CAPITOLO 46

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Da quando è successo quell'episodio è più attento e non mi toglie mai gli occhi di dosso, mi osserva sempre.

Apro l'armadio e con il gessetto rosso faccio un'altra croce. Le conto.

Oggi dovrebbe essere... natale!

Il sorriso che si era formato sul mio viso scompare subito dopo ricordandomi di come l'avrei passato.

Prendo il diario che tengo nascosto sotto il materasso e continuo a scrivere, ogni emozione la esprimo in quel quadernino. È l'unico modo che ho di sfogarmi.

Mentre scrivo provo sempre più rabbia così tanta rabbia da mettere troppa pressione su quel foglio che si strappa.

Come può lui fare una cosa del genere? Rapirmi e distaccarmi dalla mia vita, dalla mia famiglia, per cosa poi? Io non sono la sua bambolina, io sono una persona e come tale ho dei sentimenti!

Prendo allora il diario e lo scaravento contro la parete. Mi alzo di scatto cercando di calmarmi anche se non mi viene poi così facile.

<Non agitarti troppo.> sento dire da dietro la porta. <Io vedo tutto.> dice per poi allontanarsi.

Mi guardo in giro e noto una piccola videocamera posta in un angolo della camera sul soffitto.

Rimango a guardarla per un lungo tempo fino a quando decido di sedermi per terra e di chiudere gli occhi.

Avvicino le gambe al petto e mi lascio cullare dal suono del silenzio e dei miei singhiozzi.

Mi sono quasi dimenticata della mia famiglia. Elisa, mi manca da morire. Chissà mia madre, cosa pensa che mi sia successo. Magari si è arresa all'idea cercarmi anche se non credo. Finchè non trova qualcosa lei non si arrende, anche se ci vorrebbero anni.

Deve affrontare la morte di mio padre e la mia scomparsa.

Mio padre... mi ero dimenticata di questo. Lui è morto e non riesco a capacitarmi di ciò. Mi sembra impossibile.

Solo ora mi vengono in mente alcuni dei momenti che ho passato con lui.

Chissà cosa starà facendo adesso la mia famiglia.

Chissà Chloe, la mia migliore amica; vorrei tanto essere li con lei, vorrei un suo abbraccio, quanto mi farebbe bene adesso uno di quelli suoi. Caldi e che ti fanno sentire al sicuro.

Chissà Aurora. Lei è nuova e voglio scoprire qualcosa di più su di lei. È sempre scontrosa con tutti, ma ho notato I suoi occhi, nascondono lacrime e dolore. Le è successo qualcosa.

Quando uscirò da qui devo scoprirlo.

Prendo il mio diario e inizio a scrivere:

"Quando uscirò di qui:

-andrò da Aurora e stringerò amicizia cercando di capire cosa le è successo.

-darò lezioni di chitarra a mia sorella che tanto voleva.

-starò con mia madre più tempo possibile cercando di non farla sentire sola.

-andrò a visitare mio padre ogni giorno e gli parlerò come se fosse presente.

-riderò perchè me lo merito. Merito di essere felice.

-andrò avanti.

-comprerò un cane, come avrebbe voluto fare mio padre.

-denuncerò questo ragazzo, deve morire dietro alle sbarre, non lo perdonerò mai, non ci rivolgerò mai la parola."

Chiudo il diario e mi posiziono in piedi davanti alla telecamera che è puntata proprio nella mia direzione.

Io <So che mi stai guardando! Io lo so! Guardami!> dico indicandomi. <Guarda come sono, perchè è solo colpa tua. Se sono ridotta in questo stato è solo per colpa tua!>

Urlo con tutta la forza e odio che ho in corpo. Era da giorni che non parlavo e ho sento la gola in fiamme, accompagnata da una strana carica di rabbia che mi renderebbe capace di scaraventarmi sulla porta all'istante e di sfondarla.

Rimango poi tutto il tempo a fissare quella telecamera. Lui mi sta guardando, lo so. Io non ero fragile, non davanti a lui e ciò che mi faceva.

Io non dovevo provare paura, ma solo odio.

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Ormai sapevo tutto, tutto ciò che dovevo sapere.

Avevo capito cosa mi aveva fatto in quegli otto mesi.

Mi trattava come una bambola. Chiusa in una stanza, per qualsiasi motivo se la prendeva con me. Mi arrivavano schiaffi, pugni, calci e io piangevo per il dolore ma cercavo di restare fredda il più possibile.

Quel diario, ora sapevo cosa conteneva. Mi trovavo in una casa in montagna.

L'ultimo flashback che avevo avuto era di cinque mesi che ero lì.

Avevo riempito l'armadio di croci rosse, avevo quasi finito il diario e la penna.

Avevo lividi ovunque e lo sguardo perso nel vuoto. Ma ogni giorno ricordai che leggevo quella lista che avevo fatto che diceva cosa avrei dovuto fare una volta uscita da lì.

Quel ragazzo lo vedevo sempre di meno. Solo per il cibo, ma nell'ultimo periodo non entrava più spesso in quella camera. E se entrava non mi trattava più come prima. Lo guardavo entrare mentre ero rannicchiata in un angolo per poi uscire poco dopo senza avermi nemmeno sfiorata.

Ormai sapevo cosa mi aveva fatto, e ogni volta che Edward entrava qui volevo solo che se ne andasse.

Il ricordo di lui che mi prendeva per I capelli e mi scaraventava come fossi un oggetto contro il muro, il suono di piatti che si frantumavano al suolo mi rimbombavano in testa.

Ora sapevo a cosa si riferivano quelle sensazioni che provavo quando ero con lui o anche quando mi sfiorava solamente.

Ora sapevo tutto. E allora perchè non mi svegliavo?

Perchè non aprivo questi fottuti occhi?

Ora era in questa stanza. Sapevo che mi stava guardando, anche in quel periodo lo faceva. Attraverso quella videocamera mi teneva sempre sotto controllo.

Ormai il filo tra realtà e sogni si stava ingarbugliando sempre di più. Ero sempre più confusa tra quale fosse il presente e il passato.

Chloe era passata spesso a trovarmi. Avrei voluto anche vedere Aurora, mi mancava troppo.

Avrei voluto abbracciarla e mi mancava anche come mi faceva sentire.

Mi mancava mia sorella, mia madre. Mi mancavano tutti.

Volevo solo poter aprire gli occhi e tornare alla mia vita perchè anche ora avevo una lista di cose da fare appena avrei aperto gli occhi e tra queste ce n'era una in particolare.

"odiare Edward a vita."


~La ragazza della ferrovia~ (Wattsy2017)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora