CAPITOLO 19

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Dakota impartì gli ultimi ordini alle altre leonesse in modo che tutte quante potessero prendersi cura del compagno senza stargli troppo addosso e in maniera ordinata. Essendo comunque tante, fare i turni era sempre la scelta migliore. Solo Bröna si era come sempre rifiutata di collaborare. Per lei le regole passavano in secondo piano quando si trattava di Arthur. Aveva subito messo in chiaro che gli sarebbe stata accanto senza limiti di tempo e su questo purtroppo, Dakota non aveva potere. Quando Bröna decideva qualcosa, era inutile contraddirla.

Nonostante il suo esile e sofferente corpo, la ragazza riusciva a tenere testa a tutte le altre leonesse. Il suo carattere autoritario e prepotente spesso metteva a dura prova le femmine dell'intero harem che molto spesso si trovavano costrette a concederle privilegi che altrimenti non avrebbe avuto.

«Le ferite sono quasi rimarginate» disse Bröna, strizzando il panno imbevuto d'acqua e passandolo delicatamente sulla schiena di Arthur. Con la mano libera si ravviò i lunghi capelli biondi che le ricadevano sul viso in ciuffi scomposti.

Vederlo così ferito l'aveva scossa profondamente, tanto che per poco non le era venuto un mancamento. Aveva dovuto ricorrere a tutto l'autocontrollo di cui disponeva per non scoppiare in un pianto isterico e crollare in una delle sue solite crisi. Bastava poco per destabilizzarla e, visto che Arthur era il suo unico punto di riferimento, ogni cosa che in qualche modo lo coinvolgeva, finiva inevitabilmente per ripercuotersi anche su di lei. «Vedrai che in giornata ti rimetterai completamente» aggiunse, passando ancora una volta la pezza sulle ferite. Lo sguardo carico di devozione e totale assoggettamento scandagliò la schiena valutando l'entità del danno. Purtroppo quelle ferite avrebbero lasciato un segno indelebile sul suo corpo perfetto e questo la faceva infuriare.

Al pensiero che la schiena di Arthur restasse per sempre vittima di quella punizione, Bröna gettò la pezza nella tinozza e ringhiò a denti stretti. L'argento era davvero deleterio per i mannari, non solo rallentava la loro guarigione ma lasciava inesorabili segni del suo passaggio. D'ora in avanti, il bellissimo corpo del Magister, avrebbe portato sulla propria pelle la traccia di quell'ingiusta tortura.

«Ti ringrazio, ma... non voglio che ti affatichi per me. Sei ancora troppo debole.» King si sollevò impuntando i gomiti nel materasso e si voltò a fissarla. Le labbra della ragazza si serrarono in una linea dura e rigida. Non amava quando Arthur le impartiva ordini o si opponeva a qualche sua scelta personale. A dir il vero, c'erano molte cose che non amava dell'universo dei King, a partire dalla mole di femmine che giravano attorno a ogni Magister. Era una cosa che lei proprio non riusciva a sopportare.

Non comprendeva il motivo per cui ognuno di loro non decidesse una propria compagna con cui crearsi una famiglia e una stabilità affettiva. Tutte quelle femmine, tutta quella accondiscendenza e complicità priva di gelosia, le sembravano frutto semplicemente di un sistema malato. Forse la vedeva in questo modo per puro interesse personale. Non era sicura di voler dividere Arthur con le altre.

Senza dire nulla, passò le dita in mezzo ai ricci ribelli del giovane leone, amava quando i boccoli le arrestavano la corsa della mano, quasi avessero vita propria. «Per te, questo e altro. Il mio benessere, viene dopo.» A occhi esterni, la frase sarebbe potuta sembrare in qualche modo esagerata, eppure Bröna era fermamente convinta di quell'affermazione. Non c'era nulla di più importante di lui, nulla di più prezioso di Arthur.

Sul volto del giovane Magister, spuntò un sorriso stanco ma riconoscente. Il dolore dei tessuti in fase di cicatrizzazione ogni tanto gli strappavano un gemito sofferto, quelle fitte crudeli riuscivano a mozzargli perfino il respiro. Dannato argento e dannata elettricità, insieme erano una combo terrificante per la loro razza. Nessun mannaro era al sicuro quando uno di questi due elementi scendeva in campo.

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