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Le lacrime di Jimin scorrevano avide lungo le sue guance, mentre il mondo sembrava diventare sempre più buio, più buio di quanto già lo era.

Si alzò, anche se le gambe gli dolevano e una voglia di vomitare tentava di aggrapparsi a lui ogni secondo di più, ma ce la doveva fare, doveva resistere.

Ormai tutto ciò capitava quasi ogni giorno da quando lui era arrivato in quella scuola,  doveva stare alle regole di Kangdae  o per lui sarebbe finita davvero male.

Doveva ancora conoscere parecchi professori, doveva ancora conoscere alcune aule.

Ma nessuno si offrì mai volontario per accompagnarlo.

Ma perchè veniva disprezzato sin da quando si era trasferito?

Voleva tornare a Busan, lì non stava già bene.

L'unica cosa che non era cambiata nel tempo era Kangdae, senza un preciso motivo lo trovava ovunque, in terza media si trasferì in un luogo che non aveva voluto precisare.

Ed eccolo lì, a Seoul, a rovinare la vita ad altri ragazzi.

Jimin iniziò a camminare, mentre il mondo girava come una trottola con cui giocava da bambino.

E per  un attimo si sentì in colpa di aver fatto girare quei piccoli oggettini.

Si alzò il cappuccio della felpa fino a portarselo sul viso, così mentre tornava a casa nessuno avrebbe notato tutte le ferite che si portava dietro.

Forse sarebbe andato anche in farmacia e in un negozio per prendere dei trucchi.

Doveva nascondere tutto il dolore che stava provando, o per lui sarebbe finita davvero male.

Le sue gambe tremavano, mentre sentiva che stesse per morire da un momento all'altro.

Il corridoio pian piano sembrava divenire sempre più immenso, e questo lo faceva soffrire, non voleva rimanere ancora in quell'edificio.

Pian piano vide il cielo grigio di Seoul, avrebbe iniziato a piovere a momenti e non sapeva come fare.

Alla fine si ritrovò davanti alla porta di uscita, con uno strattone l'aprì ed uscì, avvolto dal gelo.

Butterfly {Vmin} #Wattys2018Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora