Capitolo 59

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ARABELLA CASPER

Rimase lì, immobile, con la fronte aggrottata e a torso nudo, mentre ripensava alle mie parole. Non sapevo come avrebbe reagito; pensavo avrebbe urlato, dato di matto, ma mi sbagliavo; era semplicemente confuso.

Non volevo lasciarlo qui da solo, non era il mio obiettivo. Il mio obiettivo era andarmene per far sì che lui fosse libero di essere sé stesso. Lui non ci faceva caso ma, ogni qualvolta che soffriva, riusciva sempre a torturare le persone che lo circondavano senza cercare di risolvere i suoi problemi. Speravo capisse la mia scelta, ma la sua espressione mi stava dicendo tutto il contrario.

"Vuoi andare via?" Chiese dopo un lungo silenzio, ancora in shock. Infilai una ciocca di capelli dietro l'orecchio, prima di rispondere.

"È per il tuo bene, Harry," dissi il più tranquillamente possibile. Sapevo che se avessi usato parole sbagliate, sarebbe potuto andare di matto.

"Non andrai da nessuna parte," ringhiò, stringendo i pugni. Era pronto a usarli contro qualcosa, per sfogarsi. Non sarebbe stata facile, ma dovevo convincerlo.

"Harry, so che è difficile, ma non posso continuare così. Non finirà bene se rimango qui," dissi docilmente, cercando di rassicurarlo.

Un ringhio sfuggì dalle sue labbra, mentre scagliava a terra i vestiti puliti. Il suo petto cominciò ad alzarsi e abbassarsi più velocemente, mentre iniziava a perdere il controllo. Fece un passo verso di me, respirando rumorosamente. Io indietreggiai, sbattendo contro il mobiletto del bagno. Indossava solo i suoi jeans con un'espressione intimidatoria sul volto.

"In quale modo Arabella? In quale modo, in quale forma mi gioverà lasciarti andare via ?" Sbuffò, cercando di trattenere la sua rabbia.

"Harry, so come diventi quando sei stressato. Ferisci le persone che ti stanno accanto e io non voglio più passarci quando posso tranquillamente evitare tutto ciò," dissi, facendolo ulteriormente innervosire.

"Non faccio così, cazzo!" Gridò, spaventandomi mentre mi reggevo al mobiletto. Incrociò le sue braccia al petto, rivelando i suoi muscoli tesi.

"Harry, smettila. Me ne vado, punto e basta," dissi con voce tranquilla, senza lasciar trasparire la mia paura. Mi allontanai dal mobiletto, iniziando a dirigermi verso la porta.

Mentre camminavo, percepii il suo grande palmo afferrare il mio piccolo braccio. Le sue dita scavarono nella mia pelle, provocandomi dolore. Mi sentii come la prima volta che ero arrivata in Europa. Quando usava la violenza per mostrarmi il suo controllo. Non mi mancava affatto quell'Harry e, rivederlo così, mi rendeva ancora più sicura della decisione che avevo preso.

"Lasciami andare!" Urlai, cercando di dimenarmi via da lui. Era molto più forte di me, quindi ogni mio sforzo era inutile.

"No! Non lo farò, a meno che tu non mi dica che non andrai via! Non permetterò di farti andare via da me!" Mi urlò contro, avvicinandomi ancora di più a lui e aumentando la presa su di me.

"Non ho intenzione di restare qui, Harry. Non vedi cosa mi tocca sopportare! Non ce la faccio più!" Gridai, mentre le lacrime cominciavano a scendere sulle mie guance.

"No! Cazzo, no!" Urlò. "Non ti lascerò andare via così facilmente! Non senza una lite!" Gridò.

Guardai i suoi occhi cambiare. Il verde che una volta ti sorrideva, scherzava e rideva, si trasformò in un nero manipolatore, ferito e colmo di rabbia. Le sue pupille erano completamente dilatate mentre diveniva sempre più arrabbiato. Osservai il suo corpo tremare di rabbia, ma la parte più terrificante rimanevano sempre i suoi occhi, il loro cambiamento, il fatto che riuscissi a vederlo perdere il controllo attraverso di essi.

Mi spinse contro il lavandino del bagno, mantenendo la presa su di me. Per quanto cercassi di difendermi, sapevo di non avere alcuna possibilità di vincere contro di lui. Subito dopo, mi spinse contro la parete, il mio petto contro il materiale freddo; mi girò attorno, afferrandomi entrambe le mani e unendole dietro la mia schiena. Ero del tutto indifesa, mentre lui aveva il pieno controllo su di me.

"Non andrai da nessuna parte," ringhiò contro la mia schiena, mentre io ansimavo dal dolore.

"Ti prego, Harry, non farlo. Ti prego," piansi, lasciando che la mia guancia destra si poggiasse contro la parete. Delle lacrime mi bagnarono il viso, ma cercai di trattenere tutte le altre.

"Fare cosa?" Mi chiese. Scosse leggermente il mio corpo per ottenere il prima possibile la risposta alla sua domanda.

"Non fare tutto questo a me. Non farlo a te, Harry. Ti supplico," lo pregai, sperando che finisse tutto subito.

"Non so se te ne sei accorta, ma non sto facendo nulla che possa ferirmi. Non posso dire la stessa cosa su di te, vero dolcezza?" Chiese sarcasticamente.

Piansi e cercai di liberarmi da quella forte presa ma continuai a fallire. Ma non mi sarei arresa; sì, ci sarebbe voluto del tempo, ore probabilmente, ma sarei andata via.

"Harry, ti prego smettila. Questo non sei tu, ne sono certa. Conosco il vero te, l'uomo gentile e carino che sa dipingere e che ama avere un dibattito riguardo i diversi tipi di toast alle tre del mattino," dissi a bassa voce, cercando di rinfrescargli la memoria. "Ritornerai a essere quello che eri in passato, Harry, e io non voglio che tu lo faccia." Lo supplicai.

"Ma io sono proprio questo, Arabella. Tu e io lo sappiamo meglio di chiunque altro. Non sono cambiato, sono solo stato civile nei tuoi confronti," disse.

"No, Harry,  questa non è la verità! Eri diventato gentile, aperto e divertente! Quello è il vero Harry! Non osare cancellare quella bellissima persona!" Dissi, mentre lui pian piano si arrendeva.

"Smettila di entrare nella mia testa!" Gridò, facendomi irrigidire.

"Lasciami andare e possiamo stringere un patto," dissi tranquillamente, facendolo ringhiare.

Stava combattendo contro sé stesso. Riuscivo a percepire l'esitazione nelle sue mani, le quali non vedevano l'ora di liberarmi. Era preoccupato che io fossi corsa via ma quella era l'ultima cosa che avrei fatto. Volevo aspettare che si calmasse così che sarei potuta andare via senza che lui incendiasse la città. La sua presa diminuì gradualmente e subito dopo, le mie mani furono finalmente libere. Mi voltai per guardarlo in faccia e sospirai.

"Bene, facciamo un patto," disse con un ghigno. Alzai un sopracciglio e sospirai di nuovo.

"Mi stai dicendo che non sei mai cambiato e che hai sempre avuto tutta questa rabbia dentro di te," dissi, mentre lui annuiva. "Quando pensi a te stesso, qual è la prima cosa che ti viene in mente?" Chiesi, mentre la confusione prendeva posto sul suo viso.

"Crudele, mostruoso, arrabbiato. . ." Iniziò a dire.

"Non ti credo nemmeno per un secondo," dissi, scuotendo il capo e incrociando le braccia al petto.

"È tutto vero," replicò, anche lui incrociando le braccia al petto.

"Beh, questo è il mio patto. Voglio vedere questo uomo crudele, mostruoso, arrabbiato. Voglio vedere tutti questi tuoi lati, senza che tu ti controlla," dissi, mentre lui mi guardava confuso.

"E questo cosa ha a che fare con il fatto che tu rimanga qui con me?" Mi domandò.

"Beh, se devo restare con un uomo così crudele, voglio vedere con i miei occhi quanto forte può mordere," gli risposi.

"Quindi rimani?" Mi chiese, con occhi lucidi.

"Non necessariamente. Se vedo il lato peggiore di te, andrò via. Al contrario, se mi mostri il vero Harry, rimarrò con lui," dissi, mentre lui faceva spallucce come se fosse un gioco da ragazzi.

"Okay, non è difficile," disse, scuotendo il capo.

"È qui che inizia la parte divertente." Dissi con un ghigno. "Domani verrò a lavoro con te."

Excessive (Italian translation)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora