«Sarò onesto, Brown... non sarò clemente con tuo padre.» Arthur si portò il bicchiere con lo scotch alla bocca e ne bevve un'abbondante sorso. «Non amo chi mi scavalca in questo modo. Prima di andare a piagnucolare al Consiglio, doveva venire da me, se proprio aveva qualche problema.»
Amarok sorrise lasciando roteare il liquido all'interno del bicchiere. Era stata una chiacchierata illuminante. Se King avesse punito il padre, non sarebbe stato certo lui a fermarlo. Anzi, con ogni probabilità gli avrebbe perfino chiesto un posto in prima fila. «Credi di farmi un dispetto? Puoi anche ammazzarlo quel figlio di puttana. Mi faresti solo un favore.» Sollevò lo sguardo osservando il leone mannaro e i due restarono a guardarsi per un attimo senza aggiungere nient'altro.
King si sentì improvvisamente fortunato, per quanto la sua infanzia non fosse stata delle migliori e le regole all'interno della sua famiglia avessero monopolizzato ogni sua azione, lui non provava affatto astio verso il padre ma una sorta di ammirazione e invidia. Voleva eguagliarlo, rendersi degno di lui. Era sempre stato il suo punto debole e la sua maggiore preoccupazione: essere un King degno di tale nomea.
Amarok posò il bicchiere nel tavolino davanti a loro e si umettò le labbra per dir qualcosa quando un'energia densa e antica lo appesantì improvvisamente. Cercò di respirare ma l'aria gli scese in gola come lo scotch che si era appena scolato: freddo e bruciante, caldo e graffiante.
I due mannari sgranarono gli occhi in simultanea, ammutolendosi. La corposità di quel potere gli fece accapponare la pelle a entrambi, che si aggrapparono ai poggioli delle poltrone deglutendo con fatica.
L'aria sembrò incresparsi, un fischio nelle orecchie si fece strada importunando le loro menti.
Arthur si lasciò sfuggire un ruggito, scuotendo la testa. L'altro invece serrò la mandibola e i muscoli delle spalle si irrigidirono.
Una delle tante porte di servizio si aprì lasciando uscire il maggiordomo imperlato di sudore. «Signor King, stanno - stanno arrivando.»
«Li sento» rispose in un grugnito l'altro, alzandosi di scatto dalla poltrona e stringendo a pugno le mani.
Il potere si dilatò come se prendesse respiro, per poi tornare a essere più pesante di prima. Portatore di un'antichità che King non aveva mai sentito né conosciuto prima d'ora. Qualcuno o qualcosa si stava avvicinando alla villa e dall'energia che sprizzava non si poteva certo definire un novellino.
Amarok si alzò a sua volta dalla poltrona e gettò lo sguardo verso il portone principale, solo in quel momento si udì un rombo di motori. «Direi che la festa sta per cominciare.»
Si affiancarono un attimo prima di uscire. Era inutile aspettarli dentro, meglio fare i bravi padroni di casa ed evitare che la tappezzeria ne risentisse. Villa King era una gigantesca bomboniera bianca e il sangue non era l'arredo migliore da aggiungergli.
«David, voglio che le ragazze restino dentro» ordinò Arthur con lo sguardo serio e le mani già sui pomelli del portone. «Intesi?»
Il maggiordomo si limitò ad annuire e con un fazzoletto si terse la fronte. Per quanto tentasse di restare impassibile quell'energia gli faceva scricchiolare le ossa da tant'era antica. Là fuori ci doveva essere qualcuno di estremamente potente per rilasciare tutto quel potere.
Arthur non aggiunse altro, tirò verso di sé i pomelli e lo scatto delle ante fece cigolare per un attimo la porta mentre si apriva. Lui e Amarok uscirono fianco a fianco, senza fiatare.
Il rombo dei motori aumentò di potenza, sempre più vicini. Loro riuscivano già a sentirlo; martellante nella testa, come se li avessero a pochi passi di distanza. Il loro udito sviluppato sembrava captare più del solito; ogni rumore, ogni brusio, ogni fremito, era amplificato.
STAI LEGGENDO
ARTIGLI - BACIO SELVAGGIO
Kurt AdamSECONDO LIBRO DELLA SAGA ARTIGLI Michigan. Stato di licantropi e mannari. Regolato da un giovane Magister a cui non mancano soldi, potere e influenza è lo scenario di una zona disseminata di branchi. Branchi di razze mannare differenti e contrastant...