Amarok spostò il braccio da sotto la testa della sorella. La piccola teneva gli occhi stretti in un sonno tormentato, dopo aver pianto per un tempo indefinito, era crollata stringendo a sé il fratello, quasi temesse di perderlo.
Lui avrebbe tanto voluto restare lì con lei a coccolarla e rassicurarla, però non riusciva a smettere di pensare a Mikko. Dov'era? Cosa faceva? Come stava? Sentiva il bisogno di assicurarsi che stesse bene e non solo per il ruolo di Ursid che ricopriva. Quella giovane donna aveva in qualche modo aperto una breccia nella sua solida corazza, insinuandosi all'interno senza fatica, occupando un posto che forse non gli apparteneva. Strinse le lenzuola nel pugno e con la mano libera si ravviò i capelli: era così arrugginito con il gentil sesso che nemmeno riusciva a dare un nome a ciò che provava per quella semi umana. Eppure gli spasmi che assillavano il suo cuore non riuscivano a dargli tregua per pensare con razionalità.
Sospirando nervosamente, si voltò verso la sorella ancora addormentata e con delicatezza la scosse. «Ehi, Mostro... per caso Mikko ti ha detto qualcosa su dove andava?» le chiese, chinandosi su di lei e sussurrandole all'orecchio.
La ragazzina aprì debolmente un occhio e scosse il capo. «Te l'ho detto, nemmeno mi parlava. Figurati se mi ha detto dove stava andando.»
Giusto.
In fondo, non poteva essere andata troppo lontano. Non aveva né le forze né i mezzi. Vero? Era una speranza che si affievoliva man mano che il tempo passava, ecco perché non poteva più aspettare. Non sapeva da dove cominciare ma da qualche parte sarebbe dovuto partire.
Marie Anne richiuse gli occhi e si accoccolò meglio contro il fratello cercando di riprendere sonno, peccato che Amarok fosse preda di un'angoscia crescente. Si mosse sul letto con sofferenza, sollevandosi a sedere con uno sbuffo. L'unico occhio si fissò in un punto avanti a sé, perso nelle sue preoccupazioni. Se fosse successo qualcosa a Mikko non se lo sarebbe riuscito a perdonare; ogni volta che pensava a quella situazione, in mente gli apparivano raccapriccianti scene che lo mandavano nel più completo panico. Era così preoccupato per lei che questa paura lo paralizzava impotente di fronte a una qualsiasi e plausibile soluzione.
Non era da lui. Solitamente non si faceva dominare dalle emozioni e, perdere a quel modo la testa, gli capitava solo quando era in pericolo la sorella.
Il cellulare prese a squillare un attimo dopo, facendolo sobbalzare. Lo afferrò con una certa fretta, sperando fosse Mikko ma rimase sorpreso quando sul display lesse il nome di Jordan Preston, l'Ursid del Minnesota.
Ebbe una fitta al petto e una giravolta nello stomaco. Di nuovo tornò a farsi sentire quel presentimento angosciante. Rispose alla chiamata trattenendo il respiro. «Ehilà, Preston!»
Al di là della cornetta si sentì un grugnito che assomigliava tanto a un saluto biascicato a denti stretti. Non era certo felice di chiamarlo. «Scusa se ti disturbo, Brown.»
Il mannaro fissò la sorella che si era di nuovo addormentata e le elargì una rapida carezza sul capo. «Tranquillo, non mi disturbi. Tutto a posto? È tanto che non ci sentiamo.» Per la precisione, da quando Marie Anne era stata rapita. Amarok lo aveva chiamato in caso i cacciatori si spostassero sul suo territorio, una sorta di etichetta di buon vicinato tra branchi. Anche se non si poteva certo dire che tra i due corresse buon sangue. Infatti, il fatto che l'Ursid del Minnesota lo stesse chiamando, non era un buon segno. Proprio per niente.
Preston si grattò la testa prima di parlare. Non era un tipo di molte parole ma quella chiamata era necessaria se non doverosa. «Senti, credo si siano insediati dei cacciatori sul nostro territorio... e credo siano come quelli che avete avuto voi nei mesi scorsi.»
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ARTIGLI - BACIO SELVAGGIO
WerewolfSECONDO LIBRO DELLA SAGA ARTIGLI Michigan. Stato di licantropi e mannari. Regolato da un giovane Magister a cui non mancano soldi, potere e influenza è lo scenario di una zona disseminata di branchi. Branchi di razze mannare differenti e contrastant...