Avevo dieci anni quando mio padre se ne andò, senza un apparente motivo, dalla nostra vita. Mia madre cercava di non darlo a vedere, perché era stata lei che l’aveva cacciato, ma sapevo che ci stava male. Lo sapevo semplicemente perché era impossibile che avesse dimenticato dieci anni di matrimonio da un momento all’altro. Ma non dava a vedere neanche quello.
‘’Staremo benissimo’’ mi aveva detto quando papà era andato via. Io non ci credevo. Non ci avevo mai creduto e non ci credevo neanche allora. Mia madre mi aveva sempre amata, non mi aveva mai fatto mancare nulla. Ma un padre - per esempio- mi mancava. Ed ogni volta che le chiedevo perché l’avesse lasciato, perché l’avesse sbattuto fuori di casa, lei rispondeva che ero troppo piccola per sapere quelle cose. Così iniziai ad odiarla, a vederla come la cattiva della storia che era la mia vita, semplicemente perché mi aveva allontanata dal mio papà. Lui, dal canto suo, mi chiamava sempre nel fine settimana. Mia mamma sbuffava ogni volta e mi convinceva ad attaccare presto la cornetta, per non parlargli a lungo. Non avevo mai capito il motivo del suo comportamento, e lei non me lo aveva mai spiegato. In quei momenti la odiavo ancora di più. Avevo sempre visto mio padre come il pilastro della famiglia, anche se era chissà dove in America, e non avevo smesso di farlo neanche allora. L’avevo sempre considerato un eroe, un modello da seguire, l’esempio che- nonostante tutto- si poteva continuare a stare con le persone che si amavano, anche se qualcuno lo impediva. Avevo sempre considerato mia mamma la strega cattiva, la donna che, per un motivo a me sconosciuto, aveva costretto mio padre ad allontanarsi da me. Allora non sapevo quanto fosse profondamente sbagliata quell’idea. Fino ai miei diciotto anni mi era stata nascosta la vera ragione per cui Lara McCole, mia madre, avesse cacciato Peter Pearson, mio padre, fuori dalla sua casa e dalla sua vita. Avevo sempre creduto, o meglio mi ero sempre auto convinta, che l’avesse fatto perché mio padre aveva un’amante. Non gliene facevo una colpa, però. Mia madre era insopportabile e non erano mai andati esattamente d’accordo. A volte l’amore non basta. All’inizio avrei dato un braccio pur di sapere la verità, ma quando mia madre me la servì su di un piatto d’argento, rimpiansi i giorni in cui ero stata all’oscuro di tutto.
Perché quando passi diciotto anni della tua vita a considerare una persona quanto di più vicino ci sia ad un eroe, ti è difficile accettare che- in realtà- non lo sia.
Perché quando passi diciotto anni della tua vita a considerare una persona il buono della storia della tua vita, ti è impossibile anche solo renderti conto che quella persona, in verità, sia il cattivo.
Avrei imparato, successivamente, a mie spese a conoscere mio padre. O meglio, l’uomo che credevo fosse mio padre.
Sin da quando avevo cinque anni, ero stata la sua copia sputata: stessi capelli castani, stessi occhi azzurro cielo, stessa altezza. ‘’L’altezza è mezza bellezza’’ mi diceva quando, a sei anni, gli raccontavo che i miei amici mi prendevano in giro perché ero troppo alta.
Volevo tanto bene al mio papà. O almeno, alla persona che credevo che fosse.
‘’Sei tu Diana Pearson?’’ mi domandò, incenerendomi con le sue iridi scure e profonde. Era come se gli occhi di quel ragazzo fossero impenetrabili, circondati da una muraglia robusta e possente. Forse fu in quel momento che realizzai che qualcosa sarebbe andato terribilmente storto, che sarebbe successo qualcosa di irrimediabilmente sbagliato. Con quel giubbotto di pelle nera, i jeans a cavallo basso, la pelle olivastra e il ciuffo nero perfettamente dritto, sembrava un criminale. Chissà, per quello che ne sapevo, poteva anche esserlo. Ma c’era qualcosa in quel ragazzo, qualcosa che non riuscivo a capire, che mi gridava di avvicinarmi.
‘’S-si…tu chi sei?’’ balbettai, imbarazzata.
‘’Zayn’’ rispose. Solo un nome. Non un cognome, non un’affermazione, non una parola di presentazione. Solo Zayn. Avrei dovuto capirlo allora che mi avrebbe incenerita, anche solo con la sua presenza.
‘’E chi saresti?’’ indagai, con un impeto improvviso di audacia. Non ero la tipica ragazza timida e riservata, ma non degnavo gli sconosciuti neanche di una parola. Lui sogghignò. Qualcosa, in quel sogghigno, mi ricordò tremendamente una persona, solo che non riuscivo a capire chi.
‘’Tuo fratello’’.
Ma forse dovrei iniziare a raccontare dall'inizio, giusto?
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Mors omnia solvit
FanfictionMi guardò con quel suo sguardo vispo e tremendamente tenebroso, poi si fece improvvisamente serio. Questa fanfiction non è scritta da me bensì da una mia amica che l'ha pubblicata su efp. Le ho chiesto il permesso, quindi eccoci qui! Per chi voless...