CAPITOLO 9

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Si era svegliata mentre le stavano togliendo le bende. All'infermiera era preso un colpo quando la ragazza aveva aperto gli occhi fissandola con l'espressione più confusa sulla faccia della terra. Era stata molto cortese a rassicurarla ma subito dopo era scappata via come se avesse il diavolo alle calcagna, lasciandola lì sola. Da un certo verso Mikko aveva trovato divertente quella reazione, benché nel suo sguardo avesse letto un timore esagerato.

La giovane umana si passò una mano sul volto, i tubicini delle varie flebo tirarono ricordandole che era in ospedale e Dio solo sapeva cos'era successo. Improvvisamente qualche flash back le tornò alla mente, insieme a un brivido che la scosse da cima a fondo.

Quella notte nel bosco doveva essere successo veramente un casino, la sua testa continuava a rimandarle immagini brevi e sfocate di eventi che si erano susseguiti nel corso di quella serata. Storse il naso cercando di calmare quel turbinio di sensazioni. Il breve sorriso che era riuscita a strapparle l'infermiera svanì con quel riaffiorare di ricordi.

Cercò di girarsi su un fianco ma il movimento le costò un gemito; la voce sembrò raschiarle la gola come se per uscire dovesse farsi strada a forza. Socchiuse gli occhi inspirando a fondo, per calmarsi. Un forte odore di bacon abbrustolito le arrivò dritto alle narici. Qualcuno stava cucinando. Il suo stomaco brontolò dalla fame. Restò immobile per qualche attimo assaporando quell'invitante fragranza, sembrava quasi che gliela stessero sventolando sotto il naso dall'intensità con cui le arrivava; poi riaprì gli occhi e solo in quel momento lo sguardo le cadde sul comodino. Qualcuno ci aveva appoggiato i suoi vestiti e Mr. Muffin, il suo peluche. Senza rendersene conto sorrise di nuovo, doveva essere stato Jamaar a metterglielo lì, sapeva quanto contasse per lei quel pupazzetto ormai consunto. Prima di tentare di mettersi seduta allungò la mano, stringendolo tra le dita. Fu una sensazione confortante, di casa, sebbene fosse consapevole che era ben lontana dal suo amato Minnesota.

Quando si voltò un giramento la costrinse a sollevare gli occhi al soffitto e aspettare qualche minuto prima che l'intera stanza smettesse di girare. Il suo risveglio le aveva portato in regalo un dannato cerchio alla testa e una strana nausea. I rumori sembravano rimbombarle nel cervello, le luci le bruciavano gli occhi e gli odori le rimbalzavano addosso così concentrati da disgustarla.

Doveva alzarsi. Non sapeva dov'era ma voleva trovare Jamaar e capire cos'era successo la notte prima. Era passata solo una notte, vero? Oddio, non lo sapeva. Le sembrava tutto così confuso.

Scostò le lenzuola dal proprio corpo e si fissò i piedi nudi. Indossava un camice ospedaliero ma da quello che poteva vedere, non sembrava aver alcuna ferita. Tutto questo era veramente strano, una delle ultime cose che ricordava era un dolore lancinante alla spalla.

Con mano tremante afferrò un lembo del camice e lentamente lo abbassò scoprendosi fino alla clavicola. Trattenne il respiro quando vide l'ammasso informe della cicatrice che le deturpava la pelle, la sfiorò delicatamente, passando i polpastrelli sul tessuto cicatriziale in rilievo e ormai già bianco, come se si trattasse di una ferita vecchia di anni. Non le procurava alcun dolore.

No, non è possibile. Pensò.

Una cicatrice così grossa non poteva essere guarita in così poco tempo. Da quanto era in quel posto? Mesi? Anni? Le venne il panico. Si portò le mani al petto quasi nel tentativo di placare il frenetico battere del cuore e solo in quel momento si accorse del fratello, steso nel lettino accanto al suo.

«Jamaar. Oddio, Jamaar» bisbigliò in preda ad una crisi di panico. Il respiro le usciva a scatti, così veloce che non vi era più distanza tra uno e l'altro, come se si rincorressero tra loro.

Con lo sguardo sondò la stanza, c'erano solo loro lì. Non c'era nessun altro paziente. E gli altri ragazzi? Che fossero in altre stanze? Doveva alzarsi.

ARTIGLI - BACIO SELVAGGIODove le storie prendono vita. Scoprilo ora