CAPITOLO 45

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Bacon. Bacon appena cotto e fumante. Il profumo si disperdeva nell'aria solleticando l'olfatto e le papille gustative del ragazzo disteso nel letto.

Si era svegliato da qualche minuto ma ancora non si era alzato. In realtà fissava il soffitto della stanza con un'espressione confusa. Quando sbadigliò si rese conto di non essere stanco, solo affaticato, come dopo un'ora di palestra.

Si passò le mani tra le ciocche ribelli e poi sulla faccia. La totale assenza di barba e il taglio corto dei capelli gli fece storcere il naso in un'espressione disgustata. Si rizzò a sedere con uno scatto, tastandosi il volto e trasalendo nel sentire tutti e due gli occhi al loro posto. Scalciando le coperte scivolò fuori dal letto, correndo verso l'armadio. Lo aprì di colpo e restò a guardare lo specchio appeso al suo interno, che rifletteva l'immagine di un giovane sbarbato dall'aria acerba con i muscoli gonfi di palestra. «Ma che cazzo sta succedendo?» biascicò a denti stretti, afferrandosi il mento e torcendo la testa in varie pose per osservarsi meglio. «Io... i – io sono... sono tornato un fottuto ragazzino.» Il petto glabro quasi gli provocò un conato di vomito, per non parlare del ciuffo ridicolo che aveva sostituito i suoi amati e lunghi capelli.

Non capiva. Doveva trattarsi di un sogno, non poteva essere altrimenti.

«Cristo Santo... fa che sia un sogno o mi sparo. Giuro che mi sparo.» Non avrebbe ripercorso gli anni della sua adolescenza, proprio no. Il solo pensiero gli faceva salire le palpitazioni e si sentiva preda di vampate di calore alternate a brividi di freddo.

L'unica cosa che era rimasta intatta del suo vecchio sé, era quella macchia sul corpo, come uno squarcio. Tutt'ora gli trapassava la guancia, scivolando lungo il collo fino agli addominali e perdendosi nei pantaloni della tuta. Un tatuaggio sulla pelle, un marchio. Era l'ultimo scorcio della notte che aveva passato con Mikko.

Mikko. Chissà dov'era. Chissà se stava bene.

Avvicinandosi allo specchio si passò due dita sulla pelle liscia e nera; sembrava veramente un tatuaggio, come qualcosa che si fosse fatto di sua spontanea volontà. «Tu che sei una merda... sei rimasta» borbottò nervosamente, stropicciandosi gli occhi; fu costretto a sorreggersi all'anta dell'armadio per non barcollare.

Averli entrambi lo destabilizzava, non tanto per l'aspetto fisico, quanto più per il fatto che ci aveva impiegato molto tempo a imparare a vedere con un solo occhio, senza necessariamente aver bisogno dell'altro. Riaverli tutti e due gli toglieva parte dell'equilibrio che si era faticosamente conquistato con mesi e anni di allenamento.

Lo stomaco gli borbottò proprio in quel momento. Ci posò una mano sopra e si ricordò di quei tempi con rassegnazione, di quanto fosse schiavo della fame frenetica della sua giovane età e di come spesso si ritrovasse alle ore più improponibili con la testa ficcata nel frigo alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti. Qualsiasi cosa.

Inoltre, quel profumo di bacon continuava a solleticargli le narici, a stuzzicarlo. Sembrava che qualcuno gli sventolasse il piatto sotto il naso, oltretutto l'odore aveva una nota particolare, come se nella preparazione fosse stato aggiunto un ingrediente segreto.

Formaggio fuso. Quel dettaglio lo portò indietro di molti, troppi anni.

Si voltò verso il letto, la poltrona era sempre lì accanto. I panni erano ripiegati con cura, qualcosa che non era per nulla da lui. Era un tipo poco ordinato, buttava tutto alla rinfusa e il ferro da stiro a suo dire era un attrezzo del demonio che mai avrebbe impugnato.

Sollevò il viso e annusò l'aria. Oltre all'odore di cibo poteva sentire un delicato profumo di menta. Lo stomaco si torse con agitazione e un brivido lo pervase da cima a fondo.

ARTIGLI - BACIO SELVAGGIODove le storie prendono vita. Scoprilo ora