Capitolo 25

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IAN

《Nome e cognome》
《Ian》
《Cognome?》mi chiese ancora una volta il tizio di fronte, impaziente.
《Davis》 risposi sperando di non ricevere ulteriori domande.
Lasciando Los Angeles, avevo cercato di lasciare parte del mio passato e con esso anche le mie origini.
Ero timoroso che mi scoprissero, che l'intera storia saltasse fuori compromettendo anche la mia carriera universitaria.
Di certo possedevo un cognome importante e ciò avrebbe solo potuto farmi acquisire notorietà ma l'episodio di quella notte aveva soltanto sporcato la mia anima e la mia immagine. Non volevo essere visto come un mostro anche qui. Ricordavo ancora il giorno del funerale di mio fratello, gli occhi indignati dei miei genitori mischiati al dolore... e poi a scuola, quando giravo per i corridoi e gli occhi inquisitori puntati addosso quasi fossi un mostro, per non parlare delle notti insonni trascorse in prigione. Il tempo sembrava scorrere lentamente, rinchiuso in una cella spoglia e fredda con una sola finestra dalla quale il sole proiettava strane ombre sul pavimento, le uniche a tenermi compagnia e le stesse a non riscaldarmi più e quando giungeva la notte, in quel letto piccolo ricoperto da lenzuola consumate, un miscuglio sordido di dolore, pentimento, padroneggiava la mia mente.
Fortunatamente i soldi e le conoscenze di mio padre bastarono a ripulire tutto consentendomi di fare ritorno a casa, ma il vuoto che provavo dentro continuava ad essere incolmabile.
Anche i giorni di convivenza in casa furono impossibili, mia madre non mi guardava nemmeno più negli occhi poichè le ricordavo costantemente la morte del figlio, mentre mio padre risultava essere completamente assente, finchè una sera, tornando a casa trovai mia madre in preda ad una crisi lanciare i piatti per terra mentre mio padre tentava di calmarla ma inutilmente.
Vedere il suo volto rigato dalle lacrime non fece che aumentare i miei sensi di colpa, il vuoto e l'angoscia che mi divoravano poco alla volta.
《Tu non sei mio figlio, tu sei un mostro. Perchè lui e non te? Perchè?》

Incassai l'ennesimo colpo in silenzio.
Con gli occhi bassi lasciai che quelle parole disintegrassero ogni più piccola parte di me rimasta ancora intatta.

《Tesoro calmati》, tentò mio padre  di calmarla ma fu tutto inutile.
《Ha ucciso nostro figlio》 gridava mia madre sighiozzando finchè con una sola parola mi ordinò di andarmene.
《Ho messo le tue cose in valigia, prendila e vattene da qui》
Non ebbi il coraggio di obiettare, lanciai un ultimo sguardo verso mio padre che mi guardò senza proferire alcuna parola.
Mi voltai, presi la valigia ed uscii lasciandomi quei singhiozzi alle spalle. Percorsi il viale a passo lento senza seguire una meta precisa, senza avere un luogo da poter chiamare casa. Quando stetti per imboccare l'angolo, una mano mi tenne per un braccio. Restai sorpreso nel vedere mio padre, con gli occhi lucidi pieni di compassione. In tutti quegli anni l'avevo sempre visto serio, autoritario senza smuoversi di mezzo centimetro, nemmeno quando da piccolo piangevo per una caduta e correvo da lui per essere confortato. Mi rispondeva sempre " I veri uomini non piangono "
In quel momento, invece, quello stesso uomo stava piangendo dinanzi i miei occhi, senza vergogna.
《Tua madre è in uno stato di crisi depressiva ha detto il medico e ha bisogno di cure. Non puoi più ritornare a casa finchè non starà bene. Queste sono le chiavi della macchina, ti pagherò finchè ti terrai lontano》
Fu quella l'ultima volta che vidi i miei genitori.

《Allora?》le parole del tizio mi portarono alla realtà.
《Gareggiamo insieme》 rispose Alan.
《No, gareggio da solo》
《Che cosa?》
Mi incamminai alla macchina mentre Alan continuava ad urlarmi contro.
《Questa gara riguarda anche me, ho diritto anche io alla mia parte e ti ho portato anche l'auto.》
《L'hai fatta revisionare?》, domandai scrutandola da cima a fondo per accettarmi fosse in buon stato.
Con tutte le corse fatte avevo imparato tutto ciò che c'era da sapere al riguardo.
《Ovvio che l'ho fatta controllare》
《Ford Mustang, quattro cilindri turbo Ecoboost, 2.3 litri di cilindrata e 314 cavalli di Potenza. Potrebbe andare》
《Te ne intendi di macchine, eh?》
《Come le mie tasche》
Dopo qualche minuto di silenzio tentò di convincermi nuovamente《Ian, gareggiamo insieme》
《Alan, tu hai bisogno di quei fottuti soldi e prima di una gara odio lamentele e stronzate varie. Se ci tieni a vincere quei soldi si fa come dico io. Adesso ti è chiaro?》sentenziai spazientito.

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