CAPITOLO 3

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  MARTEDI' 10 SETTEMBRE

"Camminavo tranquilla sulla ferrovia, il mio posto segreto. Il mio piccolo mondo. Dove concedevo spazio ai miei pensieri, alle mie preoccupazioni. Mi guardai intorno. La mia vita era così felice. Una bella famiglia, tanti amici e I voti a scuola erano ottimi. Il cielo era fantastico. Tinto di colori. Il tramonto davanti. L'ultima luce. Ho sempre pensato che il sole in un certo senso fosse un esempio da seguire. È come se morisse, per lasciar spazio alla notte, ma poi rinascesse. Più forte di prima. Tutto andava per il meglio. Ma accadde qualcosa di strano. Il sole scomparì all'improvviso, troppo velocemente.

Tutto divenne improvvisamente buio e freddo. Alla canzone che avevo nelle orecchie presero il posto dei frastuoni. Erano rumori forti, bruschi, snervanti. Mi tolsi le cuffie per non sentire più quell'orrore. Ma mi accorsi che quella musica non era nel telefono. Era fuori. Come se il cielo mi stesse cantando quei suoni forti e che quasi mettevano paura. Iniziai a sentire le orecchie esplodere. Sentii la mancanza del sole. Sembrava l'unica cosa che potesse fermare tutto ciò, ma ormai era scomparso. Avevo paura, ero disperata. Quei suoni diventavano sempre più forti, più vicini, e io non potevo farci niente."

Mi svegliai di scatto. Mi fermavo sempre nello stesso punto del sogno. Come I ricordi di quel giorno sono cessarono ì. Ero sicura che fosse successo qualcosa. E quel qualcosa doveva essere la causa di quell'incubo.

Presi il telefono. 9:37. Merda. Ero in ritardo. Ma non sapevo nemmeno dove dovessi andare. A sinistra tra gli alberi vidi un passaggio. Era piccolo e stretto e c'erano rovi, ma non c'era altro posto da cui potevo passare.

Seguii il piccolo sentiero nel boschetto. Poi finii su una stradina asfaltata. Continuai e mi ritrovai a percorrere una piccola galleria, come un tunnel. Continuando per la via desolata mi trovai subito nelle vie della città. Sembrava un posto fuori dal mondo. Decisi di fermare una signora.

Io <Scusi, potrebbe dirmi che strada devo prendere per l'istituto Rice University?> prima di rispondermi mi squadrò da testa a piedi. Dovevo avere proprio un aspetto orribile. In effetti non mi ero nemmeno data una sistemata. E come avrei potuto d'altronde?

Lei <Certo, vada dritto, poi giri a sinistra vada ancora dritto, poi giri a destra. La scuola si trova proprio lì.>

Io <Grazie mille.>

Lei <Si figuri.>

Detto ciò camminai, seguendo le sue indicazioni. Dopo qualche minuto arrivai. Entrai di corsa, cercai il bagno e quando lo trovai mi lanciai dentro. Mi guardai allo specchio. Facevo schifo. I capelli scompigliati. Le occhiaie e il trucco sbavato. Presi l'elastico che portavo sempre al polso e mi feci una coda alta. Con l'acqua riuscii a togliere le sbavature di trucco.

Mi riguardai allo specchio. Non ero bellissima, ma ero presentabile.

Raggiunsi la mia classe e bussai.

Lui <Avanti.>

Io <Scusi il ritardo.> dissi e andai a sedermi vicino ad Aurora che mi stava fissando.

Lei <Pss, Ary. Ma dove cazzo eri finita? Stavamo per chiamare la polizia! Sei scomparsa!> non le risposi. Non ne avevo voglia. Se le avessi detto come mi fossi sentita, cioè la testa che mi girava, e che sembrava esplodere lo avrebbe sicuramente detto a mia madre. E avrebbe chiamato un dottore. Non lo avrei sopportato. Non mi piaceva quando gli altri si preoccupavano per me. Almeno non se ero io a chiederglielo di aiutarmi. Non mi piaceva che gli altri sapessero dei miei problemi, anche se era la mia migliore amica. Passai tutte e due le ore immersa nei miei pensieri. Finalmente arrivò l'intervallo e mi lanciai fuori, ma Aurora mi si precipitò davanti e incrociò le braccia al petto.

~La ragazza della ferrovia~ (Wattsy2017)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora