CAPITOLO 45

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Sono distesa sul letto e sono sveglia, aspetto solo che lui entri nella stanza e poi si vedrà.

Non so se questa mia idea andrà a buon fine e dentro di me so che lui riuscirà a prendermi e probabilmente il mio piano fallirà. Ma non posso stare qui a fare niente senza nemmeno lottare. Perchè anche se difficile io voglio trovare un modo per andarmene da qui.

Sento dei passi avvicinarsi, mi giro di schiena dando le spalle alla porta la quale si apre di scatto.

<Svegliati.> non rispondo perchè devo dare l'idea che io stia dormendo. Continua a chiamarmi con voce sempre più alta fino a quando non si stufa e si avvicina. Poggia una mano sulla mia schiena e in quel momento mi giro di scatto e gli conficco quel frammento di vetro nel braccio destro.

Porta il peso all'indietro chiudendo gli occhi e stringe I denti mentre cerca di togliersi quel pezzo. Dalle sue labbra scappa qualche lamento mentre ne approfitto.

Mi alzo di scatto, mi avvicino alla porta e la apro per poi correre lungo il corridoio. Continuo a guardarmi indietro mentre corro e qualche lacrima esce dai miei occhi per poi scorrere lungo le mie guance.

Inizio a sentire dei passi veloci dietro di me e così aumento il passo. Ogni singola parte del mio corpo è completamente immersa nell'ansia.

<Fermati!> mi urla ma non lo ascolto.

È una casa semplice e ben arredata ma non sono qui per ammirare questo posto ma per fuggire.

Mi oriento tra le stanze e cerco l'uscita, ma mi ritrovo in cucina, vicolo cieco.

Vado dall'altra parte del tavolo e lui è da quella opposta. Faccio una finta verso destra ma si muove a specchio.

Prendo una bottiglia di vetro che c'è sul tavolo e gliela lancio contro prendendo così il tempo per fuggire.

Trovo la porta, cerco di aprirla ma è chiusa.

Io <Dai cazzo!> sussurro piangendo mentre continuo a sforzare la manglia ma non si vuole aprire. Senza chiave sono fottuta.

Mi giro e me lo ritrovo davanti, faccio un passo indietro ma non ho spazio.

Lui <Dove pensi di andare eh?> cerco di tirargli dei pugni ma mi afferra violentemente I polsi. Provo di liberarmi ma non ci riesco. Riesco a tirargli un calcio e finalmente rilascia un po' la presa. Corro verso una finestra. Guardo verso il basso. Primo piano. Finestra chiusa. Prendo un orologio a muro e dopo un paio di colpi il vetro si rompe.

Riesco a passare provocandomi solo qualche graffio.

Sono fuori.

Un sorriso appare sul mio volto mentre cerco di riprendere fiato ed inizio a tranquillizzarmi.

Fuori sta nevicando, guardo verso il cielo, fiocchi bianchi che cadono lentamente. La luce quasi mi acceca e un senso di libertà mi pervade.

Avrei dovuto continuare a correre e fermarmi più in la, perchè una mano si posa sulla mia bocca e cerco di urlare, ma poi un colpo alla testa mi fa chiudere gli occhi.

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Mi svegliai di colpo. Un altro flashback di quel giorno. Non ce la facevo più a rivivere quei terribili ricordi. Volevo svegliarmi.

Sentii una presa sulla mia mano destra. Dei singhiozzi e delle lacrime.

Una voce che continua a ripetere la parola "scusa". Edward. E in quel momento ricordai tutto ciò che stavo vivendo appena mi addormentavo. Pensai a cosa stessi rivivendo e a cosa mi aveva fatto e non riuscivo più a vederlo come facevo una volta, o almeno non completamente.

Provavo odio e schifo. Ma soprattutto paura.

Perchè solo ora mi resi conto di cosa avevo passato. Ricordai quella cicatrice che aveva sul braccio durante uno di quei giorni in cui ci vedevamo per la ricerca di storia. Ero stata io a causargliela con un pezzo di vetro.

"Prese una sedia e si sedette vicino a me.                                                                                                                  Lui <Facciamo la seconda guerra mondiale.>   

Io <Ma è banale.>

Lui <Tutti dicono così, e per questo non la fa nessuno. Quindi la faremo noi.>

Dato che non aveva un maglia notai sul suo braccio destro una cicatrice, e non era nemmeno piccola.

Io <Come te la sei procurata?> mi guardò duro e serio senza darmi una risposta.

Lui <Non ha importanza.>

Io <O-okay.> dissi confusa."

Per un attimo ero scappata fuori da quella casa ma poi mi aveva trovata.

Per un attimo avevo voluto svegliarmi, ma ora no, volevo sapere cosa era successo in quel periodo. Volevo sapere la verità, era arrivato il momento che io sapessi tutto.

Volevo odiarlo stavolta perchè giusto, perchè lui non doveva meritarsi nemmeno un mio sorriso o parola che non fosse un "vai all'inferno!"

~La ragazza della ferrovia~ (Wattsy2017)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora