CAPITOLO 41

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Le dita di Amarok si posarono delicatamente sulla schiena di Mikko, sostenendola mentre camminava lungo il corridoio della clinica Brown. La giovane avanzava piano, i movimenti quasi trascinati; nel volto le si poteva leggere una stanchezza crescente, la pelle pallida sembrava una tela bianca che faceva da contorno alle profonde occhiaie che le si erano allargate sotto gli occhi.

Fermò il passo e Amarok si fermò con lei. «Tutto bene?» le chiese in un bisbiglio, consapevole che ci fosse ben poco ad andare ancora bene.

Erano passati altri giorni, macinati uno dietro l'altro. Quell'ultimo periodo per Mikko era stato pieno di sofferenza, diviso tra la preoccupazione per il fratello e l'amico ritrovato e, le crisi che all'avvicinarsi della luna erano diventate sempre più frequenti e crudeli. Il corpo della giovane si era piegato sotto quelle sferzate di malesseri e pian piano era stata sopraffatta dalla rassegnazione. Il suo sguardo si era spento e il maggiore scopo di quelle ultime giornate era stato cercare di resistere come meglio poteva al dolore.

Sopportando una fitta che dal ventre si espandeva in tutto il corpo, Mikko strinse le labbra in una linea dura e annuì. «Sì, certo. Tutto bene. Proseguiamo.»

Amarok sapeva che non era così, lo sentiva direttamente sui polpastrelli che le sfioravano le fragili membra. La pelle calda, quasi bollente, trasmetteva quella temperatura ai tessuti che scottavano come se fossero rimasti un'intera giornata sotto il sole di agosto. Inoltre era dimagrita molto e nonostante lui tentasse in svariati modi di farla mangiare, lei rifiutava il cibo. E se mangiava, poco dopo correva a vomitarlo.

Anche Marie Anne aveva passato quel periodo prima della luna, anche la sorellina aveva combattuto con l'arrivo della bestia che annidata nelle profondità scalciava già per uscire. Sarebbe stata questione di ore e poi tutto sarebbe finito, in un modo o nell'altro.

Infatti, quello era l'ultimo giorno che li separava dalla luna piena. Ci sarebbe stata quella notte. Il gran momento era arrivato.

«Se vuoi ti prendo in braccio» le disse lui.

Mikko arrossì e si voltò a guardarlo con un sorriso imbarazzato. Si erano legati molto negli ultimi giorni, lui non l'aveva lasciata sola quasi mai, se non per uscire a fare qualche ronda con Duba e gli altri harimau alla ricerca di Arteca. Però il giovane sembrava essersi volatilizzato, i mannari non erano riusciti a scovarne tracce né fisiche né olfattive. Era come se fosse svanito nel nulla e questo preoccupava molto Mikko, perché la giovane era certa che con l'aiuto di Amarok, l'amico sarebbe rinsavito. «Non ci pensare nemmeno, Orso» rispose sghignazzando.

Lui parve sollevato da quella risposta scherzosa. Se aveva le forze per scherzare, voleva dire che stava meglio. C'erano stati giorni in cui aveva veramente temuto per la sua vita e più di una volta aveva pregato si salvasse, cosa che non era assolutamente da lui. Dopo la morte della madre erano state veramente poche le volte che si era affidato al divino. «Bé, l'altro giorno per fare il bagno ti sei lasciata prendere in braccio» la rimbeccò.

Per Mikko quella leggera frecciatina fu come una secchiata di acqua bollente in pieno viso. Divenne rossa e barcollò, tanto che Amarok dovette stringerle i fianchi con entrambe le mani. Ricordava perfettamente tutte le volte che si erano immersi insieme nella vasca, le volte in cui c'era acqua gelida per calare la sua febbre o come nel caso citato, le volte in cui Amarok si prendeva cura di lei lavandola quando non aveva le forze di farlo da sé. «Ero - ero - ero» cominciò a farfugliare mangiandosi intere parole.

«Eri molto carina» finì lui per lei. «Nonostante tutto... eri molto carina.» Le sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e sorrise brevemente, senza staccare lo sguardo.

ARTIGLI - BACIO SELVAGGIODove le storie prendono vita. Scoprilo ora