Notti silenziose e sospiri volanti.
I giorni nel Bronx erano scanditi dal rumore pesante dei passi di Carl sul pavimento, dai respiri trattenuti di mio padre e dalla ruga persistente sulla fronte di Ted- che di norma sorrideva venti ore su ventiquattro.
E Zayn era venuto altre due notti in camera mia dal giorno del suo compleanno, ma mi sembrava strano anche lui.
Stava succedendo qualcosa, ed era palese che volessero tenermelo nascosto manco fossi una neonata. Io continuavo a fare boxe, arti marziali e chi più ne ha più ne metta, ma a quanto pare non bastava. E proprio allora che stavo cominciando a sentirmi un pochino meglio, sentivo anche che stava per cadere rovinosamente a terra il debole castello di carte da poker che ero riuscita a costruire. E che era la mia vita.
E così presi una decisione: avrei dimostrato a tutta la Dark Roses che ero capace di badare a me stessa, che avrei anche potuto aiutarli se avessi voluto, e soprattutto che non ero una ragazzina inconcludente. Andai da mio padre quello stesso giorno, decisa a mettere la parola ‘’fine’’ a quella storia una volta per tutte.
‘’Diana’’ disse, alzandosi dalla sua scrivania e venendo verso di me, non appena varcai la soglia del suo studio. ‘’E’ successo qualcosa?’’
‘’Volevo chiederlo io a te, sinceramente’’ ammisi, chiudendomi la porta alle spalle. Non parlavo da sola con mio padre da una vita, forse addirittura da quando ero stata ricoverata in ospedale, e mi sentivo tremendamente in imbarazzo. Non tanto per lui in persona, quanto per la situazione che eravamo costretti a vivere. ‘’Eravamo’’ perché, almeno dal suo racconto, traspariva che non voleva di certo darsi alla malavita, ma ne era stato a dir poco costretto.
‘’Non è successo niente, Diana’’ enfatizzò il mio nome. ‘’Perché me lo chiedi?’’
‘’Perché non sono stupida, e lo capisco quando c’è qualcosa che non va’’ dissi con quanta più calma potessi usare, per cercare di non litigare ulteriormente con lui. Come se il nostro, fosse un bel rapporto.
Lui sospirò e tornò a sedersi.
‘’Diana…’’
‘’Smettila di ripetere il mio nome’’ esclamai, ai limiti della sopportazione. Quando mi resi conto del tono acido che avevo usato, cercai di rimediare. ‘’Per favore’’
‘’Carl ha scoperto una cosa’’ sussurrò, quasi avesse paura di parlare apertamente ‘’e me ne ha parlato’’.
Ed aveva gli occhi bassi, così tanto che non riuscii neanche a leggerli. Sapeva tutto, e non gli avrei permesso di finire la frase perché mi vergognavo anche a sentirglielo dire. Si era perso tutte le mie cotte, tutti i miei fidanzati ufficiali, ed ora ne conosceva uno. Solo che era mio fratello. Ed improvvisamente i suoi sospiri, i passi pesanti di Carl quasi a farsi sentire per paura di disturbare, e le mezze smorfie di Ted avevano tutte un senso.
Carl aveva parlato.
Sapevano tutto. Tutti.
‘’Aspetta’’ lo interruppi, alzando una mano con fare quasi disperato. ‘’Io…non voglio sentire altro. Te lo chiedo per favore’’ lo supplicai. Non avrei retto i suoi richiami, la sua voce tagliente, la sua delusione. Non avrei retto niente di niente. E quando mi guardò negli occhi, che erano di un colore analogo al suo, vi lessi dentro così tanta preoccupazione che mi sentii sprofondare in un baratro che non avevo ancora conosciuto.
La verità era che, anche se lo rispondevo male la maggior parte delle volte e anche se avevo un enorme risentimento nei suoi confronti, Peter era pur sempre mio padre. E nonostante tutto, nonostante il dubbio che mi ponevo di chi fosse stato a scegliere quella vita, se lui o suo padre, e nonostante avesse lasciato me e mia madre da sole, lo sarebbe stato sempre. Ed un padre non si dimentica, neanche dopo quasi sedici anni di assenza. E soprattutto, la delusione di un padre è un marchio che nessun arco di tempo potrà mai affievolire, o portare via.
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Mors omnia solvit
FanfictionMi guardò con quel suo sguardo vispo e tremendamente tenebroso, poi si fece improvvisamente serio. Questa fanfiction non è scritta da me bensì da una mia amica che l'ha pubblicata su efp. Le ho chiesto il permesso, quindi eccoci qui! Per chi voless...