IAN
Mi svegliai di scatto, cercando di fare riabituare i miei occhi assopiti alla forte luce che entrò dalla finestra. Mi guardai intorno e sussultai. Una ragazza dai capelli lunghi dormiva beatamente alla mia sinistra, mezza nuda.
Cazzo!
Stavo pian piano ritornando in me e ricordando gli avvenimenti della sera precedente.Dopo quasi due giorni di viaggio in auto, finalmente arrivammo a Manhattan e decidemmo, io e Jared, di prendere in affitto un appartamento nella zona. Mentre lui era uscito a sbrigare le "sue faccende", io sbrigavo le "mie" e ciò voleva dire scolarmi qualche bottiglia di troppo e spassarmela con la prima di turno. Sapevo a cosa andassi incontro una volta che l'avrei rifilata: "Sei proprio un porco. Fottiti!". Ma in quel momento non avevo molta voglia di pensarci.
Ancora mezzo stordito mi alzai dal letto per raggiungere la cucina. Con un piede andai a sbattere contro le quattro bottiglie di birra poggiate per terra, accanto al divano.
«Dannazione!», imprecai.
Qualsiasi suono, anche il più leggero non avrebbe fatto altro che aumentare le fitte alle tempie; la gola bruciava ancora per quei conati di vomito.Aprii il frigo, afferrai una bottiglia di succo d'arancia e me la portai alle labbra. Avevo bisogno di togliermi tutto quell'amaro dalla bocca.
Sussultai quando udii un rumore di chiavi girare nella toppa.
Merda, sarà lui.
Iniziai ad elaborare una serie di giustificazioni da dargli sul perché mi trovassi ancora in mutande nel post-sbornia, ma in realtà non me ne tornava in mente una.
Troppo tardi!
«Cazzo, sei ancora in mutande?»
I suoi occhi puntati verso di me, si spostarono sulle bottiglie vuote.
«Cazzo, quanto hai bevuto?»
«Jared, il tuo tono da coglione sta iniziando a stancarmi.»
Il dolore alla testa era già insopportabile, figurarsi sentirmi fare la predica dal mio migliore amico.
«Dovremmo essere a lezione già da un pezzo, invece, ti ritrovo ancora in mutande, per non parlare dell'auto parcheggiata tanto da far bestemmiare ogni vigile della zona. Credo che ti sia beccato una bella multa, coglione.»
«Ero troppo ubriaco per seguire le regole della strada», mi appoggiai contro lo schienale della sedia, stendendo le gambe. «Sei riuscita a trovarla?»
«Sì, è qui con l'amica. Ho trascorso l'intera notte con lei» sorrise, posando le chiavi sul tavolino.
Almeno ero riuscito a distoglierlo per un attimo dai miei casini.
«Bene. Nel caso ti finissero i preservativi puoi utilizzare i miei. Sono nel secondo cassetto», dissi sornione.
«Per te si riduce tutto al sesso, eh? Stavolta è diverso.» Lodisse così convinto, come se ci credesse realmente.
«Wow! Jared, guardati. Sembri una femminuccia», lo schernii.
«Smettila, coglione. Credo di provare qualcosa di molto più forte. Non immaginavo potesse succedermi... Non faccio altro che pensare a lei, al suo sorriso, alle sue labbra...»
Santo cielo. Dov'era finito il suo lato da maschiaccio? Dovevo mettere fine a quel mucchio di stronzate.
«Okay, ho capito. Stammi alla larga, non vorrei essere contagiato» sbottai, nauseato dalle sue affermazioni.
Mi stiracchiai sulla sedia e quando spostai lo sguardo, notai la ragazza che poco prima stava dormendo beatamente nel mio letto. Era piombata in cucina con una mano poggiata allo stipite e l'altra sul fianco. Era davvero un bel bocconcino. Alta, fisico perfetto con delle curve da urlo e dei capelli lunghi neri.
Ottima scelta Davis.
Jared continuò a fissarci con aria interrogativa, ma nessuno dei due si degnò di parlare. Con un portamento da diva venne verso la mia direzione e mi stampò un bacio da risvegliare anche Tutankhamon dall'oltretomba. Un intreccio di lingue e un gemito soffocato, poi si staccò, prese una penna dalla sua borsa, aprì il palmo della mia mano e ci scrisse qualcosa. Un numero e un nome: Britney.
Si avvicinò all'orecchio e mi sussurrò: «Chiamami». Strizzò l'occhio e si incamminò sculettando verso l'uscita.
Niente scenate. Doveva essere il mio giorno fortunato.
«Manco dodici ore che siamo qui e già hai accalappiato la prima.»
«Fortuna di abitare in un palazzo per studenti.»
Improvvisamente assunse uno sguardo serio. «Ian, ho accettato di venire qui non solo per Zoe, ma per non lasciarti nella merda. Ci siamo lasciati tutto alle spalle, ricordi? Inizia per noi una nuova vita. Non voglio più vederti rovinare di nuovo con le tue stesse mani solo per quel maledetto incidente.»
In quel preciso istante la rabbia iniziò a ribollirmi dentro a tal punto da inveire contro di lui. «Rimangiati ciò che hai appena detto, prima che ti prenda a calci nel culo!» urlai contro il suo viso. Avvertii ogni singolo muscolo del corpo contrarsi e le pupille restringersi.
«Amico, puoi anche prendermi a calci nel culo, ma non cambierà la realtà.»
Avrei voluto davvero spaccargli la faccia, ma riconobbi la veridicità delle sue parole.
Qualsiasi mia reazione non avrebbe cambiato la realtà dei fatti. Nessuna macchina del tempo avrebbe potuto far ritornare le cose al loro posto. Pian piano la rabbia affievolì, lasciando spazio ai sensi di colpa che presero il sopravvento.
Le immagini di quella notte tornarono ad offuscare la mia mente; la disperazione, il dolore... tutto era concentrato in me.
Mollai la presa su Jared, indietreggiando di qualche passo.
«Fanculo. Vado a fare una doccia.»
Furono le ultime parole prima di chiudere la porta alle mie spalle.

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Quando l'amore ti dà una speranza
Storie d'amoreMadelyn Clark è una ragazza di 19 anni segnata da un'infanzia difficile. L'unica persona ad averla salvata dalla sua stessa vita è stato John, proprietario del pub in cui lavora Maddy, nonché amico di famiglia. Schiva, distaccata col mondo intero...