CAPITOLO 24

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Mikko si prese la testa tra le mani, andando a rannicchiarsi in un angolo della stanza dopo aver gettato all'aria alcuni oggetti a caso. Non erano nemmeno suoi ma poco le importava in quel momento.

Scivolò in terra raccogliendo le gambe al petto, scossa dai fremiti. Sulla lingua il ferruginoso sapore del sangue invadeva tutti i suoi sensi. Doveva essersi tagliata, non c'era altra spiegazione.

Sollevò gli occhi, puntandoli verso il nulla davanti a sé. Il petto le ribolliva come un pentolone, tracimando odio e vendetta. Per un attimo era stata travolta da un istinto bestiale, qualcosa che non ha mai fatto parte di lei.

Alla vista della ragazzina era dovuta scappare. Aveva dovuto lottare con tutta se stessa per non saltarle al collo e farle qualcosa di cui si sarebbe per sempre pentita. Sarebbe bastato un attimo, un solo attimo di debolezza e non sarebbe finito bene quel loro primo incontro.

Non poteva credere che una parte di lei bramasse la morte di quella ragazzina. Non voleva credere di essere caduta a un livello così basso di umanità.

Chiuse gli occhi e li strinse. Si era spaventata di se stessa. Non aveva mai provato sulla sua pelle quel forte desiderio di vendetta e rivalsa. Si morse nervosamente il labbro, il respiro continuava a uscirle a scatti. La pelle le bruciava come se fosse preda di una febbre altissima. Con le mani cercò di scacciare quella sensazione, raschiarla via con le unghie. Ansimava.

C'era qualcosa che non stava andando per il verso giusto dentro di lei.

Una fitta. Una dolorosa e prolungata fitta allo stomaco. Si piegò in avanti, gemendo.

Che diavolo le stava succedendo? Si stava per trasformare? Eppure la prossima luna piena era ancora lontana.

Qualcuno bussò alla porta, attirando la sua attenzione. Mikko sollevò il capo che improvvisamente le sembrò pesante, come gli occhi.

«Posso... posso entrare?» al di là della porta, la voce di Marlene la raggiunse dolce e pacata. La sua tranquillità sembrava un sorso di acqua fresca in piena estate.

La giovane chiuse gli occhi, inclinò la testa all'indietro posandola contro il muro. Non era sicura di voler compagnia. E non era nemmeno sicura di riuscire a contenere quella furia che pochi attimi prima l'aveva animata. «Entra» disse in un soffio, quasi senza voce.

Quando la fata fece capolino in camera, l'altra si stupì che l'avesse sentita. Marlene si richiuse la porta alle spalle e quando si voltò in sua direzione sorrise raggiante. «Finalmente avrò un'altra donna con cui chiacchierare» le disse senza staccarle gli occhi di dosso. «È una vera noia parlare con quel branco di energumeni tutti muscoli e zero cervello!»

«Sei anche tu una... una di loro?»

Marlene scrollò le spalle. «Non sono una mannara... se è questo che intendi.» Si avvicinò con cautela e appoggiò le mani sullo schienale della sedia. «Ma anche io sono diversa.»

Lo sguardo di Mikko si fece vigile, scrutandola minuziosamente. Non sembrava diversa. A dir il vero, nemmeno lei lo sembrava, eppure sapeva che dentro di sé qualcosa stava cambiando.

«Comunque mio marito lo è... quindi qualcosa inizio a capirci anch'io di mannarismo» Le dita della fata si strinsero attorno al legno dello schienale, chinò il capo a osservare la giovane ancora seduta in terra e sorrise. «Ti spiace se mi siedo? Sai...» Si massaggiò il pancione. Quel gesto valeva molto più di mille spiegazioni. Sovrannaturale o umano, chi non aveva mai visto una donna incinta?

Mikko annuì. «Ma certo, ci mancherebbe.»

«Grazie.» Marlene scostò la sedia da sotto la scrivania e finalmente poté accomodarsi. Posò le mani in grembo e tirò un sospiro di sollievo, stanca. Non l'avrebbe mai detto ma la gravidanza di un sovrannaturale era veramente debilitante. Un fremito alle dita la costrinse a tamburellarle sulla stoffa dei jeans. Tornò a guardare la giovane. «Senti... ti spiace se... se mi metto più comoda?» Sentiva il tremore irradiarsi dalla punta delle dita a tutto il resto del corpo. Non era qualcosa di doloroso ma solo estremamente fastidioso. C'era una piccolissima frattura nel suo ferreo autocontrollo e non era sicura sarebbe riuscita a trattenersi a lungo, così, ond'evitare che l'umana si spaventasse ancora di più, aveva preferito mettere le mani avanti e far una richiesta che mai prima d'ora avrebbe pensato di fare. Soprattutto davanti a qualcuno di sconosciuto.

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