CAPITOLO 33

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Quando gli aerei di linea non erano il tuo forte, gli elicotteri lo erano ancora meno; ma Amarok non poteva fare lo schizzinoso in quel momento ed era stato costretto a tirare fuori una carta che mai avrebbe pensato di usare: Reese McCoy. L'unico in grado di rimediargli uno di quei dannati affari alati.

Reese era un caro amico di vecchia data, un mannaro a cui aveva fatto un favore e che doveva ricambiare il conto in sospeso. E mai quanto ora, Amarok aveva bisogno di un favore ricambiato.

Lui e Mikko erano riusciti a bypassare i condomini dell'edificio e a trovare un tassista che non facesse troppe domande. Con tutto il sangue che avevano addosso, impregnato nei vestiti e nei volti non ci sarebbe voluto molto prima che qualcuno li fermasse chiamando le forze dell'ordine. Si erano fatti accompagnare all'aeroporto internazionale di Minneapolis – Saint Paul, uno scalo sia civile che militare.

Amarok continuava a trattenere Mikko contro il proprio petto, la temperatura della giovane si era abbassata leggermente ma scottava come un forno. Ancora non era uscita da quella crisi pre mutamento e la paura dell'Ursid non era tanto che si trasformasse quanto che il suo cuore ancora non del tutto mutato non reggesse così a lungo quelle temperature.

Il taxi si fermò in una entrata di servizio laterale, davanti a degli enormi cancelli blindati che lasciavano passare solo il personale. Da quell'entrata secondaria, spesso passavano i mezzi militari ed era proprio lì che Reese gli aveva dato appuntamento.

«Grazie per la tempestività e... tenga pure il resto» biascicò Amarok, mettendo nelle mani del tassista un'ingente dose di denaro; troppo alta perfino per una mancia generosa. L'uomo strinse i soldi, li contò rapidamente e sgranando gli occhi fece un sorriso sornione. Si era fatto la giornata, anzi, forse perfino la settimana.

Il mannaro non attese alcun ringraziamento, scese dal mezzo trattenendo Mikko con un braccio e non appena posò i piedi sull'asfalto la sollevò come se pesasse meno di una piuma. La giovane era ancora ciondolante tra le sue braccia, svenuta.

«È tutto okay... vedrai, adesso un amico ci aiuterà» le bisbigliò all'orecchio, stringendola con apprensione.

Reese era fermo ad aspettarli poco lontano. Indossava delle gigantesche cuffie e muoveva la testa a ritmo di qualche musica, fissandosi distrattamente attorno. Tra le labbra tratteneva una sigaretta accesa che si sfilò di bocca per sputare una generosa boccata di fumo. Non appena li vide sollevò la mano in segno di saluto, restando appoggiato svogliatamente contro un mezzo militare: un furgone dalla verniciatura mimetica.

«Guarda te chi si vede... un Amarok Brown selvatico» disse con sarcasmo, stringendo tra i denti la sigaretta mentre parlava. I capelli blu petrolio vennero scompigliati dal vento, forse troppo lunghi e con sicuramente il bisogno di una spuntata. Il lungo ciuffo liscio gli ricadde davanti al viso, coprendogli l'occhio che aveva la medesima sfumatura della chioma.

Per questo particolare colore di capelli, molti avevano pensato fosse un tipo stravagante, uno di quelli che si tingono con il solo scopo di attirare le attenzioni femminili. In realtà quel colore era suo, una sorta di marchio che la sua natura mannara aveva in qualche modo manifestato a tutti, sovrannaturali e non. Inoltre, Reese non aveva certo bisogno di tingersi i capelli per ottenere un vasto pubblico femminile.

«Già, è un po' che non ci vediamo... McCoy.»

Reese si lasciò scivolare le cuffie attorno al collo e regalò all'amico uno dei suoi sorrisi smaglianti, capaci di illuminargli il viso. «Tutto avrei pensato... meno questo» disse, divertito. Piegò la testa di lato, massaggiandosi distrattamente il collo. Aveva il tipico fisico da nuotatore, vita stretta e spalle larghe; alto poco meno di Amarok, asciutto e con una muscolatura ben definita. Quel giorno indossava degli aderenti jeans neri e una maglietta dalle maniche strappate della Jack Daniel's che lasciava intravedere le braccia muscolose piene di tatuaggi. «Allora... è lei quella di cui mi hai parlato al telefono?» domandò staccandosi dal furgone per raggiungerli. In un gesto meccanico si passò la lingua sui denti bianchissimi e leggermente appuntiti e Amarok non poté fare a meno di osservare la collana che indossava, fatta tutta da denti di squalo: i suoi.

ARTIGLI - BACIO SELVAGGIODove le storie prendono vita. Scoprilo ora