Capitolo 16

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«Cosa stai scrivendo?»John sbuca dalle mie spalle facendomi sussultare. Istintivamente richiudo il mio diario.

«Cose segrete», gli rispondo.

«Oh, davvero? Abbiamo segreti?»

Mi guarda imbronciato, poi subito dopo parte col solletico, facendomi ridere e agitare sulla sedia.

Si accomoda al mio fianco, prendendo una sedia. «Com'è andata a scuola?»

«Bene», poi prendo lo zaino ed estraggo un foglio da disegno. «Chiudi gli occhi», gli ordino.
Mi guarda sconcertato, poi ubbidisce.

«Adesso puoi aprirli.»

Quando li apre nuovamente, sul suo viso compare un ampio sorriso. Ancora sorpreso, allunga due mani per prendere il foglio che gli ho sbandierato davanti al naso. Lo guardo, ha gli occhi lucidi.

«È il più bel regalo che abbia mai ricevuto» bisbiglia commosso.

Gli vado incontro, circondandolo con le braccia. Mi fa sedere sulle sue gambe e continua a guardarmi con gioia. Sul foglio ho disegnato John in veste di supereroe e sulla destra ci sono io mentre gli tengo la mano. Col dito gli indico la frase scritta. «Leggi.»

Si schiarisce la voce, prende coraggio e inizia a leggere. «Al mio più grande e unico supereroe, John. Per sempre, insieme.

Oh, piccola mia.» Mi abbraccia forte, stringendomi contro il suo petto. Ogni volta che lo fa mi sento al sicuro e vorrei non dover più andare via. Si stacca e prende ad accarezzare i miei lunghi capelli. «Sarò sempre al tuo fianco tesoro mio, nessuno oserà farti del male.»

D'un tratto i miei occhi si incupiscono, avverto un dolore al petto più grande di ogni altra cosa.

«Che hai, piccola Maddy? Perché sei diventata triste?», mi chiede turbato.
Un solo istante e mi ritrovo in lacrime, nascondendo il viso contro l'incavo del suo collo. «Ti prego, non lasciarmi tornare a casa. LUI è cattivo!»

I singhiozzi non smettono di cessare, il dolore è troppo forte tanto da impedirmi di respirare regolarmente. Mi stringe forte contro il suo petto mentre le mie lacrime iniziano a confondersi con le sue...



MADDY



Aprii lentamente gli occhi, la luce del sole filtrava dalla finestra quasi accecandomi col suo riflesso. Restai immobile per qualche secondo con gli occhi puntati al soffitto. Era Sabato e finalmente potevo aggiudicarmi un meritato riposo. Niente lezioni, niente lavoro poiché John mi concedeva sempre il week-end libero.

Era così premuroso con me, aveva paura fossi sovraccaricata dallo stress settimanale. Studio, lavoro e poi ancora studio. Delle volte risultava un po' faticoso conciliare il tutto, ma non mi lamentavo. Amavo la medicina e amavo il pub. Ormai era diventata la mia unica vera casa e John la mia unica vera famiglia. Mi misi a sedere e guardai sul comodino. Restai stupita nel vedere un vassoio imbandito da tante leccornie. Cornetto, pancakes, burro d'arachidi, succo d'arancia...

Nel mezzo c'era un bigliettino.

"Una colazione speciale per un'amica straordinaria come te. Mi mancherai in questi giorni. P.S. Attenta a non combinare qualche catastrofe con Davis. Ti voglio bene."

Era sempre la solita, per qualche strana ragione credeva che tra me e Ian potesse esserci qualcosa. Ancora non mi sembrava vero che il mittente di quel messaggio fosse stato proprio lui. Stranamente mi aveva fatto piacere.

Ammettilo! Ti ha fatto molto più che piacere. Sei completamente presa da lui.

Decisi di mettere subito fine a quei pensieri, presi un cornetto e lo addentai affamata. Era ancora caldo quindi ciò significava che Zoe era partita da poco. Chissà perché non aveva voluto svegliarmi.

Improvvisamente udii il suono del campanello. Forse Zoe aveva dimenticato qualcosa. Riposi il cornetto mezzo mangiucchiato nel vassoio e mi precipitai alla porta scalza. Il pavimento era abbastanza freddo sotto i piedi e di sicuro mi sarei beccata un raffreddore.

«Adesso cosa hai dim...» Il resto delle parole mi si erano fermate in gola. Ero lì, immobile e per lo più in pigiama davanti a Ian Davis.

Si poteva essere più sfortunate di così?

Con una mano appoggiata allo stipite, mi scrutava dall'alto verso il basso divertito, poi scoppiò in una risata.

«Che cavolo hai da ridere?»

«Hai un pigiama davvero... sexy», continuò a prendermi in giro.

In effetti il mio pigiama risultava tutt'altro che sexy. I gattini raffigurati sul mio petto mi donavano un'aria da poppante e risultava abbastanza largo da poterci entrare due me. Stavamo per andare incontro all'autunno e volevo restare calda il più possibile, fanculo ciò che pensava.

«Vai al diavolo, Davis» richiusi la porta, ma la sua scaltrezza mi batté sul tempo; posizionò un piede tra lo stipite e la porta.

«Non vado da nessuna parte. Ieri mi hai messo in ridicolo davanti al tuo datore di lavoro inventando quell'assurda storia su di me. Mi devi un favore.»

«Oh, ma davvero? Se non fosse stato per il tuo sabotarmi di continuo, non avrei avuto bisogno di farlo. Davvero stavi per raccontargli la verità? Di cosa soffri?», continuai a spingere la porta con tutte le forze, ma stava per avere la meglio.

«Hai delle briciole sparse sulla bocca.»

«Che cosa?» Balzai indietro, voltandomi dalla vergogna e pulendomi velocemente. Non avevo nemmeno avuto il tempo di guardarmi allo specchio e tutto per colpa sua.

Quel ragazzo era diventato la mia persecuzione.

«Dai, ti aspetto.»
Gli lanciai uno sguardo decisamente incavolato. «Non hai alcun diritto di irrompere nel mio appartamento. Fuori!» gli indicai col dito la porta.

«È una minaccia?», mi sfidò.

«Prendila come ti pare.» Incrociai le braccia, battendo il piede destro sul pavimento. Il più delle volte riusciva a essere davvero fastidioso. Si avvicinò lentamente, passo dopo passo il mio cuore palpitava impetuosamente. Il suo viso così vicino al mio mi mandò fuori fase, creando una voragine all'altezza dello stomaco. Se avesse continuato a guardarmi in quel modo, prima o poi sarei andata in fiamme.

Tum, tum, tum. Lo sento, posso percepirlo, è veloce come il vento il suono del mio cuore.

Con un tocco inaspettato passò il pollice all'angolo della bocca, delicatamente. Le sue dita calde e morbide premettero poi sulle mie labbra e per un attimo sentii le gambe diventare sempre più leggere.

«Avevi ancora qualche briciola», sibilò.

Benedette briciole!

«Ti aspetto fuori, non impiegarci molto.» Mi strizzò l'occhio, richiudendosi la porta alle spalle.

Silenzio totale. Ero rimasta da sola in balia delle mie sensazioni.



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