CAPITOLO 21

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La sigaretta si consumò tra le sue dita mentre fissava con la coda dell'occhio la femmina sovrannaturale assopita nel grande letto della stanza rossa. Si era appena addormentata dopo un'estenuante e appagante rapporto sessuale che aveva sfinito entrambi. I capelli corvini si erano aperti a ventaglio sul cuscino e lo sguardo assopito le conferiva un'aria compiaciuta e distesa. Il corpo nudo si contorceva sotto le lenzuola, aggrovigliando le gambe in un intreccio di stoffa e arti nudi. Quando si girò prona, la schiena scoperta brillò sotto la luce artificiale dei neon. Lunghe cicatrici ne deturpavano la bellezza impeccabile, le stesse che gli aveva procurato lui negli anni a venire, quando ancora non si era sottomessa al suo volere.

C'era voluto tempo, ma anche quella femmina sovrannaturale era stata piegata al suo dominio, assoggettata a ogni suo più piccolo capriccio. Ogni volta che scavalcava questo traguardo con una sua creatura si sentiva potente, dominante, indistruttibile. Non era facile riuscire a fare entrare in quel meccanismo di sottomissione le sue prigioniere. Ci voleva tempo, pazienza e una ricca dose di violenza, che a lui certo non mancava.

Matthias Blake prese l'ennesima boccata di fumo, sputandola fuori mentre osservava il soffitto. Non era un tipo che cadeva facilmente nei vizi, solitamente non fumava. Lo faceva solo dopo del buon sesso e solo dopo aver scaricato a dovere la sua vena di sadismo. Il gioco che si tramandava nella sua famiglia, era tanto eccitante quanto severo, forse era l'unica cosa che riusciva a creargli assuefazione. Non riusciva a farne a meno, non riusciva a tenere a bada il prudere delle proprie mani.

La violenza era l'unico suono che riusciva a dare voce ai propri pensieri e desideri. Era stato istruito così, cresciuto a schiaffoni alternati a carezze consolatorie. Non conosceva l'amore, in nessuna sua forma. L'unica che pensava gli si avvicinasse, era quella becera violenza che riversava con frustrazione sulle sue giovani prede sovrannaturali.

Non lo faceva nemmeno apposta, gli veniva naturale, come respirare. Quello era l'unico modo che gli avevano insegnato per dimostrare l'amore.

I Blake erano da sempre stati così, erano dei dominatori, dei potenti, dei vincenti. Sin da piccolo gli era stata insegnata l'inflessibilità, la fermezza, la determinazione. Nessuna pietà, nessuna indulgenza; né verso la sua collezione speciale di creature sovrannaturali, né verso gli uomini alle sue dipendenze.

E questo loro gioco perverso, era solo uno dei tanti modi per esternare la loro sete di comando.

Pizzicando la sigaretta con un piccolo movimento delle dita, lasciò cadere la cenere in terra e ne seguì la traiettoria quasi ipnotizzato. La sua mente era altrove, era ancora ferma a mesi prima, quando alcuni affari erano andati male e in mano gli era rimasto un pugno di mosche.

Non aveva perso del denaro, questo no, però continuava ancora a pensare alle occasioni che aveva sprecato, che gli erano sfumate tra le dita. Per un Blake lasciarsi sfuggire una simile opportunità era uno smacco troppo grosso da sopportare. Ne andava della loro reputazione.

Essere il rampollo di una delle più temute famiglie di Collezionisti, lo costringeva a stare sempre sull'attenti, sulla difensiva, sul pezzo. Da lui ci si aspettava sempre qualcosa al di là delle capacità di tutti. Perché in fondo, non erano di certo i soli umani ad aver la strana tendenza a collezionare creature sovrannaturali e si sa che in ambienti del genere, la concorrenza diventava quasi spietata. Un passo falso e tutto il bel teatrino montato sarebbe crollato.

L'unica consolazione di quella spiacevole vicenda, era che perfino al padre fosse andata male; forse peggio, visto che la malattia sembrava scandire inesorabili rintocchi. Più passava il tempo, più l'ombra della morte calava implacabile su di lui, ritmando con insistenza quell'ultima camminata verso l'inevitabile disfatta di ogni essere umano.

ARTIGLI - BACIO SELVAGGIODove le storie prendono vita. Scoprilo ora