CAPITOLO 57

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MERCOLEDI' 25 DICEM

Presi l'autobus e iniziai così il viaggio con le cuffie alle orecchie. Appoggiai la testa al finestrino e guardai il paesaggio scorrere velocemente di fianco a me.

Guardai il cielo bianco da cui molto probabilmente avrebbe nevicato, guardai I passanti, quei pochi che erano in giro il giorno di Natale.

Notai I passeggeri che erano seduti come me. Alcuni ridevano e parlavano tra di loro, altri erano al cellulare e altri ancora persi nei loro pensieri a guardare il nulla.

Mi sono sempre chiesta quante storie potessero avere tutte queste persone. Se I loro sorrisi fossero veri o nascondessero qualcosa, se avessero un ragazzo, una famiglia, se avessero passato qualche brutto periodo o se lo stessero vivendo.

Intorno a me c'erano una cinquantina di persone, ognuna con una storia diversa.

Alcuni di loro sembravano stare bene nella loro vita. Come se fossimo noi I protagonisti della nostra storia e loro solo semplici comparse. Come se noi fossimo gli unici ad avere problemi e gli altri stessero vivendo una vita semplice e normale.

Come se gli unici a stare male fossimo noi.

Solo che non sempre è così. Noi vediamo gli altri come persone senza da problemi, ma chissà, magari hanno più problemi di noi .

Appena l'autobus si fermò ad un semafono colsi l'occasione per notare una donna anziana seduta su una panchina rovinata dal tempo.

Crediamo davvero che pure quella persona sia una semplice comparsa oppure anche lei ha una storia da raccontare? Magari ha avuto un passato difficile e tutt'ora è sola. Iniziai così a pormi domande e stupide teorie cercando di azzeccare qualcosa sulla sua vita, ma sapevo benissimo che non avrei mai potuto sapere con certezza se almeno una delle mie ipotesi fosse vera.

Avevo sempre avuto molta fantasia e mi piaceva guardare le persone e solo da quell'immagine capire quale fosse la loro storia, guardare I loro occhi e cercare di intravedere come stessero o cosa avessero subito.

Avevo sempre avuto una grandissima immaginazione, fin da piccola, e mi era sempre piaciuto perdermi in un altro mondo, in un'altra vita. Essere qualcun altro, anche solo per un giorno, per qualche secondo.

Mi accorsi che ero arrivata a destinazione, così scesi e mi incamminai verso casa.

Bussai alla porta e ad aprirmi fu mia sorella, che appena mi vide mi saltò in braccio.

Io <Mi sei mancata.> le sussurrai mentre mi teneva bloccata tra le sue braccia. Era da quando ero andata in quel maledetto centro di cura che non la vedevo. Pensai fossero due mesi circa.

Le accarezzai I capelli e le sorrisi.

Lei <Arianna!> disse mia nonna abbracciandomi. Si chiamava Marie e viveva a Parigi, quando era giovane si trasferì li con suo marito, morto qualche anno fa. Aveva sempre amato il francese e lo sapeva alla perfezione, infatti ciò si poteva intuire dalla sua pronuncia.

Io <Ciao nonna, mi sei mancata.>

Lei <Andiamo in sala, tua mamma ci aspetta a tavola.>

Raggiunsi la sala da pranzo.

Lei <Tesoro, finalmente.> mi disse mia madre. <Allora, porto I piatti.> disse correndo in cucina.

Ci sedemmo ognuno ai propri posti aspettando il Roast Beef che come ogno anno faceva parte della nostra tradizione. Ricordai che una volta era mio padre a cucinarlo, ma nonostante se ne fosse andato mia madre non aveva voluto cambiare nulla. Anzi, era un modo per tenerlo con noi, tramite questo ricordo.

Appena mi venne messo sotto il naso non potei non aspettare. Adoravo quello fatto da mia mamma, era un'ottima cuoca.

Dopo aver parlato di me, con le solite domande alcune imbarazzanti finimmo di mangiare.

Lei <Ora vi porto il panettone farcito da me personalmente.> disse mia madre con un sorriso.

Mi era mancato mangiare queste cose, anzi, mi era proprio mancato mangiare.

Finito il pranzo andai nella mia stanza e mi sedetti sul mio letto. Mi guardai intorno e presi un respiro.

Erano cambiate tante cose in quest'anno, anzi, in questi quattro mesi. Avevo perso in un certo senso Aurora, avevo ritrovato Chloe, avevo fatto molte altre nuove amicizie, avevo trovato un amico fantastico come Warren, avevo sofferto, ero stata male per molti motivi e avevo scoperto cosa fosse successo in quegli otto mesi.

Ma sembrava che qualcosa dovesse ancora accadere, come se mancasse qualcosa per andare avanti.

Mi alzai e mi guardai intorno. La mia camera fin da piccola. Varie foto sparse sui mobili che mi ritraevano sorridente.

Le osservai con un sorriso nostalgico e in un certo senso mi sentivo diversa. Come se tutta questa storia mi avesse cambiata. Una volta risalita da quella profonda ed enorme fossa non ero più la stessa. Qualcosa dentro di me era cambiato. Non sapevo dire con certezza che cosa ma mi sentivo come se questa volta potessi essere più forte. Come se, se mi si fosse presentato davanti un problema lo avrei saputo combattere fino alla fine con più forza rispetto all'ultima volta. Mi avvicinai alla finestra. Il cielo bianco e quell'atmosfera invernale che ti fa venir voglia di metterti un maglione e stare al caldo con una tazza calda di cioccolato. Questa era una delle poche cose che mi piacevano dell'inverno.

Ricordai che passavo molti pomeriggi ferma davanti alla finestra a pensare. Rimanevo lì solo quando faceva troppo freddo per andare alla ferrovia. Bastò pensare a quella semplice parola, quel semplice luogo che per me significava tutto, e iniziarono altri pensieri. 

E quei pensieri riguardavano soprattutto una persona, Edward. Non sapevo cosa stava succedendo tra me e lui. Ma l'unica cosa che mi ronzava in testa era... cosa sarebbe successo quando mia madre avrebbe scoperto chi era in realtà quel ragazzo? E cosa mi era successo davvero? 

Alla fine i problemi non passano mai definitivamente, non cessano di esistere. Rimangono, solo che si affievoliscono soltanto.

<Tesoro, c'è una persona che chiede di te!> urlò mia nonna. Mi allontanai da lì e scesi le scale. Mi avvicinai alla porta e rimasi a bocca aperta trovandolo lì.

Io <Cosa ci fai qui?> riuscii a dire qualcosa solo dopo altri secondi in cui cercavo di riprendermi.

<Ho pensato che sarebbe stato carino passare a salutarti e a darti anche un regalo.>

Io <Scherzi vero? Ora mi sento un'idiota dato che non ho preso nulla. Se l'avessi saputo ti avrei preso qualcosa...> feci una smorfia ma lui sorrise.

<Il regalo che mi hai fatto è stato quello di perdonarmi e con quello sei a posto per i prossimi cinque anni.> dalla giacca estrasse un pacchetto bianco con un nastro rosso.

Lo afferrai ed iniziai a scartarlo come una bambina di sette anni. Davanti a me un piccolo portachiavi con un treno come ciondolo. Lo guardai per poi sorridere.

<L'unica cosa che ho trovato che centrasse con la ferrovia era quello...> si grattò la nuca imbarazzato.

Io <Grazie, io...> mi affiancò mia madre e tra me e lui calò il silenzio.

<Vuoi farlo restare fuori a gelare per quanto ancora?> mi chiese divertita mia madre.

Io <Si scusa.> dissi ridacchiando mentre si accomodò.

Guardai mia madre parlare gentilmente ad Edward, ancora all'insaputa di chi fosse in realtà. Ma io ero felice, perché sembrava che finalmente avessi tutto e per la prima volta in tutta la mia vita mi sentii completa. Per cui lasciai i pensieri fuori e con un sorriso andai avanti.


~La ragazza della ferrovia~ (Wattsy2017)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora