Disperazione

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Due settimane dopo...
Pov's Alexia
Sospirai rumorosamente per un ennesima volta, e strinsi gli occhi a causa del senso di nausea che mi attanagliava da stamattina. Mi affrettai a correre in bagno quando un ennesimo coniato di vomito si fece strada nel mio esofago. Rigettai quel poco che avevo mangiato a colazione, e sfinita mi trascinai nel mio letto. In quel momento con me, avrei voluto Federico, ma capivo che avesse da fare, perciò mi accucciai di un fianco, e cercai di concentrarmi sul mio respiro. Con gli occhi leggermente chiusi, casualmente incrociai il calendario sulla parete della camera. Domani si parte per la gita, e me ne sono completamente dimenticata. Mi alzai con le poche forze che mi rimanevano, e afferrai la valigia che tenevo prontamente sotto al letto. Misi qualche maglione, jeans e intimo a caso, e poi andai in bagno per mettere nel beauty-case shampoo, balsamo, spazzolino, dentifricio e bagnoschiuma. Stavo per chiudere l'armadietto dove tenevo il necessario per lavarmi, quando l'occhio mi cadde su una cosa in particolare. In quel preciso istante, mi venne più che spontaneo esclamare
-Oh cazzo!- dissi sentendo un brivido sulla schiena. Il panico mi invase e per un secondo temetti di svenire. Mi sedetti al bordo della vasca da bagno, e strinsi le mani intorno ad essa, cercando forza. Restai in apnea, e cercai di trovare mille soluzioni dentro di me, così prendendomi di coraggio, scesi di casa senza dire niente a nessuno e scappai nell'unico luogo che mi avrebbe permesso di scoprire se le mie paure fossero vere oppure no.

Avevo smesso di piangere da poco, da quando ero entrata agli inferi. Tremavo e non dal freddo, nonostante fossimo a Febbraio qui c'era caldo, ma dall'emozione e dalla... paura. Non sapevo per certo cosa provavo, ma la prima cosa che avevo fatto dopo quel risultato, è stata correre da Federico. Al mio passaggio la gente si spostava e le guardie facevano un leggero inchino con la testa, ma non me ne poteva importare minimamente. Come glielo avrei detto? Come avrebbe reagito? Cosa sarebbe successo dopo? La mia mente era un vortice di dilemmi, che si sarebbero risolti da li a breve, o almeno spero. Appena imboccai il corridoio del suo ufficio, vidi due guardie posizionate li davanti. Mi fermai davanti a loro e dissi
-Devo vedere il mio fidanzato.- si lanciarono un'occhiata incomprensibile e quello a destra, disse
-Signorina, purtroppo non è possibile dato che il nostro re è nel bel mezzo di una riunione importante.- sbuffai sonoramente, diedi una spallata ad entrambi e corsi verso la porta. Quando arrivarono fu troppo tardi, ormai la mia mano avvolgeva la maniglia. La abbassai tremando, e dissi
-Lux, credo di essere...- le parole mi morirono in bocca quando la porta fu completamente spalancata, e davanti a me vidi una scena che non mi sarei mai aspettata. Era li, avvinghiato ad una ragazza dai lunghi capelli neri, contro il muro. Alzò la testa dal suo collo e il cuore iniziò a martellarmi contro il petto. I suoi occhi erano neri, neri come il petrolio. La gonna della ragazza era semi alzata e la sua gamba era attorno al busto di Federico. La ragazza sussultò capendo chi fossi e cercò di ricomporsi. Gli occhi inquietanti di Federico, si spalancarono, e lentamente tornarono del suo splendido e unico colore. Prontamente portò la mano davanti la sua bocca. Non capivo che stesse succedendo, lui... mi aveva tradita, eppure i suoi occhi non li avevo mai visti così, e perché si copriva la bocca?Nonostante questi pensieri, l'unico vivido e che prese il sopravvento fu quello del tradimento. L'immagine di lui e lei avvinghiati, mentre lui era chinato sul suo collo faceva avanti e indietro nella mia mente. Le lacrime rigarono sul mio viso incontrollabili, e prima che potesse dire o fare qualcosa, corsi via, sotto le sue imprecazioni e le sue urla che chiamavano il mio nome. Il mio cuore era a pezzi e con lui anche la mia anima. Tutto quello in cui mi tenevo aggrappata, quello che era diventato il mio mondo incondizionatamente, si era sgretolato come un vaso di cristallo caduto per terra. Uscii da quella prigione che lui chiamava casa, che anche io chiamavo casa fino a qualche minuto fa. Corsi per il boschetto, e stanca, mi accasciai in qualche punto indefinito di esso.
Restai a piangere, sola e distrutta, con mille pugnalate al cuore. Un rumore di foglie non troppo lontano a me, mi mise sull'attenti, ma non avevo la forza, ne la voglia di alzare la testa. Quando però il vento freddo di Febbraio portò con se un dolce profumo di lamponi, scattai in piedi e mi precipitai tra le braccia di Michele.
-Shh piccola, ci sono io adesso.- scoppiai in un pianto disperato e così, mi lasciai cullare dalle sue braccia in una dolce danza di disperazione.

The devil's heart ||completa||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora