Arrivati a scuola lui parcheggia nel primo posto libero che trova. Scende di corsa dall'auto e quando sto per aprire la portiera lui mi precede facendomi un grande sorriso.
"Come sei gentile stasera!" Esclamo ridendo e scendendo dalla macchina.
"Mi ci sto impegnando." Alza il mento e gonfia il petto, poi mi porge il braccio come un vero signore.
Io scoppio a ridere e lo prendo sottobraccio. Ci avviamo dentro la scuola in silenzio, e percorriamo tutti i corridoio arrivando in palestra, dove le luci colorate rimbalzano sulle pareti insieme alla forte musica.
"Eccoti!" Esclama Meredith venendo verso di me. "Sei uno schianto tesoro!" Urla cercando di sovrastare la musica. Accanto a lei compare Marvin, che le cinge la vita con un braccio.
"Mark! Non mi avevi detto che non saresti venuto?" Gli chiede Marvin sporgendosi con il viso verso di lui, per farsi sentire bene.
"Si, ma ho cambiato idea." Grida.
"Fantastico! Ti va di venire a giocare a beer pong contro i professori? Purtroppo al posto della birra abbiamo lo champagne analcolico, ma dovresti vedere la professoressa McCole in squadra con Turner ogni volta che vince."
Scoppiamo tutti quanti a ridere e Marvin trascina via Mark.
"Come mai sei venuta con lui?" Mi chiede Meredith attaccata al mio orecchio.
"Perché nessuno dei due aveva un accompagnatore. Siamo solo amici. Amo Kendall, lo sai."
"Si, lo so. Ma vedi, è da un po' che nemmeno lo senti... è normale non provare più gli stessi sentimenti." Si stringe nelle spalle.
"Mer, ascolta, Mark per me è solo un amico. Penso che non smetterò mai di amare Kendall, se mai sarà lui a farlo, ma io mai. Lo amo troppo." Scuoto la testa.
"Lo so, Sophie." Mi accarezza il braccio. A mala pena la sento quando mi dice: "Ora andiamo a ballare!"
Balliamo per chissà quanto tempo, e appena comincia un lento i gruppi si dividono automaticamente in coppie. Marvin stringe la vita a Meredith e la porta al centro della pista.
Io gli sorrido e mi volto, per andarmene e lasciare spazio agli altri.
Quando mi giro per poco vado a sbattere contro un petto muscoloso.
Alzo lo sguardo e incrocio gli occhi blu di Mark. "Mi concedi questo ballo?" Mi porge la mano. Io gli sorrido e prendo la sua mano. Ci avviamo anche noi al centro della pista, e metto le mie braccia intorno al suo collo. Quando mi stringe la vita, delicatamente, sento dei brividi attraversarmi il corpo. Non sono più abituata a questa sensazione, e mi manca tremendamente il tocco di Kendall sul mio corpo.
"Ti ho vista ballare prima, sai, non mi ero accorto di quanto ballassi bene, prima d'ora." Sorride.
"Non si può definire ballare, quello."
"E allora come si chiama?"
"Non lo so!" Esclamo.
Rimaniamo in silenzio per un po', quando lo vedo alzare lo sguardo e rimanere a bocca aperta.
"Che c'è?" Gli chiedo inarcando le sopracciglia. Non risponde, così mi giro anche io per vedere che sta succedendo, quando mi accorgo che tutti stanno fissando lo stesso punto. Tutti stanno fissando l'entrata della palestra. Perché?
Beh, stento a crederci anche io, ma quando la persona che amo di più al mondo incrocia il mio sguardo, sono sicura che questo non sia un sogno, ma è la pura verità.
Kendall fa un passo verso di me, tra i bisbigli e i sospiri, e sulle note della canzone che ancora va avanti corro verso di lui e mi butto tra le sue braccia.
Lo accarezzo, lo tocco, lo bacio, e non mi importa di essere al centro dell'attenzione di tutti, mi importa soltanto di lui, adesso. Del fatto che è qui con me, e che non voglio più lasciarlo andare.
"Amore mio." Mi dice, e a quel punto crollo, scoppio a piangere dalla felicità di rivederlo e di sentire di nuovo la sua voce.
"Non piangere piccola, sono qui." Mi accarezza e piano piano mi stacco da lui. Tutta la sala comincia ad applaudire, e il dj ha fatto partire un'altra canzone lenta.
Mi asciugo le lacrime, e Ken mi tiene stretta la mano, e mi porta in pista, dove ero prima. Saluta il fratello, e anche le persone che lo conoscono vengono a salutarlo come si deve, poi però mi strige la vita e mi fa ondeggiare. Io lo abbraccio forte mentre balliamo lentamente.
"Sono così felice di rivederti!"
"Tre mesi senza di te sembrano pochi, ma ti giuro che continuo a stare male, nonostante dovrei essere abituata. Ma non dovresti essere ancora lì? Non c'era quella specie di "simulazione di guerra" o qualcosa di simile?"
"Si, ho chiesto un permesso."
"Ti amo tanto." Lo bacio dolcemente.
Per tutta la serata io e Kendall non ci stacchiamo un attimo l'uno dall'altro. Mark però non sembra tanto contento di rivedere il fratello, ma glielo chiederò più tardi.
Verso le due di notte ritorniamo a casa, dopo aver salutato tutti per bene e aver festeggiato l'ultima volta tutti insieme, e non potete immaginare la gioia dei genitori alla sorpresa di rivedere loro figlio!
Loro vanno a dormire poco dopo, mentre noi ragazzi ci sediamo sui divanetti in giardino con una bottiglia di champagne rubata dal cassetto di Daniel.
"Quando te ne rivai?" Gli chiede Steven.
"Purtroppo ho l'aereo tra tre ore."
"Cosa? Pensavo che saresti rimasto un po' di più!" Piagnucolo io come una bambina di cinque anni.
"Lo so, Sophie, mi spiace."
"Ma... non è giusto!" Mi alzo in piedi "sei appena tornato, perché devi andare via subito?" Sono sull'orlo delle lacrime.
"Tesoro, non è colpa mia!"
Io non rispondo e corro dentro casa, dove letteralmente scoppio a piangere.
"Tutto apposto?" Kendall, che ovviamente mi ha seguita, mi accarezza la guancia e mi guarda negli occhi.
"No, non è tutto apposto. Non lo vuoi capire che mi fa star male ogni volta che te ne vai?" Ringhio. "Se sei venuto qui per restare solo qualche ora, a questo punto era meglio che non lo facevi. Risparmiavi il viaggio a te e il dolore a me."
"Pensavo che sarebbe stato carino farti una sorpresa!" Il suo sguardo diventa più cupo, quasi arrabbiato, e alza il tono della voce.
"Si, ma saresti potuto rimanere un po' di più."
"Non l'ho deciso io! Credi che a me piaccia lasciarti qui?"
"E allora non lo fare! Sei tu che vuoi diventare un soldato."
"Oh, scusa, quindi dovrei lasciare stare tutto e rimanere per sempre qui, magari andare anche alla stessa università, per non separarci mai più, solo perché tu fai i capricci e non riesci a stare per tre mesi senza di me?" Grida.
Io faccio un passo indietro. "Credevo che anche a te dispiacesse stare lontano da me, ma a quanto pare non è così." Cerco di nascondere il fatto che mi abbia ferita, reagendo con rabbia.
"Certo che mi dispiace, eppure non ti obbligo a fare il mio stesso programma per diventare militare."
Scuoto la testa.
"Pensi che sia stato bello venire e trovare te che balli con mio fratello? No, non stato piacevole, ma non ti ho detto niente perché non volevo rovinare il momento."
"E che dovevo fare scusa? Tu non c'eri, mica potevo rimanermene seduta come una deficiente mentre tutti ballavano." Si, l'avrei potuto fare, e non sarei sembrata deficiente perché c'erano un sacco di persone che lo hanno fatto, ma in questo momento devo dire qualcosa. Qualsiasi cosa.
"Infatti non mi sono arrabbiato e non ho fatto una scenata come stai facendo te."
"Evidentemente non provi gli stessi sentimenti che provo io."
Lui mi guarda perplesso e si porta una mano al petto, poi il suo sguardo da confuso si trasforma in arrabbiato. "Spero che tu sia scherzando!" Esclama furioso. "Io ti amo più della mia vita, cazzo! Sei la persona che ho sempre amato, e non credo che riuscirò ad amare qualcun'altra più di quanto amo te. Ti ripeto sempre le stesse cose, e ora vieni qui a dirmi che non provo sentimenti per te? Sei seria?"
"Sembra quasi che non ti dispiace quando te ne vai!" Strillo anche io. So che lui ha ragione, e sto facendo la bambina in questo momento.
"Sai quant'è difficile per me andarmene ogni volta? Lasciarti qui e vederti piangere pensando che non sarò io a consolarti dopo?"
Con le lacrime che non la smettono più di scendere, mi appoggio al bancone e lo guardo, con gli occhi annebbiati. Pare ferito, e magari lo è davvero.
Stringo l'angolo del bancone e cerco di ricacciare indietro le lacrime. "Io ti amo." Dico con voce flebile.
"Anche io ti amo. Forse è questo il problema, ci amiamo troppo."
"Ti sembra un problema?"
"Si, lo è. Io non sono la persona giusta per te."
"Perché dici questo ora?" Il mio respiro si fa sempre più affannato e sto per cominciare di nuovo a piangere. Non farlo, Sophie, non farlo.
"Perché ti faccio soffrire. Sono egoista, stronzo e non penso mai a te."
"Adesso chi è che sta sparando un sacco di cazzate? Sei la persona più dolce che conosca e metti sempre gli altri al primo posto!"
Scuote la testa. "È sbagliato."
"Cosa?"
"Noi. Io starò lontano molto probabilmente per un altro anno. Già è difficile per tre mesi..."
"Vuoi lasciarmi?" Gli chiedo con la paura nella voce. Spero tanto che la sua risposta sia no.
"Dobbiamo aspettare che finisca il programma di addestramento per stare di nuovo insieme, così non sarà più tanto difficile quando me ne andrò." Alza la testa e prende un bel respiro, ma lo voce gli si è spezzata alla parola insieme.
Sbatto gli occhi più volte e stringo di più l'angolo del bancone, per sapere se è reale, se tutto questo sta succedendo veramente.
"Sei tornato qui a Miami per lasciarmi, quindi?" Parlo a bassa voce.
"No. Sono tornato per farti una sorpresa, per rivedere di nuovo i tuoi occhi, il tuo sorriso, ma guardare lo stato in cui stai ogni volta che me ne vado mi ha fatto pensare. Non voglio più vederti così, e l'unico modo è non stare insieme. Non voglio che tu soffra più, non voglio che per il prossimo anno tu pensi a me, e a qualsiasi ragazzo risponderai: sono fidanzata, ma io non sarò mai presente, neanche potrai scrivermi o chiamarmi. L'idea di saperti con qualcun altro mi fa imbestialire e mi farebbe venire la voglia di staccare la testa a qualsiasi ragazzo osa anche solo guardarti, però non posso saperti triste lontana da me. Non posso pensare che mentre stai con me ci sono altri ragazzi che ti consolano, che stanno vicino a te e fanno quello che dovrei fare io se fossi con te. Devo lasciarti andare."
All'ultima parola che pronuncia crollo definitivamente. Le mie ginocchia cedono ed io mi ritrovo a terra a singhiozzare, mentre lui è in piedi davanti a me. Mi guarda, volta la testa e tira su col naso, per evitare di piangere.
Mi volta le spalle e sussurra: "Ti amo, Sophie."
A questo punto i miei singhiozzi si fanno ancora più forti, cingo le mie ginocchia con le braccia e non la smetto più di piangere.
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Manicomio al n. 23
RomanceFINITO- Sophie è cresciuta con due fratelli e dei cari amici dei genitori, che hanno cinque figli maschi. Era la vittima di tutti gli scherzi che avevano in mente i ragazzi, ma nonostante ciò si era dispiaciuta per la loro partenza... Nove anni dopo...