Capitolo 14

16.2K 359 95
                                    

IAN


«Non se ne parla!» Jared fece segno di fermarmi, impedendomi di entrare nel nostro appartamento.

«Adesso io e te andremo a farci un bel giretto. Offro io.»

Jared riusciva sempre a incastrarmi con la scusa del bere, poi offriva anche lui, motivo in più per non tirarmi indietro.

«Se le cose stanno così, affare fatto!» Salimmo sul suo pick-up e proseguimmo per il centro di Manhattan. Non pronunziò alcuna parola e molto probabilmente stava elaborando una serie di discorsi da farmi. Poggiai la testa contro il finestrino, osservando il paesaggio scorrere e cambiare velocemente. Alcuni dicevano fosse una terapia, invece, per me era solo un motivo in più per torturarti con i pensieri. Avevo capito a mie spese quanto la vita fosse imprevedibile, un attimo prima eri vivo e l'attimo dopo eri solo un mucchio di ossa. Un giorno ti sentivi così potente, l'altro eri soltanto un piccolo puntino in mezzo all'universo. Molti dicono che il modo migliore per lasciarsi il passato alle spalle sia voltare completamente pagina. Come se fosse facile. Come avrei potuto dimenticare quel dolore che lacerava costantemente la mia anima? Come avrei potuto chiudere gli occhi e semplicemente far finta di nulla? Forse un giorno avrei compreso il vero senso della mia esistenza, ma per il momento mi sembrava ancora tutto un lungo incubo dal quale non riuscivo più a venirne fuori.

«Siamo arrivati» mi avvisò, scuotendomi dai pensieri. Entrammo in un bar, non era molto affollato e subito prendemmo posto a sedere. Una cameriera ci raggiunse mostrando uno dei suoi più calorosi sorrisi con in mano un blocchetto e una penna. Aveva i capelli castano a tratti schiariti nel biondo e l'abbigliamento aderente andava a delineare tutte le sue forme.

Tieni a bada gli ormoni, Davis.

«Cosa posso servirvi?»

«A me porti una Black Russian», rispose Jared.

La ragazza annotò subito l'ordinazione, poi guardò nella mia direzione. «Invece a te cosa porto?» Si passò la lingua sui denti mentre un sorriso lussurioso le piegò la bocca.

Mi drizzai a sedere poggiando i gomiti sul tavolo. «A me porti un Long Island, bellezza» le ricambiai lo sguardo. Bastò soltanto quel piccolo complimento a farla sciogliere completamente. Prese l'ordinazione e se ne andò sculettando.

«Alcune donne riescono ad essere così prevedibili», continuai ad osservarla da lontano, poi puntai gli occhi su Jared. «Le tue bevute hanno sempre un secondo fine, quindi puoi anche sputare il rospo.»

«Non riesci proprio a tenere a bada i tuoi ormoni, eh?»

«Fratello, il sottoscritto», precisai indicandomi con un dito, «non ha impegni o legamenti di alcun genere, quindi se voglio concedermi qualche piccolo piacere, lo prendo al volo... non sono ancora un rammollito come te, quella ragazza ti è andata al cervello.»

«Come ti è andata al cervello Maddy?»

Eccolo il motivo per il quale eravamo in quel bar. Voleva parlare di lei.

«Maddy non mi è andata al cervello», annullai quella sciocca ipotesi.

«Allora perché eravate così vicini sul divano? Perché continui a guardarla in quel modo e soprattutto perché le lasci messaggi sul parabrezza dell'auto?»

Quell'ultima domanda mi fece tornare automaticamente serio in volto. Come cavolo faceva a saperlo?

«Chi te l'ha detto?»

«Zoe... Mi disse che aveva ricevuto un biglietto anonimato e subito feci due più due.»

«Volevo... Io volevo soltanto tirarla su di morale», cercai di giustificarmi.

Quando l'amore ti dà una speranza Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora