CAPITOLO 37

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Ethan si guardò dietro un'innumerevole quantità di volte prima di tirare un sospiro di sollievo. Aveva corso a perdifiato fin quanto le forze non lo avevano abbandonato ed era stato costretto a sedersi su un masso.

Si terse la fronte imperlata di sudore, la neve fresca scricchiolava sotto i suoi stivali.

Rimase immobile su quella roccia minuti interminabili prima di estrarre il cellulare per usare la fotocamera interna come specchio. Voleva verificare il danno che gli aveva procurato quel pazzo, quel mostro.

Le mani tremanti lo raggiunsero nella tasca, lo estrasse e spostò la camera sulla visuale interna. Si avvicinò l'oggetto al viso e sollevò il mento per ispezionarsi il collo. Aveva una fila di cinque mezzelune rosse che gli stagliavano sulla gola nella parte destra e una solitaria dal lato opposto.

Il sangue aveva smesso di zampillare, si era rappreso, perfino nei due buchi sotto il mento, sebbene fossero più profondi e gli dolessero maggiormente.

Mentre si specchiava nel telefonino qualcosa alle sue spalle si mosse con rapidità. Il fruscio delle foglie e lo scricchiolio della neve calpestata subito lo mise in allarme, si voltò di scatto sperando di cogliere qualche animale del bosco intento a fare i suoi comodi.

Quando però non trovò nulla, una sorta di inquietudine si fece strada nel suo animo e smaniando con la tastiera del cellulare tentò di digitare veloce un numero ed effettuare una chiamata. Da bravo stolto, o magari esperto criminale, non aveva rivelato a nessuno dov'era andato. L'idea base infatti, era quella di uccidere Mikko e abbandonarla in casa del suo nuovo amico, tornando in Minnesota senza destare sospetti.

Aveva fatto i calcoli bene, valutando pro e contro. Aveva perfino considerato la presenza di Amarok e la possibilità di dover uccidere anche lui. L'unica cosa che non aveva preso in considerazione era che quell'uomo fosse qualcosa che strideva enormemente con la natura umana. Chiunque fosse, quell'uomo non era umano, non totalmente.

Quando poco prima era stato vittima della sua ira, aveva compreso subito di essere finito in qualcosa di molto più grande di lui.

Con un moto di stizza diede alcuni colpetti allo schermo del cellulare. Non c'era campo. Ovvio, era in un bosco. Si stupì perfino d'averci sperato.

L'ennesimo fruscio attirò la sua attenzione, facendogli spostare lo sguardo di scatto verso un punto del fitto fogliame. C'erano alcuni arbusti che fremevano sotto gli insistenti soffi di vento, lasciando che le foglie frusciassero sommessamente, come un mormorio.

«Questo odore di merda mi sembra di conoscerlo... è così familiare... così familiare»

Quella voce sbucata dal nulla fece trasalire Ethan che si rizzò in piedi con uno movimento repentino e goffo. Questo suo gesto avventato lo fece barcollare fin quasi farlo cadere e solo quando riacquistò l'equilibrio poté cercare con lo sguardo la provenienza di quella voce.

Niente. Attorno a lui non c'era niente.

Bene, era ora di andarsene da quel dannato posto. S'infilò il cellulare in tasca e si rassettò la giacca con un certo nervosismo. Non sapeva da quale parte sarebbe andato, si era perso. Ciò di cui era certo era che non sarebbe tornato indietro sui suoi passi. Mikko era una questione chiusa, anzi, per lui poteva pure marcire in quel posto, con quel suo amico psicopatico e deforme.

«Debole. Sei debole, troppo debole. Troppo, troppo... troppo debole. Non basti. No, no, no... non basti.» Ancora quella voce. «Non è abbastanza, no. Debole, debole... troppo. Troppo.»

Ethan si girò con un balzo nel vano tentativo di cogliere qualcuno alle proprie spalle ma restò deluso e spaventato quando ancora una volta trovò vuoto davanti a sé. Allora si voltò verso la direzione che avrebbe preso e poco mancò che gridasse alla vista del giovane che sedeva sullo stesso masso su cui poco prima era seduto lui. «Chi diavolo sei?» gridò, furioso e con il cuore in gola.

ARTIGLI - BACIO SELVAGGIODove le storie prendono vita. Scoprilo ora