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Arrivò a casa, mentre un silenzio inquietante lo avvolse.
Le gambe gli dolevano, aveva camminato troppo, soprattutto in quello stato.
Si guardò attorno, stupito da quanta calma ci fosse ormai in casa.
<<Mamma! Sono tornato!>> urlò, ma non gli rispose nessuno, <<Papà! Sono a casa!>> nessuno rispose.
Si avviò in cucina, dove un bigliettino era poggiato sul tavolo, ma nessuno si trovava ad attenderlo.
Nessuno arrivava e gli prendeva le mani preoccupato per il suo ritardo, nessuno gli chiedeva come fosse andata la sua giornata.
Poggiò la busta della farmacia sul tavolo, per poi sedersi sulla solita sedia che sembrava esser diventata di sua proprietà sin da piccolo.
Prese il bigliettino, per poi leggere ciò che c'era scritto.

"Siamo andati a casa di nonno e nonna, torniamo tra due giorni"

Appena vide ciò che c'era scritto Jimin sospirò, portandosi una mano ai capelli.
Possibile che non si preoccuparono neanche del fatto che molto probabilmente sarebbe tornato a casa tardi e aveva necessità di cibo?
No, forse si stavano semplicemente dimenticando di lui.
O volevano che diventasse più autonomo?
Si guardò attorno, forse per la milionesima volta, come se fosse ancora disorientantato da quelle nuove mura, da quel nuovo spazio.
Erano già passate due settimane e non ci si era ancora abituato.
Cosa avrebbe mai potuto fare lì da solo?
Ormai anche la fame se ne era andata, si sostituì semplicemente con un senso di nausea.
Si avviò al bagno, mentre lo stomaco sembrava rigirarsi in lui, mentre tutto il mondo sembrava girare ancora come una trottola o una giostra che non si fermava mai.
La busta sembrava esser diventata acqua, che pian piano scivolava tra le sue mani.
Si sentiva semplicemente come un essere ormai morto da tempo, abbandonato dalla vita dai genitori dagli amici, abbandonato semplicemente da tutti.
Ma in fondo, a chi gli sarebbe mai importato di lui?

Butterfly {Vmin} #Wattys2018Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora