CAPITOLO 20

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   DOMENICA 29 SETTEMBRE

Mi alzai di scatto dopo quell'incubo. Era come se si fosse aggiunto un pezzo al puzzle. Qualcuno mi aveva chiamata e mi avevano iniettato qualcosa. Poi però ero svenuta. Presto forse avrei saputo tutto, ma non ero ancora pronta. Ero debole già ora, non avrei retto la verità. Decisi comunque di alzarmi e ritornai nella mia stanza.

Trovai Chloe seduta con la schiena contro la mia porta.

Io <Ehi, che ci fai qui?> si alzò di scatto e mi abbracciò.

Lei <Non ti abbiamo trovata, eravamo preoccupati a morte!>

Io <Tutti? Anche... Warren?>

Lei <Si, lui più di tutti. Vuoi dirmi cos'è successo tra di voi? Si comporta in modo strano.>

Io <Non ora. Vado a farmi una doccia, puzzo di alcool.> lei annuì e io entrai lavando via quell'odore fastidioso.

Quando finii mi vestii con dei leggins neri e una felpa grigia. Rimasi scalza, tanto non sarei uscita di casa. Dovevo iniziare a fare I compiti e studiare per la ricerca di storia.

Presi I libri e mi misi al lavoro. Avrei iniziato con matematica.

In poco tempo riuscii a fare tutto. La ricerca l'avrei studiata meglio nei giorni successivi, tanto avrebbe interrogato di giovedì, avevo ancora tempo. Mi venne in mente una cosa. E quel pensiero aveva un nome. Un nome che si ripeteva nella mia testa da tempo ormai, Warren.

Ultimamente era cambiato. Da bravo ragazzo che era stava diventando l'opposto, dalla nostra discussione era diventato totalmente un'altra persona.

Mi alzai, infilai delle scarpe sportive bianche ed uscii di casa.

Aspettai l'autobus e poco dopo arrivò, era praticamente vuoto. Sapevo esattamente quello che stavo per fare. Per ora nessun ripensamento. Non ci avevo nemmeno riflettuto, avevo fatto senza pensarci una cosa di cui forse mi sarei pentita.

Passai il viaggio con la musica alle orecchie e con lo sguardo posto fuori dal finestrino.

<Siamo a destinazione, Galveston.> disse l'autista. Scesi e ad accogliermi fu l'odore del mare. Trovai il bar della scorsa volta.

E anche se all'inizio ero un po' titubante, decisi di aprire quella dannata porta ed entrai dentro. Ad accogliermi ci furono sempre le stesse persone, era quasi come se fossi ritornata a quel giorno. Sempre negli stessi posti praticamente.

Lei <Oh, Arianna giusto? Come mai da sola, non c'è Warren?> mi venne in contro la donna dai capelli rossi.

Io <Sono qui da sola...> risposi sedendomi al bancone.

Lei <Prendi qualcosa?>

Io <Un cappuccino, grazie.>

Dopo un sorriso dolce e amichevole iniziò a prepararmelo.

Lei <E' successo qualcosa?> mi chiese di spalle.

Io <Una piccola discussione.>

Lei <Spero risolviate presto, è un bravo ragazzo. Pochi ormai sono ancora come lui.>

Mi offrì il cappuccino e iniziai a berne qualche sorso lentamente.

La gente era sempre la stessa e faceva le stesse identiche cose. Come una ruota che gira.

Non sapevo bene il perchè fossi andata lì, ma qualcosa dentro di me mi aveva spinto a prendere quell'autobus per questa destinazione. Senza uno scopo ben preciso. Come se mi avesse detto "vai e poi quello che accadrà si vedrà".

~La ragazza della ferrovia~ (Wattsy2017)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora