così?»
Eric annuisce. «Non lo accetti a quanto pare» dice abbassando lo sguardo.
«No. È solo una cosa che preferisco ignorare.»
Non esistono vie di mezzo, o accetto quello che è oppure no. Ignorare è già una scelta, quella di stare dalla sua parte e quindi diventare io stessa un mostro. Lo ammetto, spero che un giorno cambierà sopprimendo il suo lato malvagio, ma so che non sarà mai virtuoso come Quattro o sensibile come Albert.

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