Le mani tremanti del ragazzo scivolarono con lentezza lungo tutto il corpo, sfiorandosi i pantaloni laceri e raggiungendo la cintola. Da lì in su, c'era il fulcro del proprio malessere e dei propri dolori. L'addome si contraeva con ripetuti spasmi ad ogni flebile respiro, nel tentativo di portare aria ai polmoni.
Quella lotta per la vita sembrava una scalata insormontabile, un ostacolo insuperabile.
Arteca chiuse gli occhi, gemendo a bocca chiusa. Le dita sondarono la pelle lacera del ventre e quando le forze glielo concessero abbassò lo sguardo per osservare meglio l'entità del danno.
Era successo tutto così in fretta che non ci aveva capito niente. Un attimo prima era attorno al fuoco con tutti i ragazzi e l'attimo dopo un orso gli dilaniava lo stomaco a morsi.
Sospirò mentre gli occhi rimbalzavano da un lembo d'interiora all'altro, sconcertati per quello scempio e nel più completo panico.
Il morso alla clavicola si estendeva fino alla gola, impedendogli anche il più minimo dei rumori se non un flebile risucchio ad ogni boccata d'aria che lo costringeva ad emettere un fischio poco rassicurante.
Una sensazione di gelo si stava impossessando pian piano di lui, scivolandogli addosso e nelle ossa. Era come una mano invisibile che gli trasmetteva col suo tocco quella sensazione di morte e cedimento. Il suo corpo si stava arrendendo.
Cercò di sollevarsi sui gomiti ma ricadde indietro, troppo debole per movimenti azzardati.
Era rimasto incosciente per quanto? Minuti? Ore? Si era svegliato solo a causa di un vociare insistente e quando aveva con fatica aperto gli occhi, aveva scorto un gruppo di persone portare via i Wall.
Mikko. La sua Mikko.
Si portò una mano tremante alle labbra e nel tossire, l'addome si contrasse in uno spasmo doloroso. Quando l'allontanò per fissarne il palmo non si stupì di trovarla macchiata di sangue. Strinse gli occhi resistendo all'assalto di quelle fitte lancinanti, in grado di strappargli il respiro già tanto precario.
No, non poteva restare lì. In qualche modo doveva alzarsi, andarsene, cercare aiuto, salvarsi.
Con l'ultimo briciolo di determinazione si riuscì a sollevare quanto basta per guardarsi meglio attorno. Ciò che vide però lo atterrì a tal punto che il fiato gli si spezzò in gola e gli occhi lacrimarono senza freni. Prese a singhiozzare come un bambino e con le poche forze rimaste si portò le mani al viso, affondandoci il volto.
Poco distante da lui, in una posizione del tutto innaturale, stava riverso il corpo di una delle ragazze della compagnia; gli occhi erano spalancati in un terrore ormai spento, la bocca contratta in una linea dura, le gambe piegate sotto il corpo. L'orso l'aveva afferrata per la gola e quel morso si era rivelato fatale.
Il cerchio di morte si estendeva in tutto l'accampamento. I corpi dei compagni erano disseminati ovunque, ormai privi di vita. Sembravano tristi giocattoli dimenticati da qualche bimbo troppo viziato per averne cura. Arteca continuava ad assistere a quello spettacolo raccapricciante con un grido nello sguardo che non riusciva a trovare voce.
Per quanto le forze scemassero da lui con lentezza disarmante, la determinazione a vivere era più forte della rassegnazione alla morte.
Il giovane si sollevò sulle mani e cercò di mettersi a sedere quando una fitta gli strappò un grido e la sua voce spezzò il tetro silenzio che era calato in quella notte. Riversò gli occhi al cielo e si ritrovò, dopo anni, a pregare affinché riuscisse a sopravvivere.
In alto la luna stava lasciando spazio al sole che timidamente si affacciava tra le nuvole dichiarando l'inizio del mattino.
Quando ormai era certo che sarebbe morto lì, lontano da casa e dalle persone a lui care; decise di cogliere quell'ultimo barlume di energia per fare l'ennesimo tentativo.
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ARTIGLI - BACIO SELVAGGIO
WerewolfSECONDO LIBRO DELLA SAGA ARTIGLI Michigan. Stato di licantropi e mannari. Regolato da un giovane Magister a cui non mancano soldi, potere e influenza è lo scenario di una zona disseminata di branchi. Branchi di razze mannare differenti e contrastant...