CAPITOLO 27

5K 496 153
                                    

Lo stomaco di Amarok continuava a borbottare e contorcersi. Non era come se avesse fame, no... era più un tormento legato a una strana sensazione che continuava a opprimerlo da diversi minuti. Sollevò lo sguardo verso i suoi uomini, un brivido gli colò lungo la schiena. Sentì sul palato il tanto conosciuto sapore dell'inquietudine e subito qualcosa si agitò dentro di lui. Che sapore aveva l'inquietudine? Non lo avrebbe certo saputo spiegare ma quando si presentava, riusciva ogni volta a riconoscerla, come se fosse una vecchia amica. «Potete andare» disse infine, in tutta fretta, muovendo la mano per scacciarli.

Osservò Ouray e Quentin uscire dalla porta e decise di fare un piccolo conto alla rovescia da dieci a zero per vedere se quella sensazione lo abbandonava. Faceva sempre così e se non cambiava nulla, allora si prendeva la libertà di preoccuparsi.

Dieci. Nove. Otto. Sett... no. No.

C'era qualcosa che non andava.

Si passò una mano sulla fronte imperlata di sudore e afferrò dalla tasca dei jeans il cellulare. Compose il numero di Marie Anne, era salvato sotto Mostro. Quando nessuno rispose alla chiamata, lo stomaco gli fece una capriola.

Uscì dalla sala riunioni quasi correndo. Aveva le gambe così lunghe che bastavano poche falcate per riempire tutto il corridoio. Si affacciò alla stanza numero dodici. Jamaar era steso sul letto, immobile, come sempre. Mikko invece non c'era.

Un tonfo al cuore, lo sentì sprofondare giù insieme allo stomaco.

«Brea!» chiamò a gran voce. «Brea!»

L'infermiera lo raggiunse dal fondo del corridoio con un rapido scatto che le procurò qualche ansimo. «Capo... cioè, Signor Brown... mi dica tutto» farfugliò come sempre impacciata di fronte al proprio ursid. A volte l'ammirazione che provava per lui le faceva brutti scherzi.

«Qui - qui c'era... quella femmina. Dov'è andata?» chiese, indicando la stanza vuota.

«Parla della Signorina Wall?»

Lui si limitò ad annuire, continuandosi a guardare attorno come se potesse trovare lì la causa delle sue preoccupazioni. Non riusciva a dare un senso a quel turbine di apprensione che lo aveva travolto. Non era nemmeno la prima volta che Mikko lasciava la clinica da sola e tornava a casa senza dirgli nulla, eppure in quella occasione non si sentiva per niente tranquillo.

«È andata via, circa mezz'ora fa.»

Amarok non aggiunse altro, nemmeno un grazie. Uscì dalla stanza senza congedare l'infermiera e si fiondò ad afferrare la giacca che aveva lasciato in sala riunioni. Aveva questo strano presentimento che continuava a tormentarlo e proprio non riusciva a darsi pace.

Doveva tornare a casa. Subito.

Quando salì sul furgoncino riprovò a chiamare Marie Anne. Niente. Nonostante il cellulare squillasse a vuoto, non ebbe nessuna risposta. Eppure sua sorella sapeva perfettamente di dover tenere il telefonino accanto qual ora ci fosse stata qualche necessità o, semplicemente, per un controllo veloce da bravo fratello maggiore. Era una delle nuove regole che le aveva imposto, soprattutto dopo il rapimento dei cacciatori, soprattutto dopo il misero fallimento nel proteggerla.

Colpì con un pugno il volante e accese il veicolo partendo a tutta velocità. Non gli capitava spesso di trovarsi in quel particolare stato. Solitamente non era uno che si lasciava allarmare da semplici percezioni, eppure negli anni aveva capito che la cosa migliore era assecondare il proprio sesto senso. Anche perché spesso si rivelava fondato.

Guidò come se avesse il diavolo alle calcagna e parcheggiò davanti a casa alla bell'e meglio, senza badare a come lasciava il furgoncino, senza nemmeno chiuderlo come invece sarebbe stato giusto fare.

ARTIGLI - BACIO SELVAGGIODove le storie prendono vita. Scoprilo ora