Capitolo 51

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''Pronto?''

La voce di mia mamma mi arrivò quasi ovattata dall'altro capo del telefono, e rabbrividii instantaneamente. Quando papà mi aveva detto che era tutto finito, dopo essere scoppiato a piangere per la prima volta in vita sua e dopo aver scoperto l'allucinante verità, aveva solo sussurrato ''chiama tua madre''.

Mamma non poteva sapere niente, aveva sofferto quanto me in quei mesi e ne ero sicura, ma per motivi differenti. Le ero scivolata dalle mani, e mi sentivo particolarmente in colpa. Peter aveva seriamente rischiato l'infarto quando Carl, l'unico dei tre capace di parlare, gli aveva raccontato tutta la verità.

Non voleva crederci.

''Non è possibile'' continuava a ripetere, piangendo e spostando lo sguardo su me e Carl a turno. Zayn era in camera sua, Peter aveva chiamato un suo amico medico di fiducia, e io e il rosso stavamo cercando di sopportare i suoi occhi azzurri e spenti. ''Siete mie figli, voi due'' aveva balbettato per un tempo infinito. Non l'avevo mai visto così. Ci aveva cacciati dal suo studio, e noi ce n'eravamo andati senza dire una parola. Due minuti dopo ci era corso incontro e ci aveva abbracciati entrambi, tremante e muto. Mi aveva fatto tenerezza.

''Mamma'' sussurrai, quasi avessi paura di parlare.

Sentii piangere anche lei, dall'altro capo del telefono, e non ero sicura di essere capace di reggere le lacrime di entrambi i miei genitori. Tremai ancora una volta quel giorno, e mi accucciai alla parete dietro alla spalliera del mio letto. Era straziante, quasi come lo era stato il funerale di Aisha quella mattina.

''Mi dispiace'' dissi solo. E stavolta non attaccai, come avevo fatto spesso negli ultimi mesi solo per sentire la sua voce. Questa volta ero lì, sarei rimasta lì, per tutto il tempo necessario. Per tutto il tempo che le serviva, e mi serviva.

''Dove sei?'' singhiozzò. ''Stai bene?''

Stavo bene?

''Si'' singhiozzai a mia volta, scostandomi un riccio particolarmente fastidioso dal volto. ''Sono con papà e sto bene''

Sembrò tranquillizzarsi, ma ero sicura che stesse peggio di prima. Lei aveva sempre cercato di allontanarmi da quella vita in cui mi ero deliberatamente immersa, e potevo immaginare come si sentisse in colpa per non essere riuscita a tenermi con lei. Lana era una donna che si assumeva sempre le responsabilità e le colpe di tutto, e allora quel suo modo di fare mi fece male.

''Mi sei mancata tanto'' sussurrò, dall'altro capo del telefono.

''Mi sei mancata tanto anche tu''

''Diana, torna a casa ti prego''

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''Me ne vado'' dissi, e potei tranquillamente notare i muscoli delle sue spalle contrarsi fino all'inverosimile. Si voltò con un volto ancora un pò sconvolto, e mi guardò come se avessi appena detto un segreto di Stato che neanche immaginava.

''Come?'' chiese Peter, sgranando i suoi occhi tanto simili ai miei. E a quelli di Carl.

''Torno a Leeds'' dissi, cercando di essere tranquilla e posata. ''Ho sentito mamma, siamo state a telefono per un pò. E ho deciso che è la cosa migliore per me''

Conoscevo mio padre, e sapevo che stava cercando di trattenere il dispiacere e travestirlo con la calma.

''Tornerai a vivere con lei?'' domandò.

Scossi la testa. ''No'' risposi. ''Starò nell'appartamento di Carl a Leeds, che aveva comprato per far scappare me e Christine. E' più vicino all'università, così ci andrò a piedi''

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