CAPITOLO 42

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Quella notte il vento si insinuava negli alberi producendo un lento, prolungato e poco rassicurante fischio. Sembrava gridasse qualcosa, come un avvertimento. La stessa luna, in alto nel cielo, dava l'idea di osservare tutti con distacco, con altezzosa superiorità; curiosa di ciò a cui presto avrebbe assistito.

Mikko aveva stranamente freddo. Un freddo che le si era annidato nello stomaco e che a ogni passo nel bosco sembrava attanagliarle le viscere.

Era paura. Paura di ciò che presto sarebbe successo.

Continuava ad avanzare tra le fratte battendo i denti e con la mano libera si stringeva il corpo esile e provato, l'altra la teneva saldamente intrecciata in quella di Amarok che da quando erano giunti lì sul posto era diventata calda come una stufa.

L'Ursid era silenzioso, la mandibola contratta e lo sguardo fisso verso la radura. L'uomo aveva un'infinità di pensieri a popolargli la mente mentre si dirigevano al centro del pianale dove sarebbe partito il rituale.

Dopo ciò che aveva scoperto grazie al Grande Libro degli Anziani, le sue notti erano diventate un tormento. Mai una volta che riuscisse a chiudere occhio per più di un'ora, mai che quell'ora non fosse popolata da mostruosi incubi. Non solo era preoccupato per il mutamento di Mikko ma ora, perfino per quello di Arteca che si prospettava qualcosa di altamente pericoloso.

Un gigantesco punto interrogativo che avrebbe lasciato dietro di sé una scia di sangue e morte.

Lo sguardo si posò sulla schiena di Mikko, leggermente più avanti di lui. Le spalle irrigidite e il passo incerto sottolineavano il tuo attuale stato d'animo, il respiro veloce scandiva il ritmo pulsante e frenetico del suo cuore. Era pallida e fredda come un cadavere. I suoi occhi erano persi chissà dove e lui non poté fare a meno di chiedersi se la giovane fosse abbastanza forte da superare il passaggio. L'idea che potesse succederle qualcosa gli fece torcere lo stomaco e un macigno andò a posarsi sul cuore.

Probabilmente a voce alta non lo avrebbe mai ammesso ma anche lui aveva paura; paura di perderla. Quella ragazza era entrata nella sua vita come un tornado e gli aveva scombinato tutti i piani, eppure ora non sarebbe riuscito a immaginare la propria esistenza senza la sua presenza. Non voleva immaginarla.

Le loro dita si intrecciarono e si strinsero con più forza, tremavano le mani a entrambi ma dovevano continuare. Quella notte, l'appuntamento che avevano non era procrastinabile.

Con un sospiro teso, Mikko scavalcò un arbusto. Le gambe deboli traballarono precarie e in pochi istanti la giovane scivolò nella neve. Le ginocchia colpirono una pietra e a lei sfuggì un'imprecazione. Amarok l'aiutò a sollevarsi mentre lei si risistemava gli abiti con una maniacale precisione. In realtà non le fregava nulla dei vestiti, era tutta tensione.

«Stai bene?»

Mikko accennò un sorriso tirato. «Circa.»

Amarok le frizionò le braccia con apprensione e in automatico le posò la fronte sulla sua. Il gesto fu così istintivo e naturale che se ne sorprese. Non aveva mai fatto caso a quanto interagisse con Mikko così intimamente, come se tra loro esistesse un rapporto speciale. E forse era così.

Il vento smosse i capelli di entrambi, intrufolandosi nei cappucci e sussurrandogli all'orecchio un sibilo che portava con sé le verità del bosco. Quel luogo era custode d'innumerevoli segreti, la Natura era un'ottima depositaria. Entrambi rabbrividirono e lui serrò la presa sulle sue braccia, come a farle da scudo.

Un fruscio sibilò tra i rami, Mikko si guardò attorno con curiosità. Per un attimo le sembrò di sentire il proprio nome sussurrato dal vento, poi si concentrò a guardare nel buio alla ricerca di qualcosa, o qualcuno. Chissà dov'era il suo Arteca. Chissà se era mutato o meno.

ARTIGLI - BACIO SELVAGGIODove le storie prendono vita. Scoprilo ora