MADDY
Finalmente le lezioni erano terminate e potei ritornarmene a casa. Dopo lo scontro avuto con il professor Smith, avrei preferito cambiare direttamente continente.
Cosa mi era preso? Perché avevo reagito in quel modo?
Sperai con tutta me stessa che quel mio comportamento poco corretto non si ripercuotesse sul voto d'esame, ma d'altronde me lo sarei dovuta aspettare. Non riuscivo più a capacitarmi di cosa mi stesse accadendo, avevo completamente perso il controllo sulle mie emozioni e non era da me. Mi incamminai lungo il viale con i pensieri che facevano a pugni tra loro. Avvertii un lieve chiacchiericcio e quando alzai la testa vidi un gruppo di ragazze del mio stesso corso esaminarmi dalla testa in giù.
Ci mancava solo questa, essere derisa e considerata una psicopatica.
Tirai un grosso respiro e passai tra di loro velocemente, stringendo la mia borsa quasi volessi strizzarla. Sentii qualcuna di loro bisbigliare:"Eccola, stamattina ha dato di matto nell'aula. Soffrirà di qualche disturbo."
Dovetti lottare contro il mio buonsenso per non voltarmi e risponderle a dovere. Mi nascosi dietro un muretto per riprendere fiato. Quella giornata sarebbe dovuta passare direttamente al dimenticatoio.
Cosa ti importa di quella gente? Avranno sempre da ridire, ma tu non mollare. Tieni duro, guerriera!
In un modo o nell'altro ce l'avrei fatta, sempre.
Improvvisamente udii un rumore provenire da dietro un albero. Quando mi sporsi per vedere cosa fosse, vidi Ian sferrare colpi contro il tronco di un albero.
Quel ragazzo è matto da legare.
«Esiste il sacco da box per questo.»
Sarei stata pronta ad iniziare un'altra guerra, ma quando si voltò persi completamente la voglia.
Ian aveva un viso irriconoscibile. I suoi occhi color ghiaccio erano diventati di un grigio piombo, gli zigomi contratti e la bocca serrata; anche quel sorriso da arrogante era sparito. Continuava a stringere i pugni e non potei non notare sulla sua mano destra colare del sangue.
Chi era stato a ridurlo così?
«Ti senti bene, Ian?», gli chiesi piano.
«Perché? Ti sembra che stia male?» Il tono della sua voce era diventato decisamente più duro e freddo. Quel suo lato quasi mi spaventava. Provai ad avvicinarmi. «Avresti bisogno di medicare la mano.»
«Cosa cazzo ti importa della mia mano? Non mi sembra di aver chiesto il tuo aiuto, Clark!»
Era sempre il solito stronzo. Mi chiedevo che tipo di rapporto avesse mai potuto avere con i genitori dal momento che risultava persino impossibile completare un discorso senza finirci a litigare.
«Senti, non so chi o cosa ti abbia ridotto in questo modo, ma di certo non hai alcun diritto di sbraitare contro di me come un coglione.»
Okay, avevo perso le staffe anche io. Quel ragazzo riusciva a farmi perdere lucidità in meno di due secondi e le buone maniere andavano a quel paese. Avevo pronunciato più parolacce in due giorni che negli ultimi diciotto anni. Dal suo sguardo dedussi che avrebbe continuato ancora per molto con quei suoi modi scontrosi, quindi preferii voltargli direttamente le spalle.
Non era affare mio... Lui non era affare mio!
Di colpo mi sentii afferrare la mano e quando lo guardai nuovamente negli occhi, intravidi soltanto tenerezza e smarrimento.
«Aspetta, non andartene. Resta con me, Clark.»
Quel contatto mi fece rabbrividire. La sua voce era diventata sottile, sembrava più fragile di quanto volesse far credere. Quelragazzo aveva bisogno di aiuto, non me la sentivo di abbandonarlo.
«Solo se ti farai medicare quella», risposi indicandogli la mano ferita.
Sulla sua bocca comparve un accenno di sorriso e non potei fare a meno di sorridere anche io.
IAN
Quella ragazza aveva uno strano potere su di me. Mi accendeva e spegneva con una velocità assurda. Mi aveva calmato, mi aveva fatto sorridere e io non riuscivo a capire ancora come ci riuscisse. L'avevo fatta incazzare e quando stava per andarsene le avevo afferrato la mano, chiedendole di restare. In momenti del genere mi cibavo soltanto della mia solitudine, odiavo circondarmi di gente, ma d'un tratto sentivo un forte bisogno di averla vicina.
Stranamente avevo bisogno di lei, della sua presenza.
Era stata così gentile a preoccuparsi della mia mano, forse l'avrebbe fatto con chiunque o forse un po' le importava di me.
Ma cosa mi salta in mente. Per lei sono soltanto uno sconosciuto.
«Credo che adesso sia chiusa l'infermeria», dichiarai guardando l'orologio.
«Oh, ma dai... non lo sapevo», mi prese in giro, poi iniziò a frugare nella sua borsa e cacciò un fazzoletto di stoffa.
«Ecco, avvolgi questo intorno per il momento, a casa dovrei avere un kit di pronto soccorso. Deve essere medicata e disinfettata», mi raccomandò.
«Potresti farlo tu?» Mi uscì così spontaneo e probabilmente avrei dovuto aspettarmi qualche frecciatina, invece, il suo atteggiamento mi sorprese. Si avvicinò, sollevò delicatamente la mia mano e ce l'avvolse intorno.
Per una frazione di secondo ci perdemmo nei nostri sguardi che sembravano incastrarsi perfettamente l'uno nell'altro. Mi era bastato così poco per dimenticarmi di tutto il resto, di tutto il dolore.
«Sai Clark, se non fosse per il tuo caratterino, potresti addirittura piacere.»
Notai una punta di imbarazzo sul suo volto mentre si scostava da quel nostro contatto.
«Io... A me non interessa piacere. Preferisco essere ignorata», tagliò corto.
Le avevo appena fatto un complimento, eppure sembrava che l'avessi offesa. Voleva essere ignorata, ma forse non sapeva che c'era qualcosa in lei che avrebbe addirittura rischiato di mandarmi fuori di testa.
Calmati Ian, non è roba tua. Resta con i piedi per terra.
«Sì, probabilmente ci sono alcune cosine che dovresti aggiustare... essere più femminile», cambiai atteggiamento. Avrei dovuto mantenere le distanze o ci saremmo fatti del male.
«Più femminile? Dimenticavo che il signor Davis è abituato a un altro tipo di visione, soprattutto quella vietata ai minori» ribatté con aria di sfida.
«Se vuoi posso mostrarti qualcosina», ammiccai un sorriso. Mi piaceva stuzzicarla e adoravo quando si incazzava.
«Sai una cosa? Puoi anche medicarti da solo. Addio, Davis.» Si voltò senza nemmeno darmi il tempo di replicare. Mi affrettai a raggiungerla e mi parai davanti, bloccandole il passaggio. «Sei troppo suscettibile, Clark.»
«E tu sei troppo stronzo», mi fulminò con lo sguardo.
«Le donne adorano gli stronzi.»
«Io non sono tutte le donne.»
Su questo mi trovava pienamente d'accordo. Con le altre mi annoiavo dopo due minuti mentre con lei continuavo a parlarci. Ci scontravamo, ci facevamo guerra e ciò mi incuriosiva.
Riusciva a tenermi testa. Ledonne frivole, tutte tette e niente cervello non mi avevano mai fatto impazzire, passavano solo per il mio letto credendo di ottenere un posto nel mio cuore.
Mi posizionai davanti al suo naso, eravamo maledettamente vicini.
«Allora dimmi. Chi sei Clark?»
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Quando l'amore ti dà una speranza
RomanceDISPONIBILE IN TUTTI GLI STORE ONLINE E PRENOTABILE IN TUTTE LE LIBRERIE FISICHE! Madelyn Clark è una ragazza di 19 anni segnata da un'infanzia difficile. L'unica persona ad averla salvata dalla sua stessa vita è stato John, proprietario del pub in...